(foto Ansa)

verso il cdm

Meloni money. La manovra arriva a 18 miliardi, il nodo resta l'aiuto delle banche. Duello Tajani-Giorgetti

Carmelo Caruso

Con gli istituti di credito si tratta ancora per arrivare a un contributo di 4,5 miliardi. Il ministro degli Esteri al collega del Mef: "Devi ascoltare di più"

Il governo Meloni sbanca. La manovra sale a 18 miliardi, si chiede contributo a banche e assicurazioni. Si tratta ancora con gli istituti di credito per arrivare a un “aiuto” di 4.5 miliardi. Il Cdm che deve licenziare la legge finanziaria è fissato per venerdì mattina. Si soffre, si litiga. Antonio Tajani duella con Giancarlo Giorgetti, FdI difende la linea Giorgetti, “Tajani prima o poi deve cedere”, ma Tajani fa il liberale: “Io non voglio spaventare i mercati. Penso al bene del governo”. Lo punta la Lega: “Tajani lotta per Mediolanum”. Raffaele Nevi, portavoce di Forza Italia, consiglia: “Giorgetti deve ascoltare di più”. Mercoledì sera, in un vertice notturno, le banche accettano di contribuire ma si arriva a 2,8 miliardi. Per Giorgetti non bastano. Le banche propongono di posticipare i loro crediti fiscali (dta) ma il governo è dell’opinione che così non è “un aiuto, ma solo un prestito”.  Giorgetti si affida al Cielo: “Papa Leone sulla manovra ha fatto il miracolo”. Sia fatta la volontà di Meloni.

Viene convocato a Palazzo Chigi il Cdm per approvare il Dpfb, il documento di finanza pubblica, da spedire in Europa, ma la giornata si apre con il dramma in provincia di Verona, l’esplosione di un casolare, la morte di tre carabinieri. In Cdm si osserva un minuto di silenzio, Piantedosi e Mantovano corrono al comando generale dell’Arma. La sicurezza si fa manovra. Viene approvato il documento e grandinano numeri. Si stanziano 3,5 miliardi per famiglie e contrasto alla povertà, si introduce una revisione del calcolo dell’Isee. Il “malloppo” della manovra è sulla sanità, sette miliardi spalmati in tre anni – si aggiungono 2,4 miliardi per il 2026; 2,65 miliardi per il biennio successivo –, altri quattro miliardi sono destinati alle imprese come ammortamento per chi investe in innovazione. Carlo Calenda twitta che gli piace: “Ottimo, finalmente si ripristina Industria 4.0”. Sono convergenze parallele, in una Roma frizzante.  Il ministro della Pa, Paolo Zangrillo si punzecchia con il presidente del Cnel, Renato Brunetta. Sono entrambi alla presentazione della relazione annuale al Parlamento sui servizi erogati dalla Pa, e Brunetta dice che è tutto frutto delle sue riforme e che si prosegue con la stessa determinazione e visione. Zangrillo non ci sta e precisa: “Ora la pubblica amministrazione è finalmente uscita dalla rianimazione”. C’è vita anche al governo.  Maurizio Leo viene “staccato” da Giorgetti e Meloni per occuparsi del contributo delle banche ed è irraggiungibile. Si racconta di un intervento di Carlo Messina, ad di Banca Intesa, nella riunione Abi, lunedì sera, un intervento dal tono: noi per l’Italia facciamo la nostra parte, ma non vogliamo essere additati come nemici del popolo. Da un mese va avanti una campagna aspra contro le banche. La fa Salvini. Tajani la combatte. Continua la scalata del vicepremier di Forza Italia al cielo del centro, dei moderati: quel modo tutto suo di rassicurare banche e imprese che l’Italia non è l’Urss. Per accontentare Tajani si trovano dunque le risorse per sterilizzare la plastic e sugar tax. Scende l’aliquota Irpef da 35 al 33 per cento. La pace fiscale si fa, ma la linea Fazzolari è che viene escluso chi non hai mai presentato la dichiarazione dei redditi. Queste sono le note di Radio Chigi, ma è giusto dare conto delle onde medie. Perché nasconderlo?

Da  quattro giorni si tengono vertici di governo, anche a casa Meloni, dove si fa a gara fra giornalisti per conoscere il menù. Sono vertici dove si discute di tassa sugli extraprofitti, tassa che dice Giorgetti al Mef: “Non è mai stata sul tavolo”. Era la tassa già bocciata durante il governo Draghi, impraticabile. Tajani ascolta, ribatte, gioca una partita che va al di là della manovra economica. Già sul golden power nei confronti di Unicredit, Tajani aveva fatto mettere a verbale che Forza Italia non era d’accordo.  Gli hanno sentito dire: “Io conosco l’Europa, so come funziona a Bruxelles. Sul golden power rischiamo una procedura d’infrazione. Io offro solo consigli per il bene del governo e anche Giorgetti dovrebbe accettarli”. L’altro, il ministro dell’Economia, che vuole mostrare all’Europa che “l’Italia non è la  pecora nera” avvisa che “la manovra interviene in un contesto in cui permangono forti elementi d’incertezza”. Da ieri, dopo la visita di Papa Leone XIV al Quirinale, Giorgetti ha un amico in più. Venerdì si confida nella moltiplicazione dei pani, dei pesci e degli aiuti delle banche.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio