
Ansa
Il caso
“Fuori”: nella Lega scatta il processo a Vannacci. L'allarme di Romeo
Il capogruppo in Senato dopo il flop in Toscana: “Senza identità e territorio il Carroccio perde se stesso”. Candiani: "Bisogna riflettere". Il generale dice: “Vado avanti”. Ma valuta il futuro. I malumori di Zaia in Veneto
Il malumore correva tra Veneto e Lombardia. Da lunedì alle 15 è esploso anche in Toscana, dove la Lega vannacciana è andata a picco: 4,4 per cento, un flop difficile da dimenticare. Il malcontento covava già da giorni, ma ora è partito il processo a Roberto Vannacci. Nel partito sono sempre di più quelli che vorrebbero liberarsene. E lui, il generale, forte dei suoi team in tutta Italia, è a metà del guado. Valuta. L’irritazione nel Carroccio riguarda anche Matteo Salvini, scomparso dai radar dopo la debacle, che a Vannacci ha consegnato la carica di vice e poi quella di responsabile della campagna toscana, le liste.
Dice al Foglio Massimiliano Romeo, capogruppo in Senato e segretario della Lega lombarda, uno che di cedere a FdI la sua regione proprio non ne vuole sapere. “Quando facciamo il lavoro di sindacato del territorio i risultati si ottengono”. E’ un messaggio anti vannaccizzazione? “Non parlo delle persone, mi piace parlare delle idee. Ci vuole chi può portare un valore aggiunto al partito”. Ma? “La base deve essere quella del territorio, della militanza e dell'identità. Senza, la Lega perde se stessa. In Toscana abbiamo perso il territorio e quindi anche l’identità”.
Stefano Candiani passeggia in Transatlantico: “Bisogna riflettere. Oggi è il giorno della riflessione”. Da due giorni l’europarlamentare pisana Susanna Ceccardi risponde così: “Le elezioni in Toscana? Dovete chiedere al responsabile della campagna elettorale perché è andata così”. L’ex portiere della nazionale e già capogruppo in Toscana Giampaolo Galli, ha detto a Rep. che Vannacci se ne deve andare. E’ un sentimento che nella Lega sta prendendo sempre più consistenza. La Toscana era il banco di prova e il generale l’ha mancato clamorosamente. I consiglieri regionali erano otto e adesso a Firenze ce ne sarà solo uno, Massimiliano Simoni, il fedelissimo del generale che è stato blindato nel listino.
In chiaro Vannacci rilancia: “Chi pensa che io mi fermi, non mi conosce. Questi sono i risultati che mi fanno andare avanti più determinato”. E ancora: “Quando mi attaccano, riconoscono in me il ruolo di loro primo nemico”. Si riferisce, e i suoi collaboratori lo dicono chiaramente, anche a una parte del Carroccio, quello storico, che avrebbe boicottato la campagna elettorale. Dalle parti del generale monta una certo fastidio per il trattamento che gli hanno riservato. Il vicesegretario della Lega conta i suoi team. Anche andarsene è un’opzione. Ma a Viareggio, la città in cui vive, la Lega ha raccolto 1.023 preferenze, il 5,73 per cento. Forza Italia, per dire, è quasi al 10. Cristiano Romani, vice presidente del Mondo al contrario e braccio destro del generale, era il capolista ad Arezzo (1464 preferenze). Attacca: “Una parte della Lega ha scatenato la terza guerra mondiale contro Vannacci. Ad Arezzo un terzo, forse metà dei voti li ha presi un vannacciano doc come me. Non si può delegittimare così il vicesegretario. Qualcuno nel partito dovrà valutare questi atteggiamenti”. E’ guerra interna. Siete pronti a cambiare aria? “Questo lo deciderà Vannacci, non ne abbiamo parlato. Ma certamente non può continuare un cannoneggiamento di questo tenore”.
Di tutt’altro avviso è Elena Meini. Consigliera uscente della Lega in Toscana, la più votata. Eppure non rieletta per giochi di liste e listini (bloccati): “A parte la sottoscritta, nessuno ha superato le 3 mila preferenze. Entra in regione chi ha preso la metà dei miei voti. Partendo dagli errori nelle liste, il partito dovrà fare un’analisi seria”. Meini respinge le accuse dei vannacciani: “Nessuno ha remato contro. Forse non ha pagato la troppa destra? Non hanno pagato alcuni post che toccano tematiche molto sentite dai toscani, come l’antifascismo? E pure l’eccessiva personalizzazione su Vannacci non ha aiutato”.
Così, lo certifica l’Istituto Cattaneo, analogamente alle altre regionali “la Lega perde voti a vantaggio delle forze moderate del centrodestra” (come FI). E’ la stessa dinamica che temono nella Lombardia di Attilio Fontana, governatore anti-Vannacci. Ed è anche una delle cause del malessere che vivono i leghisti del Veneto. Luca Zaia ha messo in chiaro l’insofferenza. Non solo: la sua generosità a tenere unita la coalizione, con Alberto Stefani, anche in virtù del rapporto personale con Giorgia Meloni, non è stata ripagata. Dalle parti del Doge studiano le prossime mosse. Certo è che il governatore Veneto non crede che lo slancio identitario di Vannacci possa rappresentare il futuro della Lega. Sono i temi dell’impresa, della produttività e dello sviluppo a tirare nelle regioni settentrionali, non la Decima Mas. E il rapporto con Salvini, dopo la querelle sul terzo mandato, è quello che è.