
(foto Ansa)
il racconto
Lo scambio di Giorgetti. Avvalla il patto di Salvini con Meloni sulla Lombardia. In Veneto fronda contro Lorenzo Fontana
La firma del vicepremier alla "cessione" della Lombardia a FdI c'è stata solo dopo l'approvazione del ministro dell'Economia. bossiano. Sulla decisione ha pesato anche il rapporto non facile del segretario con il governatore. La ora il Carroccio si concentra sulla strategia per prendere più voti in Campania
Salvini firma, Giorgetti approva. La notizia: il patto con Meloni, lo scambio Veneto-Lombardia a favore di FdI, lo ha bollinato Salvini ma lo ha condiviso il lombardo Giorgetti. E’ il padre della Lega insieme a Umberto Bossi a favorire l’accordo che oggi infiamma la Lega in Lombardia. La scena. Riunione fra leader, a Palazzo Chigi, Salvini dice a Giorgetti: andiamo a negoziare con Meloni. Vuole che ci sia il suo ministro dell’Economia. Il tradimento della base lombarda? Per Salvini non esiste. La prova? Giorgetti non si è opposto allo scambio Veneto-Lombardia. Anzi. Il racconto: Meloni rivendica la regione, Giorgetti spiega a Salvini che è naturale che il più grande partito di governo chieda la Lombardia fra tre anni. A eccezione di Attilio Fontana, ragionano Salvini e Giorgetti, chi abbiamo dei nostri che può competere? L’unico sarebbe Giorgetti ma Giorgetti prende le misure del Quirinale e ha già rifiutato, almeno due volte, di candidarsi presidente di regione.
Ettore Prandini, il presidente di Coldiretti, anche se smentisce di avere ambizioni, è un nome perfetto. Carlo Fidanza di FdI è altrettanto autorevole. Il calcolo di segretario e ministro: ci prendiamo il Veneto, poi si vede. L’occasione? I veneti hanno sempre lamentato che i ministri della Lega sono tutti lombardi. Perfetto. Riequilibriamo. I lombardi cosa hanno fatto per guadagnarsi il dopo Attilio Fontana? Salvini ha un rapporto difficile con Attilio Fontana, da almeno due anni, perché Fontana è autonomo, decide senza avvisare Salvini. I governatori, pensa Salvini, non si sono candidati quando serviva, alle elezioni europee. Max Romeo, il segretario della Lega lombarda? Neppure lui avrebbe contribuito. Salvini in accordo con Giorgetti “cede” la Lombardia perché pensa “finalmente ho un salviniano presidente di regione, in Veneto. Un talento”. Giorgetti benedice. Il guaio? Salvini ne aggiusta una e se ne sfascia un’altra. È vero che Stefani è un talento ma Stefani è il delfino dell’altro Fontana (Lorenzo) il presidente della Camera che vorrebbe scappare all’estero piuttosto che restare presidente.
Quando si chiede ai deputati: “Oggi chi presiede?”, si sente rispondere: “Il presidente, Giorgio Mulè (che in realtà è il vicepresidente)”. Lorenzo Fontana è veneto e vuole dire la sua. E’ di Verona dove la Lega scende, scende, nei sondaggi, anche perché Verona è la città di Flavio Tosi, il fuoriuscito della Lega, oggi in Forza Italia, che aveva litigato con l’intera Lega. Lorenzo Fontana, insieme a Stefani, propone a Salvini la nomina di Nicola Finco, sindaco di Bassano Del Grappa, uno che è amato dai leghisti veneti come il caldo in estate, la macchia di salsa sulla camicia. Arriva la nomina di Finco e i leghisti incrociano le braccia. Per le regole regionali i vecchi assessori di Zaia, i veterani, non potranno più candidarsi. Chi fa la campagna elettorale? L’unica fortuna di Salvini è il sud (che lo fa litigare con il nord). In Campania c’è già il simbolo della Lega per le elezioni regionali e la sorpresa è che sotto il simbolo del Carroccio c’è il nome del candidato Edmondo Cirielli (di FdI): Lega per Cirielli. E’ uno stratagemma per capitalizzare i voti del presidente (è l’“effetto Occhiuto”. In Calabria le sue liste hanno contribuito al successo di Forza Italia: “Insieme alle liste Occhiuto siamo al trenta per cento”). In Veneto vedono il logo e si domandano: “Non possiamo mettere il nome di Zaia sul simbolo, ma Cirielli può stare sotto il simbolo della Lega in Campania? Inaudito”.
Salvini spiega che la lista del presidente è quella di Stefani e che Zaia ci sarà ugualmente. Ha fatto il suo e va fiero: “L’indicazione di Stefani è un successo”. Quella di Finco meno. Romeo ogni giorno lotta e dichiara: “Non mollo la Lombardia. Mai a Meloni”. Al terzo giorno del piano Salvini-Giorgetti (per il Lombardo-Veneto) non c’è tregua: il Veneto ce l’ha con la Campania (che non c’entra nulla), la Lombardia ce l’ha con il Veneto, in Veneto ce l’hanno tutti con Salvini e Finco. A Stefani non si possono che fare gli auguri. In Lombardia basta citofonare a Giorgetti.