Renato Schifani (Ansa)

il caso

Dalla Lombardia alla Sicilia, FdI fa ballare gli alleati nelle regioni

Ruggiero Montenegro

Schifani (FI) a rischio, in regione i meloniani sono accusati di tradimento. Sbardella respinge gli addebiti: "Noi responsabili". Mentre in Lombardia è la Lega ad andare all'attacco. Fidanza: "FdI può esprimere il prossimo governatore"

Attilio Fontana (semi) commissariato in Lombardia – e lo dicono anche alcuni deputati della Lega. Renato Schifani in Sicilia va in crisi sulla manovrina. Dopo l’accordo per i candidati alle regionali di novembre, il centrodestra continua a ballare nei territori. Si balla da Nord a Sud, tra questioni locali e beghe interne ai partiti. Ma ci sono anche le prospettive nazionali di mezzo, le ambizioni legittime di Fratelli d’Italia.  

Massimiliano Romeo, il capogruppo della Lega e segretario della Lega Lombarda, invita Giorgia Meloni a essere “generosa”, perché altrimenti la coalizione rischia. Il partito sul territorio si agita. Nel profondo sud, sull’isola, la situazione è diversa ma i problemi, la crisi, è in corso in queste ore. Schifani è in bilico, accusa i Fratelli di tradimento. Lunedì ha convocato un vertice di maggioranza, Luca Sbardella, il commissario dei meloniani in Sicilia – mandato da Roma a rimettere ordine nel partito - dice invece che il governatore “dovrebbe guardare in casa sua. Lei ha mai visto un partito di maggioranza uscire dall’aula? E’ un segnale contro il governo e non arriva da FdI”. 

I fatti: giovedì nel parlamentino siciliano va in scena lo psicodramma del centrodestra. La manovrina di Schifani viene smontata un pezzo alla volta, sotto i colpi dei franchi tiratori. Le forze che sostengono il governatore azzurro escono dall’aula. Resta FdI, insieme al Pd e alle opposizioni. Forza Italia dice che c’è un “problema politico”. Qualcuno evoca Waterloo e Caporetto (di Schifani) con la regia di FdI. “Analizziamo i fatti”, dice Sbardella rispedendo al mittente ogni addebito. “I franchi tiratori sono stati ben oltre il numero massimo dei deputati regionali di FdI. Ma soprattutto i nostri non sono stati franchi tiratori, abbiamo esponenti che hanno lavorato alle norme, i nostri assessori erano in aula a votare”. L’accusa è che i meloniani non siano usciti dall’Aula. “Potevano almeno chiedercelo. E grazie al nostro senso di responsabilità, e quello dell’Mpa, di Cateno De Luca e dell’opposizione abbiamo portato a casa misure importanti come l’abbattimento degli oneri per i consorzi agricoli relativi all’irrigazione”, rivendica Sbardella, che qualche giorno fa, alla domanda su  Schifani bis, ha risposto: “Non mi esprimo”.

 

In Sicilia si voterà nel 2027 e l’ultima volta il governatore uscente e oggi ministro per la  Protezione di civile in quota Meloni, Nello Musumeci, non fu riconfermato. Il sospetto tra gli alleati siciliani è che FdI abbia voluto approfittare delle tensioni interne a FI per indebolire ulteriormente Schifani. E cominciare, chissà,  anche a guardare in prospettiva, in quell’ottica di riequilibrio che vede i meloniani governare solo due regioni pur avendo il triplo dei voti di FI e Lega. D’altra parte la Lombardia è già stata prenotata. Carlo Fidanza ieri ha messo in chiaro le ambizioni di Meloni&Co. Romeo? “Non esistono diritti acquisiti. Con il 30 per certo, FdI può ambire a esprimere il governatore”. La Sicilia potrebbe essere davvero la prossima? “E’ prematuro parlare di elezioni – frena infine Sbardella – Noi speriamo di ritrovare la coesione”. Da Milano a Palermo, territori lontani ma con un denominatore comune a destra: Ignazio La Russa e la sua influenza politica. 
 

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