
Ansa
Editoriali
Vietare il velo integrale è giusto
Non si tratta di impedire l’osservanza di regole religiose in privato, ma di garantire un diritto, il che spesso è vietato alle donne islamiche, e di salvaguardare norme generali della vita civile
La Lega, dopo aver ottenuto il consenso anche di Forza Italia, insiste per l’approvazione di una proposta di legge che proibisca di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici. Ci saranno proteste e accuse di razzismo e discriminazione nei confronti della comunità islamica, ma in questo caso appaiono infondati. Molti paesi europei hanno adottato misure analoghe, come Francia, Belgio, Paesi Bassi, Austria e Svizzera. Anche la corte europea dei diritti umani, chiamata a pronunciarsi nel luglio del 2014 sulla legge francese (approvata quattro anni prima), ha respinto la richiesta di cassarla, sostenendo che la proibizione “risponde ad una giustificazione obiettiva e ragionevole”. Non si tratta di impedire l’osservanza di regole religiose in privato, ma di garantire un diritto, il che spesso è vietato alle donne islamiche, e di salvaguardare norme generali della vita civile. Il principio di accoglienza comporta il corrispondente dovere di rispettare il sistema di diritti vigente nel paese di immigrazione.
Sarebbe bene che su questi principi elementari si esprimesse un consenso trasversale, anche perché è proprio difficile pensare a uno “chador integrale di sinistra”. D’altra parte, la riconoscibilità della persona nei luoghi pubblici è un’esigenza di sicurezza. Pochi ricordano come, negli anni del terrorismo, si arrivò a proibire il casco integrale ai motociclisti propio per questa ragione. Si dirà che non è una priorità, ma questo argomento viene usato spesso a sproposito per evitare discussioni difficili, e poi dove sta scritto che si deve legiferare solo sulle priorità? Naturalmente non bisogna confondere questa proposta con altre manifestazioni di insofferenza (leghista o no che sia) nei confronti delle comunità islamiche presenti in Italia. In questo caso si difendono un principio di liberà e un’esigenza di sicurezza che valgono per tutti. Sarebbe bene che anche i rappresentanti delle comunità islamiche, se sono interessati a un sistema di accoglienza e di integrazione razionale e rispettoso dei principi costituzionali, esprimessero se non un consenso almeno una comprensione delle ragioni di questa proibizione, come fecero in Francia un certo numero di associazioni islamiche quando si discusse quindici anni fa la analoga proibizione.
