
Foto Ansa
un vecchio nuovo inizio
La sinistra di Silvia Salis comincia da Francesca Albanese
La rappresentate più promettente della nuova sinistra moderata forse sarà presente a un convegno che ha come ospite d'onore la relatrice Onu, non in una data qualsiasi, bensì a due anni precisi dall'attacco di Hamas. Il primo inchino nel percorso riformista
Manco il tempo di dismettere la segreteria movimentista – ella, cioè Elly – ed ecco arrivare la segreteria attivista. Ma anche riformista, moderata, rinnovata. Che però, se su Francesca Albanese non si può andare, un po’ comunque ci va: un piede dentro e uno fuori. Giusto oggi. Non una data qualsiasi. Il 7 ottobre. Silvia Salis è il volto di una sinistra nuova, concreta, pragmatica. Delle sue qualità pare abbia convinto Matteo Renzi e Dario Franceschini. Tuttavia, proprio oggi a Genova, la sindaca vuole partecipare a un convegno che ha come ospite d’onore Francesca Albanese. O comunque non esclude affatto di andarci. Non trova la sindaca che ci possa essere qualcosa di inopportuno a salutare, il 7 ottobre, una donna la cui posizione politica è “i terroristi vanno capiti”? Risposta: “No”, dice il suo staff. E così, mentre il centro del campo progressista cerca un linguaggio pragmatico, mentre a sinistra si tenta un’alternativa a Elly Schlein, la sua rappresentante più promettente inaugura il nuovo percorso con una liturgia: la stessa di quella sinistra da cui dovrebbe distinguersi. Annunciare il realismo e finire in processione.
Francesca Albanese è ormai un pellegrinaggio morale per il Pd e i suoi amministratori. A Bari le chiavi della città, a Modena la standing ovation, a Reggio Emilia addirittura l’assoluzione concessa al sindaco che diceva: “Il rilascio degli ostaggi è condizione necessaria per la pace”. Albanese lo ha “perdonato”. Come se assolvere e condannare fosse ormai parte della vocazione civile. Anche in televisione, la reverenza è la stessa. A “In Onda”, su La7, qualche sera fa, mentre si citava Liliana Segre e si contestava l’idea del genocidio compiuto da coloro i quali un genocidio l’hanno subito davvero, Albanese si è alzata di botto, ha detto “arrivederci” ed è uscita. I conduttori hanno spiegato che era tutto previsto. Forse sì. Ad Albanese, in fondo, si perdona anche il copione. Tappa dopo tappa, Francesca Albanese è diventata la nuova icona del progressismo: la pasionaria che divide il mondo in colpevoli e oppressi e regala alla sinistra l’illusione di restare sempre nel giusto. E Silvia Salis? Esita, riflette, poi forse andrà. Dopotutto è solo un’intervista pubblica, solo un saluto. Eppure in politica i gesti, come i saluti, contano. Così, nel giorno meno adatto, la nuova sinistra moderata comincia il suo percorso riformista con un inchino.