(foto Ansa)

Carlo fratello d'Italia

Calenda sempre più vicino a Meloni. Renzi: "Calenda fa ridere!"

Ginevra Leganza

Il leader di Azione firma la mozione sulla Palestina e il piano di Trump insieme al governo. Renzi la vota. Ma poi dice: "Quello di Carlo è un errore politico"

Roma. “Carlo Calenda sulla nostra mozione si è astenuto”, dice Matteo Renzi. “Calenda che si astiene come i 5 Stelle…”, canzona. E si ferma. Poi riprende: “Carlo Calenda fa ridere!”.

Calenda, dal canto suo, sospira. E al Foglio spiega: “Comprendo la difficoltà di Renzi nel tenere insieme l’ode a Jared Kushner, che ha fatto nel suo intervento, e l’alleanza con Bonelli e Fratoianni...”. Ma? “Ma noi l’avevamo annunciato che non avremmo presentato una nostra mozione e avremmo votato solo quella scritta insieme al governo e offerta a firma delle altre opposizioni”. Certo, senatore, l’avevate annunciato. Ma come al solito il suo partito è un punching ball per cui Renzi colpisce e si sfrega le mani. Per esempio ci ha appena detto, l’ex premier, che la firma di Azione alla risoluzione scritta con Giorgia Meloni è stata un suo “errore politico”. “Non si riesce a tenere il Parlamento su un sentiero di gravitas neppure quando si parla di drammi internazionali e crisi umanitarie”. A tal proposito, Ettore Rosato, vicepresidente di Azione, ci dice ancora che quello di Renzi “è un balletto ridicolo”, che così si ristagna “nel provincialismo politico”, “nell’irresponsabilità per la quale anziché parlamentarizzare gli scontri in piazza, ci si fa guidare dalla piazza, dallo scontro, da tutta una serie di atteggiamenti che non si è in grado di frenare”. 


E così anche ieri si produceva alla Camera, nella fucina centrista – all’ombra della sinistra – l’ennesima bega fratricida. Co-protagonisti: gli Oasis mancati, ovviamente. Matteo Renzi e Carlo Calenda. I Caino e Abele della pochade al Senato. Guest-star: la presidenza del Consiglio. Giorgia Meloni, nientemeno, che nel cantiere del centro è diventato l’altro lato del triangolo scaleno. Il lato lungo su cui Calenda a volte si appoggia e Matteo Renzi invece no, mai. Tranne stavolta. Il triangolo inedito. 


Ricapitolando, il senatore e leader di Azione ha contribuito in questi giorni alla stesura della risoluzione “corta”. Insieme ai partiti di maggioranza. Una risoluzione non vincolante, di poche righe, che s'impegna a sostenere il piano di pace trumpiano. Sicché la firma è arrivata – in questo caso – anche da Matteo Renzi. Dal canto suo, però, Italia Viva ha presentato un’altra mozione.  Scritta in autonomia rispetto agli alleati a sinistra. Il partito dell’ex premier ha così chiesto di “promuovere la piena attuazione degli accordi di Abramo”, di rafforzare cioè il ruolo politico ed economico dei paesi della Lega araba nel processo di pace. Un testo votato dal centrodestra,  questo, ma non da Azione. Da Fratelli d’Italia, dunque, ma non dai partiti di opposizione fatta eccezione per i geni incompresi del Pd. I soliti ignoti che non pesano, certo, ma contano: quattro voti e non quattro gatti. Marianna Madia, Lia Quartapelle, Virginio Merola e soprattutto Lorenzo Guerini (visibilmente seccato, ieri, dai ricatti pentastellati che volevano il Campo largo fuori dall’Aula al voto della prima mozione di maggioranza). “Il Partito democratico voleva votare la mia risoluzione – ha detto poi Renzi – ma i 5 Stelle non hanno voluto”. Italia viva ha perciò incassato il voto della maggioranza (un colpo), che ha fatto approvare il suo testo; ha solcato il terreno del Campo largo (altro colpo), fendendo l’opposizione; e ha poi votato la mozione del governo sottoscritta da Calenda. Pur giudicando quello di Calenda un errore politico (colpo di grazia). Ed ecco quindi che nei litigi con Azione – punching ball stanco – ha interposto la maggioranza di Meloni. Che oggi vota, domani chissà. Triangolo inedito e Calenda melonizzato. Tu chiamale, se vuoi, le mozioni.
 

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