Conte detta la linea a Schlein anche su Gaza

Ginevra Leganza

Il M5s dice no alla mozione del governo sulla Palestina, Schlein tentenna, vorrebbe dire sì, ma alla fine segue Conte 

Roma. Più lei gli dà, più lui pretende. Sadomasochismo politico. Fenomenologia del ricatto. Ennesima pressione di Giuseppe Conte, insomma, sulla socia Elly Schlein. “E’ davvero ardito chiedere un voto compatto su una risoluzione sulla Palestina”, diceva ieri il leader del Movimento 5 stelle mentre invece la segretaria del Pd tentennava. “E’ davvero ardito dopo che un governo, una maggioranza, ha finto di non vedere un genocidio, 20.000 bambini uccisi”. E poi ancora (scacco matto a Schlein): “Direi che non ci sono i presupposti per un voto compatto”. 

E se fino ieri lei, Elly, sulla mozione meloniana non sapeva, temporeggiava, ed era appunto lì lì per dire nì, dall’altra parte del Campo largo già c’era chi diceva no. Secondo la logica del pesce piccolo (nelle Marche il Movimento s’è fermato al 5 per cento) che spaventa il pesce grande. Al punto che neppure il saggio Goffredo Bettini, ieri, sapeva cosa dire. “La prego. Non me lo chieda”. Ma come? E’ la mozione del governo. “Al Nazareno tendono a rendere questa vicenda una mera parentesi”. Intanto però il responsabile Esteri del partito, Peppe Provenzano, si destreggia per mettere giù una mozione congiunta con M5s e Avs. Lei dice che è una mera parentesi. Sarà. Ma certo non pare un buon gancio per la famosa tenda centrista all’ombra della sinistra. “La prego. Non mi metta in questa polemica. Voglio starmene zitto”. Va bene. 

Certo non sta zitto, però, il Movimento. E pazienza se secondo il Pd il no alla mozione del governo è nei fatti un autorete (l’idea ondeggia dai riformisti, che parlano in chiaro, alla segretaria Schlein coi suoi segnali di fumo); pazienza se voltare le spalle a Chigi, in questo caso, è un modo come un altro per plasmare Giorgia Meloni Merkel e non prendersi invece – come ha detto ieri al Foglio l’ex ministro Graziano Delrio – parte del merito sul cambio di posizione del governo italiano, che ora riconosce la Palestina. Pazienza insomma se il pesce grande, per una volta, vorrebbe seguire la corrente di governo e non farsi fagocitare dal pesce piccolo. Perché il Movimento, dal canto suo, si sfila. 

Ed ecco allora il muro di Conte a Schlein. L’ennesimo dopo le vicissitudini più provinciali (anzi regionali) di candidati campani dem sottoposti a test etici e di Matteo Ricci zavorrato da una doppia inchiesta: quella della procura di Pesaro e l’altra, di Giuseppe Conte, che in veste di gup esaminava quest’estate le carte per vagliare la di lui probità. 

Un muro invalicabile, si diceva. Che, nel corso della giornata di ieri, poi, s’è fatto sempre più spesso e coperto di cocci aguzzi. Dopo le parole del leader, infatti, sono seguite a raffica le dichiarazioni di alti esponenti, a minare il terreno contro l’esecutivo. Così il capogruppo del Movimento al Senato Stefano Patuanelli: “Non posso che definire vergognose le parole di Giorgia Meloni, che anche in questo momento ha dichiarato che evidentemente la missione umanitaria (la Flotilla) non avrebbe a cuore le sofferenze dei palestinesi. Solo in Italia c’è questo tentativo di delegittimare una missione umanitaria”. E poi l’ex sindaca di Torino e vicepresidente Chiara Appendino: “Sono alquanto scettica sul piano di pace di Trump”. Piano, invero, che sarebbe stato ideato da Tony Blair per Trump. E dunque piano accolto con favore, in Italia, non solo dalla maggioranza di governo ma anche da Carlo Calenda (che propone di ritirare le mozioni, oramai superate) e da Matteo Renzi che ne rivendica la matrice blairiana. “Sono alquanto scettica – diceva comunque Appendino – perché non si parla della Cisgiordania e dei coloni né del riconoscimento dello stato di Palestina”. Ma se Calenda e Renzi dagli scetticismi hanno l’agilità di smarcarsi, non così il Partito democratico. Che già nei giorni scorsi era stato già punto sulla questione dalla pentastellata Alessandra Majorino su La7. La Flotilla ha i suoi figli e figliastri, e una cosa sono i tenaci Marco Croatti e Benedetta Scuderi del Movimento e di Avs – spiegava la senatrice – altra cosa sono i dem Arturo Scotto e Annalisa Corrado che navigano softcore sulle barche dell’Arci. 

E se perciò il mondo è col fiato sospeso – in attesa di un cenno di Hamas sul piano-Trump – il Pd è un piccolo mondo da par suo. Un microcosmo in ansiosa attesa da mesi. Appeso, a sua volta, al suo piccolo Hamas. La resistenza 5 stelle. 

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