Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti (foto LaPresse)

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L'economia italiana sta bene, serve farla stare meglio

Claudio Cerasa

In un contesto globale segnato da inflazione, rialzo dei tassi, guerre e protezionismi, l'Italia ha trovato la capacità di mantenere la barra dritta. Il risultato politico c'è, e anche economico. Ora serve il coraggio di trasformare la prudenza dei conti in ambizione economica

Le ultime settimane hanno regalato all’Italia un piccolo paradosso politico che merita attenzione. Sul fronte dei conti pubblici, è noto, le notizie sono sorprendentemente buone, migliori delle attese: le agenzie di rating hanno confermato la solidità del nostro debito, lo spread non si è impennato, il deficit sta lentamente regredendo e la manovra, pur tra mille vincoli, è stata costruita con un’impostazione prudente. Per un paese che negli ultimi anni è stato descritto, da molti, come fragile, sull’orlo del baratro, questa è una fotografia meno fosca del previsto. Significa che l’Italia, in un contesto globale segnato da inflazione, rialzo dei tassi, guerre e protezionismi, ha trovato la capacità di mantenere la barra dritta. Il risultato politico c'è, e anche economico, e per questo hanno ragione gli imprenditori quando dicono che bisognerebbe ora fare di tutto per sfruttarlo e non sprecarlo, concentrandosi sull'efficienza amministrativa, al'ttarattività per gli investimenti, la capacità di mettere il capitale privato e quello pubblico in condizioni di lavorare insieme. L’Italia, in altre parole, ha bisogno di trasformare la prudenza dei conti in ambizione economica. Ha bisogno di scommettere sul taglio delle tasse, sul sostegno alle imprese, sulla capacità di creare benessere, di combattere la burocrazia. Essere stabili è importante. Essere prudenti pure. Ma se la prudenza si traduce in immobilismo si può dire che alla fine si rischia di vivere in un contesto di occasioni sprecate. Agire, creare, stimolare. Verrebbe da dire: se non ora, quando?

   


   

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.