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elezioni regionali
Nei corridoi del Pd le Marche non sono più il cuore della nazione ma una zavorra da minimizzare
In vista delle elezioni, Matteo Ricci è in affanno e la linea è già quella del ridimensionamento preventivo. Intanto i riformisti attendono il tracollo come pescatori svogliati, pronti a twittare ma non a colpire
Non più Ohio d’Italia ma Abruzzo con vista mare, Umbria col Conero, Basilicata col brodetto. Lo stesso Leopardi poi, solo un Trilussa minore... ed ecco per il Pd cosa stanno diventando le Marche. La scena, ieri a Montecitorio, era questa: capannello con tre deputati del Pd e un paio di membri dello staff tra quelli più allineati con la segreteria. Parlottano in Transatlantico con la stessa premura di chi sposta avanti la sedia per non cadere insieme alla tavolata. Poiché girano dei sondaggi bruttini per Matteo Ricci nelle Marche, e poiché il candidato stesso del centrosinistra pare faccia telefonate tragiche e vagabonde agli amici romani, ecco che il primo riflesso, a Roma, a un passo dal Nazareno, non è la resistenza ma la retromarcia: “Non per sminuire le Marche, ma…”. Così le Marche, che fino a ieri erano il cuore pulsante della nazione, la diga contro la marea nera, la nuova linea del Piave democratica, ora diventano di colpo una regione come le altre.
E mentre nella segreteria già ci si esercita nell’arte della minimizzazione preventiva, poco più in là – nei corridoi, nei retrobottega del partito – c’è chi invece attende il verdetto come tifosi allo stadio che pregano nell’attesa dell’autogol. Sono i cosiddetti riformisti, quelli che hanno perso il congresso, quelli che da mesi annunciano la riscossa e finiscono sempre per rimandarla. Oggi la loro consistenza è tale che, se mai si dovesse convocare un altro congresso, la mozione “riformista” potrebbe riunirsi in ascensore senza neppure toccare il limite di capienza. Eppure aspettano il risultato delle Marche come pescatori sul molo: con le lenze calate e lo sguardo fisso sull’acqua. Pensano che Schlein si scioglierà a poco a poco, venendo su a bollicine, come l’Alka Seltzer. Non affilano coltelli, ma tweet e comunicati stampa, pronti a sguainarli lunedì pomeriggio, in caso di sconfitta del Pd, come se bastassero due hashtag per rovesciare una segretaria. Ma ella, cioè Elly, non rischia nulla. Non cade perché non c’è nessuno che la spinga. I suoi avversari interni, quando va bene, riescono a imbastire dodici ore di fuoco su X. Dopo il naufragio dei referendum sul lavoro promossi con Landini, la grande opposizione riformista si consumò proprio così, con una manciata di thread e una sfilza di comunicati stampa. Come direbbe Schlein, se solo fosse spiritosa: i riformisti non fanno male a nessuno. Sono da tenere sul comò, come statuette gentili, con scritto sotto: “Amor di pastorello marchigiano”.