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il colloquio

Ma i libertari di destra sono diventati illiberali? Risponde Nicola Porro

Marianna Rizzini

"In Italia la categoria dei libertari è molto difficile da trovare", dice il giornalista. "Ma la destra deve imparare dagli errori della sinistra è destinata a fare la sua fine, altrimenti fa la sua fine"

Che cosa succede ai libertari di destra? Non saranno diventati illiberali? A destra si verificano infatti strani fenomeni, tra garantisti che diventano manettari (vedi l’inchiesta di Milano) e difensori dell’immunità parlamentare che si sbracciano per un voto europeo a favore della ripresa del processo a Ilaria Salis, mentre Donald Trump e seguaci, negli Usa, dicono di voler “perseguire i nemici” mediatici dopo essere tornati alla Casa Bianca con una campagna incentrata sul fatto di essere stati zittiti. E insomma, giriamo la domanda al libertario di destra doc Nicola Porro, vicedirettore del Giornale e conduttore di “Quarta Repubblica” (che in questi giorni raddoppia in tv, sempre su Rete4, con la nuova striscia “Dieci minuti”, dopo il Tg4 della sera: un caso del giorno commentato secondo un punto di vista che non è quello del telegiornale né quello del talk show — e lo share sembra premiarlo con una media del 5,3 per cento). Quindi, Porro, dove sono finiti i libertari di destra? “In Italia la categoria dei libertari è molto difficile da trovare. E certo ci vuole una grandissima forza di spirito oggi, nel difendere, per esempio, questo orribile Parlamento europeo nella sua scelta di confermare l’immunità a Ilaria Salis. Una sorta di stress test per un libertario: Salis rappresenta, dal mio punto di vista, il peggio che si possa immaginare, ma il principio vale più del peggio che si possa immaginare. Alcuni potrebbero appoggiarsi alla massima di Karl Popper, quella per cui è necessario essere intolleranti con chi pratica l’intolleranza. Massima che non condivido: nel caso di Ilaria Salis, il principio per cui una persona indagata e non ancora condannata, in quanto eletta, debba avere uno scudo che nasce dai principi fondamentali della separazione dei poteri è di molto superiore all’idea di dover contrastare l’orribile personaggio rappresentato dall’eurodeputata”.

La libertà di parola “non è roba da mammolette”, dice Porro: “Siamo tutti bravi a pensare che si possano dire le cose terribili che pensiamo, la cosa difficile è rispettare le cose orribili che non condividiamo. Per esempio di fronte a Piergiorgio Odifreddi che parla della morte di Charlie Kirk (“sparare a Martin Luther King o a Trump non è la stessa cosa, chi semina vento raccoglie tempesta”, aveva detto il matematico su La7, ndr) penso sia del tutto legittimo che Odifreddi pensi una cosa del genere, anche se per me si colloca sulla stessa linea di orrore ideologico della Salis”. L’inchiesta di Milano, invece, per i libertari di destra, non sarebbe dovuta diventare uno stress test. “Milano da questo punto di vista è un caso scandaloso”, dice il conduttore, “di fronte a una Procura che aveva adottato il metodo di Mani Pulite e che adotta pregiudizi anticapitalistici e antimercatistici fenomenali. Ma i giornali di destra, secondo me, e una certa opinione pubblica di destra, erano troppo obnubilati dall’antipatia nei confronti del sindaco Beppe Sala”.  Intanto negli Usa, in area Trump, si smentiscono i proclami del passato.

“Negli Stati Uniti – e non è una giustificazione – c’è una sete mostruosa di giustizia dopo quindici anni di wokismo. Chi ha vinto le elezioni ha reagito con l’idea di punire chi quel wokismo aveva nutrito. Una cosa stupida per due ragioni. La prima di principio: lo stesso Kirk, con la sua carne e il suo sangue, è l’icona del free speech. La seconda pratica: Trump ha stravinto le elezioni con il 90 per cento degli intellettuali e dei media contro. Non capisco che problema abbia, ora, nel lasciarli parlare. Io non penso, come dicono gli intellettuali di sinistra, che stiamo andando verso un’epoca di autoritarismo americano, ma penso sia folle questo comportamento antiliberale nella gestione dell’informazione. Si pecca di una sorta di wokismo al contrario, dopo essere stati eletti grazie alle politiche antiwoke. Ma se la destra non impara dagli errori della sinistra è destinata a fare la sua fine, dopo aver vinto per non aver indossato le lenti deformate del wokismo, negli Usa come in Europa”.    

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.