Il retroscena

La Commissione Difesa è un caso per Forza Italia: ora i deputati azzurri sono sei e nessuno vuole andarsene

Simone Canettieri

Alla Camera con l'arrivo di Bicchielli il partito di Tajani sarà costretto a una scelta. Ma tutti premono per restare. A partire da Marta Fascina

Il caso si ingrossa. Se prima la commissione Difesa della Camera poteva vantare ben cinque componenti di Forza Italia (un record), già considerati troppi, adesso le truppe azzurre sono salite a sei con l’arrivo da “Noi moderati” di Pino Bicchielli. Urge almeno un esodato. Dagli uffici di Montecitorio, infatti, è arrivato l’invito informale al partito di Antonio Tajani a compiere una rinuncia. Questione di equilibri all’interno della maggioranza, ma anche nella Commissione stessa nei rapporti con l’opposizione. La decisione spetterà al capogruppo alla Camera di FI Paolo Barelli che sta cercando di prendersela con calma. Ne vanno delle dinamiche interne e della sensibilità dei deputati. La commissione Difesa inoltre, con due guerre in corso, resta un organismo molto importante e a cui nessuno vuole rinunciare (basti pensare al ddl sulla cybersicurezza, depositato la scorsa settimana). E’ un parlamentino importante, e lo sanno tutti. A partire per esempio da Marta Fascina, l’ultima compagna (“quasi moglie”) del Cav. Con l’approdo in FI (via Lega) del presidente della Difesa, Nino Minardo, in molti hanno iniziato ad aspettarsi il bel gesto da parte di Fascina. La quale pur essendo segretaria (rieletta) della Commissione, numeri alla mano, è risultata essere finora la meno presente. Tuttavia questa ipotesi ha trovato subito lo stop della diretta interessata e la frenata di Barelli, molto diplomatico e accorto a evitare un casus belli. Se Fascina sarà inamovibile gli occhi potrebbero cadere su Giorgio Mulè, che è vicepresidente della Camera, ma soprattutto può esibire le stellette sul petto di ex sottosegretario alla Difesa. Dunque relazioni, esperienza, conoscenza. In alternativa ci sono, anzi ci sarebbero, il capogruppo Roberto Bagnasco (attivissimo e tra i più presenti) e Gloria Saccani Jotti (stimata da tutti, anche dalle opposizioni, per il lavoro portato avanti finora). E infine il mirino è finito su Bicchielli, l’ultimo arrivato, ma poco interessato a essere dirottato altrove. Adesso Barelli (ovvero Tajani) dovrà prendere una decisione. E’ arrivato il momento dell’interventismo.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.