
L'intervista
Calenda: “Convergenza con FI? A Milano vediamo. In Italia serve un fronte repubblicano: Tajani ci segua”
Per il leader di Azione la situazione geopolitica sconquasserà le coalizioni: "Cosa accadrà quando sostenere l’Ucraina diventerà davvero costoso? Salvini si vannacizzerà ancora di più… e la Meloni? Serve un'unione con FI e un pezzo di Pd, saremmo al 20 per cento"
Ci dice Carlo Calenda: “Non c’è dubbio che con Forza Italia ci siano convergenze di linea politica su molte cose, a partire ovviamente dalla politica internazionale. A Tajani però vorrei dire una cosa: perché continuano a stare al governo con Salvini?”. E’ da un po’ di tempo che in quel laboratorio politico mai inerte che è il centro va in scena tutto un gioco di occhiate e reciprochi abboccamenti tra Azione e FI. Il partito di Tajani ha invitato Calenda alla festa dei giovani a Milano. Gli propone di sostenere il futuro candidato sindaco del centrodestra nel capoluogo lombardo e ha già provato a convincerlo di andare da quella parte in Campania. Insomma, Calenda, quali sono le condizioni per convergere con FI? “Stiamo calmi”, ci ferma subito il leader di Azione. “Per noi è giusto e normale parlare con FI, con la quale su molte cose la pensiamo allo stesso modo, ma restiamo fuori dai due poli, mentre, almeno per ora, Tajani ha fatto una scelta diversa. Poi – prosegue Calenda – è chiaro che se loro presentano a Milano un candidato civico che ci piace, mentre la sinistra sceglie un profilo massimalista, vedremo cosa fare”.
Ieri il senatore di Azione si è premurato di solidarizzare con il ministro forzista apostrofato durante l’informativa a Palazzo Madama dalla 5 stelle Alessandra Majorino come “prezzolato di Israele”. Sulla politica estera Azione sembra ormai più vicina al centrodestra che al campo largo (“Non staremo mai con chi difende Putin”, diceva ieri Calenda con riferimento alla prossima partecipazione di Schlein alla festa del Fatto). “Insomma – ci stoppa di nuovo Calenda – la posizione di Salvini è peggio di quella di Conte, nel senso che il capo dei 5 stelle almeno non ha mai detto che Putin è meglio di Zelensky”. E però, dicono sempre dal governo, la politica estera italiana la fanno Chigi e la Farnesina: Tajani e Meloni. “Mica tanto – rintuzza Calenda – altrimenti non si spiegherebbe perché il governo non riesce a produrre una risoluzione sul riarmo e neppure a votare la nostra che dice soltanto di tenete la barra dritta e arrivare al 3,5 per cento di spesa militare rapidamente. Sull’Ucraina Salvini non farà mai quello che dice Meloni e anche su di lei vogliamo vedere cosa accadrà alla prova dei fatti”. Cioè? “A un certo punto le cose si faranno molto dure perché temo che gli attacchi russi aumenteranno per testare la reazione della Nato. In un anno e mezzo, se l'Europa non si sveglia, rischiamo di avere un conflitto diretto con la Russia. Non si potrà più fare come sta facendo il governo ora, dicendo arrivo al 2 per cento inserendo il meteo o al 5 col Ponte sullo Stretto. Bisognerà incrementare la nostra capacità di difesa sul serio e per farlo servirà spendere molti soldi. Su questo nessuna delle due coalizioni, infestate dal populismo bipartisan, reggerà. Salvini comincerà a soffiare su tutto quell’elettorato nutrito a ‘pane e Putin’ che rappresenta un bacino elettorale aggredibile, e vediamo se anche la premier rimarrà fedele a questa sua nuova identità moderata”. In cosa spera dunque? “Penso serva un un fronte repubblicano contro gli estremismi. Una coalizione con noi, FI e quel pezzo di Pd che non ne può più del massimalismo. Potremmo prendere più del 20 per cento, e a quel punto nessuno potrebbe governare senza di noi: né la Meloni, né il Pd”.
Per adesso però FI resta nel centrodestra, quel pezzo di Pd di cui parla non si stacca da Schlein, lo stesso fa Renzi. Ritengono sia meglio avere due centri in entrambi gli schieramenti per temperare i reciproci populismi, non hanno ragione loro? “Soprattutto ai renziani risponderei: guardate cosa sta succedendo in Francia da quando Macron ha fatto la beata stupidaggine di portare i melanchonisti al governo. E’ finita con parlamenti che fanno saltare i primi ministri come noccioline, perché con i populisti di sinistra non si governa, e di certo non li condizioni con il 2 per cento”. Con quelli di destra, almeno Italia, sembra più semplice. Se nel campo largo oggi l’egemonia è quelle che viaggia sull’asse Schlein-M5s-Avs, nel centrodestra sembra prevalere un certo moderatismo, non le piace? “Perché la Meloni ha avuto senza dubbio un’evoluzione verso il centrismo e in questo momento la Lega è in minoranza. Ma cosa accadrà quando sostenere l’Ucraina diventerà davvero costoso? Salvini si vannacizzerà ancora di più… e la Meloni? Manterrà la barra dritta? Nasceranno demagoghi molto più a destra della premier, con Vannacci già lo vediamo, e anche a sinistra ci si radicalizzerà: quello in corso è un grande conflitto di civiltà interno all’Occidente. Allora il lavoro che vogliamo fare è quello di rappresentare l'argine razionale a tutto questo”.