Il caso

Almasri, le mosse di Bartolozzi: il vertice con Mantovano a Palazzo Chigi per ottenere lo scudo

Simone Canettieri

La responsabile del gabinetto di Nordio lunedì ha informato il sottosegretario di essere indagata. Oggi in Giunta per le autorizzazioni FdI chiederà di estendere anche a lei la protezione parlamentare. I sospetti dei meloniani sui magistrati 

Il via libera politico allo scudo per Giusi Bartolozzi è avvenuto lunedì pomeriggio. Quando la capo di gabinetto del ministro Carlo Nordio è stata avvistata a Palazzo Chigi. E’ facile pensare che portasse con sé la notizia di essere stata indagata dalla procura di Roma per false informazioni al pubblico ministero nel caso Almasri, il torturatore libico, arrestato su mandato della Corte penale internazionale e poi scarcerato e rimpatriato dal governo italiano. Non è difficile immaginare che Bartolozzi lunedì, il giorno prima che la notizia diventasse pubblica grazie a un lancio dell’agenzia Italpress, abbia informato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano.

 

Quest’ultimo nonché ex magistrato, oltre a essere il “braccio legale” di Giorgia Meloni, è coinvolto in prima persona nella faccenda Almasri come autorità delegata ai servizi segreti. Il Tribunale dei ministri ha chiesto l’autorizzazione a procedere anche per lui oltre che per i ministri Carlo Nordio (Giustizia) e Matteo Piantedosi (Interno). Bartolozzi ha ricevuto rassicurazioni dunque dai vertici del governo che lo scudo varrà anche per lei. Tuttavia non è così dritta la storia né così semplice il percorso.

 

Di sicuro da oggi qualcosa si metterà in moto proprio nella Giunta per le autorizzazioni. Il tribunalino della Camera infatti è chiamato a incardinare la pratica e ascoltare la relazione di Federico Gianassi, esponente del Pd che già durante le informative in Aula di Nordio e Piantedosi si era scagliato contro il governo.  La gestione del caso Bartolozzi è nelle mani di Fratelli d’Italia, partito del ministro della Giustizia e anche della dirigente finita nei guai per le presunte “dichiarazioni mendaci”. Il deputato meloniano Dario Iaia è pronto già oggi a chiedere alla Giunta di allargare l’immunità anche a Bartolozzi. La quale pur non essendo un membro del governo né una politica risulterebbe coinvolta in virtù del procedimento che ha investito gli altri nel caso Almasri. Per lei si tratterebbe di proteggerla con un voto parlamentare in virtù del ruolo ricoperto, non per la fattispecie di reato che le viene addebitata, che risulta non essere in concorso con gli altri. 

 

Iaia dunque è pronto a chiedere alla Giunta l’allargamento dello scudo. E oggi lo motiverà. La decisione potrebbe arrivare nelle prossime sedute. Alla luce di questa istanza che passerà senza problemi, visto che il centrodestra in Giunta ha la maggioranza, la palla andrà poi al Tribunale dei ministri che dovrà esprimersi sul caso. 

 

E qui si entra in un terreno complicato dove procedure e discrezionalità lasciano lo spazio ai sospetti di Fratelli d’Italia. I vertici del partito di Meloni sono convinti che alla fine i magistrati potrebbero opporsi preferendo la via ordinaria per Bartolozzi. E quindi aprendo la strada all’ennesimo conflitto. L’ultima parola infatti spetta alla Procura di Roma. 

 

La notizia dell’indagine nei confronti della dirigente di Via Arenula non ha colto di sorpresa il governo. La diretta interessata, che sa muoversi in autonomia gestendo i rapporti in maniera diretta con i vertici di Palazzo Chigi, è raccontata “come tranquilla”. Così come c’è chi dice, facendo spallucce e citando Riccardo Cocciante, che era già tutto previsto: “Dunque si va avanti”. 

 

La notizia ha dominato, com’era normale che fosse, l’agenda politica di ieri. Con le opposizioni scatenate pronte a chiedere – da Avs a Italia viva, passando per Pd e M5s – le dimissioni della “zarina”, come è appellata ormai la responsabile del gabinetto di Nordio. Sicché mentre la minoranza sembra urlare “Giusi lascia, fatti da parte”; il Guardasigilli le rinnova la massima e incondizionata fiducia, aggiunta alla solidarietà, in quella che è una partita di tennis. Come si sa atti e testimonianze raccolti dai magistrati attribuirebbero a Bartolozzi un ruolo chiave nelle comunicazioni interne al Ministero e nella gestione dei giorni critici tra l’arresto di Almasri, il 19 gennaio, e il suo rientro in Libia, avvenuto il 21. L’intenzione di Fratelli d’Italia è di non caricare la vicenda, questa in particolare. Parla per tutti infatti Giovanni Donzelli: “Credo che il governo abbia difeso l’interesse nazionale molto bene e credo che non spetti ai magistrati decidere se il governo abbia difeso l’interesse nazionale, né decidere sull’esercizio delle funzioni del governo. Se a voi viene il dubbio che questa inchiesta sulla Bartolozzi sia strumentale, prendo atto che questo dubbio serpeggia tra i giornalisti”.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.