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Dopo Fitto, l'eredità dispersa dalla destra in Puglia. Tatarella: “Costruire una nuova classe dirigente”

Ruggiero Montenegro

"In questi anni purtroppo non è stato costruito un percorso. Occorre rivendicare la nostra storia. Sul candidato siamo in ritardo, credo che si chiuderà di D'Attis", dice Fabrizio, nipote di Pinuccio e presidente della Fondazione Tatarella. L'ex consigliere pugliese e assessore Nino Marmo: "Oggi si naviga a vista, senza visione sul presente, né sul futuro”

C'è stata una stagione, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, in cui la Puglia ha avuto un ruolo centrale nell’elaborazione politica della destra italiana. Poteva vantare esponenti, intellettuali, come Pinuccio Tatarella. E prima della “primavera pugliese”, aveva la forza di eleggere Simone Di Cagno Abbrescia a sindaco di Bari, esprimeva il presidente di regione con Salvatore Distaso prima e con Raffaele Fitto poi.  Oggi invece il centrodestra che governa ha difficoltà a trovare un candidato. “E la nostra gente ne soffre”, dice al Foglio Fabrizio Tatarella, nipote di Pinuccio e presidente dell’omonima Fondazione. “In questi anni purtroppo non è stato costruito un percorso. Siamo in ritardo”.

Difficoltà che a ben vedere non sono casuali. Hanno ragioni più profonde. Se ne è avuto un assaggio già alle amministrative di Bari, quando il centrodestra fece molta fatica a trovare un nome, prima di ripiegare sul leghista Fabio Romito. “Abbiamo registrato la peggiore sconfitta nella storia del centrodestra in città, un campanello d’allarme inequivocabile. Abbiamo smesso di essere avanguardia politica e culturale nel capoluogo pugliese. Ma come diceva Pinuccio Tatarella per vincere in Puglia bisogna vincere a Bari. In questa regione è nata l’idea della destra di governo: nel momento in cui abbiamo smesso di rivendicarlo con orgoglio, di difendere la nostra storia e la nostra identità, abbiamo smarrito la strada e lasciato praterie alla sinistra. Paradossalmente Meloni, che non lo ha conosciuto personalmente è l’unica a portare avanti la lezione di Tatarella. Altri lo citano per ottenere qualche applauso, ma non ne hanno capito gli insegnamenti o, addirittura fanno esattamente il contrario”, prosegue il presidente della Fondazione. “Serve costruire nuova classe dirigente in grado di essere un valore aggiunto. I risultati delle politiche e delle europee, anche in Puglia, sono merito esclusivo di Meloni, m non può essere lasciata da sola nel suo straordinario lavoro”.

Una lettura simile arriva anche da Nino Marmo, volto storico della destra pugliese – da An a FI, ex consigliere, assessore e vice presidente del Consiglio regionale. Cosa ne è stato del centrodestra? “Molto semplicemente è mancata una regia. Oggi si naviga a vista, senza visione sul presente, né sul futuro”. L’ultimo squillo in Puglia è Raffaele Fitto. Poi è arrivato Vendola e soprattutto Emiliano, che con spregiudicatezza ha portato avanti un politica fatta (anche) di trasversalità e opportunismo, di consenso pur che sia. Ha occupato spazi, posizioni e potere. Ma molti nel centrodestra hanno preferito vivacchiare all’ombra del civismo del governatore, piuttosto che organizzare l’opposizione. I passaggi in maggioranza nell’ultima legislatura non mancano. E’ successo anche che Pippi Mellone, sindaco di Nardò con un passato vicino a Casa pound fosse sostenuto da Emiliano. Mentre Alessandro Delli Noci, che ha iniziato a fare politica nella destra giovanile, anni dopo (nel mezzo è stato assessore a Lecce) ha trovato casa proprio nella lista “Con”, la civica di Emiliano, diventando poi assessore allo Sviluppo economico in regione. Delli Noci, classe 1982, è uno di quei profili giovani, ma non l’unico,  che il centrodestra ha trascurato e che ha preferito guardare altrove. “Con Emiliano è andata la parte più scadente. Ma era quella che comunque raccoglieva voti. Consenso e potere hanno creato un amalgama molto forte, un sistema cementificato e stratificato che è obiettivamente difficile da scalzare senza un programma a lungo termine”, ragiona Nino Marmo. “Nel centrodestra abbiamo bisogno di ricostruire una classe dirigente, che non vuol dire ricambio generazionale. Questo lo stanno già facendo. Come? Eliminando tutti gli artefici di quella stagione di successo, tra il 1995 e il 2005”.

In questo scenario continuano a rincorrersi le voci su chi sarà il candidato della destra: dal forzista Mauro D’Attis al meloniano Marcello Gemmato, uno dei principali referenti di FdI in Puglia (i cui rapporti con Fitto non sembrano essere dei migliori). Mentre la Lega ha proposto un civico. “Alla fine – conclude Tatarella – credo si chiuderà su D’Attis, già ottimo vice sindaco di Mennitti a Brindisi. Si poteva fare già da tempo. E' difficile chiedere oggi a un imprenditore di lasciare la sua impresa per farsi conoscere e cimentarsi in una campagna elettorale in un tempo ristretto. Chi accetterebbe? Ognuno deve assumersi le sue responsabilità. Non si può sempre demandare a Roma la scelta all’ultimo momento. Era un percorso che andava costruito cinque anni fa, un minuto dopo la sconfitta”.
 

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