Il colloquio

Vaccini, Lollobrigida contro Schillaci: "La scienza dominante non è sempre giusta. Se rischia? È difeso dalle opposizioni"

Simone Canettieri

Il ministro di Fratelli d'Italia attacca il collega della Salute dopo la scelta di azzerare la commissione: "Gli organismi plurali servono a contenere idee diverse". La vita del tecnico commissariato dal partito di Meloni

“Non sono il ministro della Salute anche perché non ne avrei le competenze. Non mi è chiaro l’oggetto della polemica”.

Ministro Francesco Lollobrigida, lo sa benissimo: il suo collega Orazio Schillaci ha revocato tutti i 22 componenti del Nitag, l’organismo centrale per elaborare le politiche vaccinali, perché due di questi, l’ex ematologo Paolo Bellavite e il pediatra Eugenio Serravalle, erano accusati di sostenere posizioni no vax o comunque controverse. Nomine, secondo la comunità scientifica, che ricordavano la storiella di Dracula all’Avis.

“Gli organismi plurali servono a contenere idee differenti”, risponde al Foglio Lollobrigida, big di Fratelli d’Italia nonché capodelegazione del partito di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi.

Allora, ministro, sono veri i retroscena secondo i quali voi della Fiamma magica avreste masticato amaro per la scelta “autonoma e non condivisa” di questo ministro tecnico che indicaste ai tempi della formazione del governo.

“Le dico questo. La storia insegna che non sempre il pensiero scientifico dominante è quello giusto. Lo è statisticamente, ma lasciare spazio a tesi diverse e non soffocarle è la strada maestra”.

Se i vertici di Fratelli d’Italia sconfessano così Schillaci, il ministro può stare renzianamente sereno?

“Beh, ora gode di ampio consenso anche tra le opposizioni a quanto ho letto”, punge ancora con perfidia Lollobrigida, riferendosi ai bene, bravo, bis arrivati in queste ore dal Pd nei confronti dell’ex rettore dell’Università di Tor Vergata per questa scelta così forte e dirompente.

In effetti, ministro Lollobrigida, Schillaci sembra più difeso dalle opposizioni che da voi di FdI, per non parlare della Lega.

“Questa è certamente una esagerazione. Anche Forza Italia è entrata nel fan club”.

Lei scherza, ma la vicepresidente del Senato, Licia Ronzulli, ha parlato di un “un atto di responsabilità e di tutela verso i cittadini” a proposito della revoca di tutte le nomine. Ancora Lollo in modalità AstraZeneca di FdI: “Giusto: se è per questo anche Gasparri lo ha difeso. Quindi Schillaci gode del 100 per cento dei consensi”.

Restano da capire due cose: la nuova commissione a settembre vedrà la luce o si dimetterà prima il ministro? Oppure, meglio ancora, nel dubbio Schillaci resterà dov’è e la nuova commissione non si farà?

“Sicuramente a queste domande saprà rispondere il collega, non certo io”. 

 
La distanza di Lollobrigida fa pensare ed è una mezza notizia nella notizia: nell’ultimo Consiglio dei ministri è stato proprio il titolare dell’Agricoltura a difendere, addirittura al cospetto di una scettica Giorgia Meloni, lo scudo penale per i medici proposto da Schillaci in Cdm sotto forma di ddl. La premier alla fine ha stoppato il disegno di legge in quanto impopolare in questa fase, ma l’ex cognato forse per la prima volta si è schierato dalla parte opposta rispetto a quella della leader. Nel dubbio, tutto rinviato a dopo le vacanze. Ora lo scudo serve al ministro, però.

 

Le leggende di Via della Scrofa narrano inoltre che fu sempre Lollo a scovare il rettore per portarlo nell’esecutivo nell’ottobre del 2022. Questione di curriculum dunque stima e, pare, anche in virtù di un’antica conoscenza dettata da una parentela alla lontana fra i due. E però qualcosa deve essersi rotto tra il partito della nazione e il ministro che vuole ballare da solo. A scavare nel suo staff si ritrovano usanze in voga in altri ministeri tecnici. La responsabile della segreteria di Schillaci è Rita Di Quinzio, fedelissima e amica di Arianna Meloni: è stata lei a raccogliere la lista dei nomi per la commissione poi saltata. 

   
Chi glieli abbia suggeriti è il solito mistero gaudioso. C’è chi dice direttamente Palazzo Chigi, attraverso il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari; chi suggerisce con forza Marcello Gemmato, sottosegretario di nomina ma ministro ombra di fatto nonché persona di fiducia e di svago (trascorre le vacanze insieme con le famiglie) della premier. C’è anche chi, invece, parla di una lista arrivata da parlamentari di Fratelli d’Italia. Mah.

 

L’idea che Schillaci sia un po’ circondato e controllato dal partito che lo ha indicato si sostanzia anche con un’altra nomina apicale che ha un enorme potere al ministero: Marco Mattei, capo di gabinetto, medico dei Castelli Romani e molto vicino da sempre a Lollobrigida (chi ha avuto dimestichezza con la politica romana negli anni passati lo conosce, così come conosce Rita Di Quinzio, entrata anche nel cda di Sport e Salute, la cassaforte meloniana dello sport). Prima che Lollobrigida rispondesse al Foglio, diversi big di Fratelli d’Italia riflettevano a microfoni spenti sui motivi di questo strappo di Schillaci. O meglio: di questo atto di disobbedienza. Per molti lo avrebbe fatto per evitare di avere terra bruciata intorno quando tornerà nella comunità scientifica dopo l’esperienza di governo. “Un ragionamento da rettore in virtù dell’istinto di autoconservazione”.

 

Ai piani alti del partito della premier qualcuno ipotizza anche lo scudo del Quirinale. D’altronde, nemmeno tre settimane fa, durante la cerimonia del Ventaglio, Sergio Mattarella ha ricordato l’importanza dei vaccini difendendo l’Oms e bacchettando, alla sua maniera senza citazioni dirette, il governo italiano che si è ritirato dall’accordo pandemico globale, seguendo l’esempio dell’America trumpiana. Di fatto, Schillaci in questo momento è solo ma resta in sella, aiutato dalle crisi internazionali a cui la premier cerca di trovare un vaccino che funzioni. Per ora, intanto, ci sono le punture di Lollobrigida. Zac.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.