L'intervista

“Regionali? Centrodestra compatto. E Fontana in Veneto, perché no”. Parla Lupi

Francesco Gottardi

Il leader di Noi moderati non scarta l’opzione di un profilo istituzionale leghista (come il presidente della Camera), per il futuro della regione più contesa dalla coalizione. “Sceglieremo in nome dell’equilibrio. Come sempre, dappertutto”. E sul pluralismo nel centrodestra: “Salvini fa il Salvini, noi facciamo il nostro”

Serenissima coalizione. “Ci siamo sempre dati un metodo e tale sarà riconfermato. Pure in Veneto”. Cioè? “Rafforzare l’unità politica del centrodestra e mantenere l’equilibrio fra gli alleati”. Eppure i leghisti non mollano, i meloniani cercano spazio, i forzisti spingono per archiviare l’epoca Zaia. “Ma no, ma no. Siamo ancora in fase di dibattito. Arriveremo a una sintesi, sicuro: non ci saranno fughe solitarie. Né tensioni da distendere, perché tutto procede nella massima serenità”. Da buon leader “della quarta gamba”, Maurizio Lupi tiene fede al nome del suo partito. E dunque modera: “Abbiamo tutto il tempo per comprendere e conciliare le legittime istanze di ciascuno. Ma come sempre consolideremo la proposta politica della coalizione. In tutte le regioni sceglieremo le persone giuste, secondo la strategia della compattezza”. Per esempio? “Sicuramente non un civico”. Quindi un politico. Magari un profilo al di sopra di ogni sospetto? Istituzionale e leghista, a cui gli altri non potrebbero dire di no? A pensarci bene Lorenzo Fontana, il presidente della Camera, è veronese. “In Veneto ci sono tantissime figure autorevoli. E certamente Fontana è una di quelle”. Bingo.

   

Lupi glissa, non si spinge oltre le suggestioni. Preferisce rimarcare le ragioni fondanti di questo equilibrio (o stallo, fate voi). “Ricordo bene la discussione fatta a suo tempo insieme al Cav., per cedere il Veneto alla Lega quando allora era il PdL ad avere più voti”, specifica il deputato. “Ma si scelse di affidarlo al Carroccio proprio per rafforzare l’alleanza: oggi si ragiona allo stesso modo”, cioè lo fanno FdI e Forza Italia. Al contempo Lupi sottolinea che “questi 15 anni di Zaia non si possono dimenticare. E richiedono continuità amministrativa”, la mano tesa al Doge uscente. “È e rimane una risorsa per tutti, ma il tema della lista Zaia riguarda la Lega e Salvini: dovranno decidere loro se presentarla”. Più colomba di così.

 

E a chi fa notare che l’estate sta finendo, e un nome ancora non c’è, non soltanto in Veneto, il capo di Noi moderati replica: “Ognuno pone le proprie aspettative e candidature. Poi si aspetterà la sintesi. E la sintesi della sintesi la dovrà fare Giorgia Meloni”. Tempistiche verso le regionali? “Nelle prossime settimane ci concentreremo sulla presentazione delle liste. Certo per i candidati presidenti non possiamo aspettare metà ottobre: entro inizio settembre ce li avremo”. L’unico dato per certo, che emerge anche da questa chiacchierata, è Alessandro Tomasi in Toscana – sindaco di Pistoia, in quota FdI. “La sfida sarà più difficile laddove non governiamo: anche in Puglia, in Campania. Poi ci sono le Marche e la Calabria da riconfermare, due realtà dall’importante valore politico. In questo contesto il Veneto non ci dà preoccupazioni”. Vittoria in tasca a prescindere. “È una roccaforte che amministriamo da sempre. E sapete una cosa?” Prego. “La stabilità politica delle regioni è la stabilità politica del paese. Sul piano nazionale abbiamo una sfida che dal ’94 a oggi nessuno ha mai realizzato: un bis del centrodestra, per dieci anni di continuità al governo che cambierebbero la lettura politica dell’Italia. Storicamente simbolo d’instabilità”.

   

Lupi illustra la ricetta. Ma talvolta le anime all’interno della coalizione si manifestano diversissime: pensare ai recenti fatti di cronaca, ai campi rom di Milano. “Salvini fa il Salvini e noi facciamo il nostro. Nulla di particolare”, continua l’ex ministro. “E la tragedia di questi giorni imponga la riflessione: cose del genere non devono essere tollerate. È un episodio che fa emergere il dramma, ma lo stesso dolore bisogna provarlo per quei quattro bambini abbandonati dalla famiglia e dalla società. Ancora oggi, nel 2025, in luoghi dove la società e l’educazione non esistono, ci vogliono di pari passo accoglienza e sicurezza assoluta”. Da milanese, Lupi ne parla con rammarico. “Sono cresciuto a Baggio, conosco bene la situazione dei campi nomadi. Guai però a pensare che la soluzione sia uccidere la ricchezza di Milano: questa città è sempre stata un’eccellenza internazionale, capace di valorizzare le sue risorse, attraendo investimenti e innovazione. Al contempo non espelle, e deve continuare a non farlo: dalla ricchezza si genera ricchezza, opportunità per tutti. E non si deve avere paura di rivendicarlo. Su questo l’arcivescovo Delpini è stato eccellente”. La critica, manco a dirlo, è alla giunta Sala. “Se si trasmettono insicurezza e precarietà, è perché la politica ha il compito di guidare Milano nel suo percorso: finora non l’ha fatto abbastanza. Per illustrare un piano di sviluppo ci vogliono coraggio e chiarezza. Altrimenti si presta il fianco alle tempeste, come l’inchiesta sull’urbanistica. Dunque più politica”. Città, regioni, paese? “Sempre”.