(foto Ansa)

Il colloquio

Lotoro, animatore della comunità ebraica: “Le chiavi di Bari a Francesca Albanese meritano solo indifferenza”

Gabriele De Campis

Il musicista e ricercatore: "L'onoreficenza alla relatrice Onu? Non soprende. C'è un clima da 1938"

La mia è una totale, glaciale, indifferenza verso Francesca Albanese. In-dif-fe-ren-za”. Francesco Lotoro, musicista e ricercatore, tra gli animatori della comunità ebraica pugliese, commenta con amaro distacco la consegna delle chiavi della città di Bari alla relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, sanzionata ora dagli Usa per le posizioni espresse su Israele. Nel capoluogo regionale il sindaco Vito Leccese, già deputato dei Verdi e braccio destro di Decaro, l’ha insignita con il riconoscimento municipale, mentre davanti al Teatro Piccinni c’erano due presidi, uno dei Pro Pal e uno con militanti di centrodestra che hanno considerato questa cerimonia “fortemente divisiva”. La Albanese, nel suo intervento, ha ringraziato per la solidarietà ed è tornata a soffermarsi sui “crimini di guerra” in corso a Gaza.

“Queste chiavi – ha dichiarato Albanese – sono simboliche ma le sanzioni americane non sono un atto simbolico. Creeranno il congelamento di tante mie relazioni, sono tecniche di intimidazione mafiosa, a cui so come reagire”. Ha anche invitato a creare una sorta di embargo contro Israele: “La Regione Puglia può essere la prima a farlo: serve un’ordinanza che ricordi ai cittadini l’obbligo di non ospitare più prodotti made in Israel”. Poi ha partecipato a un evento nel Teatro Kursaal, con il governatore Michele Emiliano (già promotore di una mozione per “interrompere ogni rapporto di qualunque natura con i rappresentanti istituzionali del Governo israeliano”). 

Lotoro, docente al Conservatorio di Bari, spiega al Foglio che non c’è da essere sorpresi: “Sono nato nel 1964, il clima è da 1938. Non ci sarà però un 1943. Non ci sarà una débâcle dell’ebraismo, Israele non lo permetterà”. Resta un po’ di delusione per l’atteggiamento della sinistra italiana e di quella barese: “Ho un legame fortissimo con la città, ma la politica ‘si consuma’ in questa maniera: c’è uno schieramento a sinistra pro Palestina, con Pd e 5S. Questo è il trend, non sorprende che un sindaco come Leccese, espressione di quell’area, prenda iniziative così. Ai tempi della leadership di Walter Veltroni o quando c’era in parlamento Emanuele Fiano i dem avevano altre sensibilità. Qualcosa è cambiato, che mi sono perso. A Bari e in molti comuni sul municipio c’è la bandiera della Palestina, quella di Israele non è mai stata esposta”.

Tornando alla giornata barese della Albanese: “Se mi venisse detto che le danno la laurea honoris causa, oltre un certo livello di amarezza non riesco più ad andare. Faccio il musicista, da 40 anni sono impegnato a dimostrare cosa sia accaduto nella Seconda guerra mondiale e quello che non deve più accadere. Ormai il 7 ottobre è stato completamente sdoganato, la tragedia della Germania nazista di fatto bypassata. C’è una lettura approssimativa di quello che avviene a Gaza che sopravanza tutto. Il mio è un sentimento personale, ma immagino sia lo stesso del contesto ebraico della Diaspora”.

Per il maestro Lotoro “c’è una vulgata che ha un impatto nel contesto sociale: si può dare quello che si vuole alla Albanese, poi ci sono le bandiere e i canti ‘free Palestine’. Si respira un’aria assurda, che nasce da un ‘antisemitismo benaltrista’. Lo spiego meglio: è una corrente di pensiero che non nega la realtà storica della Shoah, ma poi mette acriticamente Israele sul banco degli imputati, rifacendosi a fonti non attendibili, mai verificate, o alterate in partenza. Viviamo con un rullo di notizie che parte dalla mattina avvelenando il nostro caffè, e prosegue con la stessa linea fino ai tg della notte”. 

Formula poi quasi un appello: “Bisogna riflettere sulla necessità di superare una lettura unilaterale dei fatti, è necessario invece comprendere la reazione legittima di uno stato sovrano, Israele, circondato da sette paesi nemici, che prova a difendersi. Se non ci facciamo le domande necessarie, la dinamica dello sguardo sulla realtà risulterà alterata. Che contributo posso offrire? La mia missione musicale – per il recupero degli spartiti creati dall’apertura di Dachau del 1933 fino alla morte di Stalin nel 1953, anni in cui è successo di tutto –  è un quotidiano impegno nel ripetere e invocare un ‘mai più’, contro tutte le discriminazioni. Questa musica, oggetto della mia ricerca, non ha salvato quegli uomini allora barbaramente reclusi, ma può salvare noi”. 

L’auspicio finale del musicista e ricercatore contiene un barlume di speranza e di fiducia in un prossimo cambio di rotta: “C’è un essere ebreo prima del 7 ottobre e un essere ebreo dopo il 7 ottobre. Attendiamo che tutta questa quotidiana delegittimazione possa finire e gli ostaggi possano tornare a casa. Gli stessi stati arabi, non l’Europa ipocrita con sé stessa, hanno intimato ad Hamas di rilasciare gli ostaggi, fotografati come scheletri che richiamano le peggiori tragedie del novecento, e di farsi definitivamente da parte. Ci sono anche segnali positivi, che dobbiamo cogliere”, conclude Lotoro.

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