
Il caso
Dazi, Meloni a von der Leyen: "Dalla Ue aiuti alle imprese senza toccare il Pnrr". E cerca l'asse con Merz
Telefonata tra la premier e la presidente della Commissione Ue dopo l'accordo con Trump. L'Italia cerca di allinearsi alla Germania. Domani Giorgetti alla Camera. Opposizioni unite contro la presidente del Consiglio: "Ha svenduto l'Italia agli Usa"
Si deve guardare da Matteo Salvini, ma anche da Emmanuel Macron. Entrambi, seppur da prospettive molto diverse, critici con l’esito del negoziato portato avanti e concluso da Ursula von der Leyen sui dazi. Politica interna e politica europea: ecco i due fronti di Giorgia Meloni rientrata ieri a tarda notte dalla missione africana in Etiopia. La premier definisce “sostenibile” l’intesa scozzese che cade in Italia come una doccia gelata. E spera di poterla ancora spuntare sulle esenzioni sui prodotti agricoli e dice di non avere ancora tutti i dati chiari. Anche per questo motivo al momento non pensa di cedere alle richieste delle opposizioni che la reclamano in Aula prima della pausa estiva. Intanto domani è atteso alla Camera per il question time il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti. E forse sarà questo il primo momento, e forse l’unico, di confronto tra governo e opposizioni. A meno che a sorpresa Meloni non decida di convocare i leader della minoranza a Palazzo Chigi. Ipotesi al momento più che remota.
In questo labirinto Meloni sembra aver trovato una sponda, o almeno così fa sapere, nella Germania. Gli indizi portano infatti al cancelliere tedesco Friedrich Merz secondo il quale l’accordo è riuscito a evitare “un conflitto commerciale che avrebbe colpito duramente l’economia tedesca orientata all’export”, in particolare l'industria automobilistica. Merz, a caldo, sottolinea che la Germania e l’Ue si battono per un “commercio mondiale libero ed equo” e che continuerà a sostenere “la riduzione dei Dazi e delle barriere commerciali” anche per i negoziati su ulteriori accordi di libero scambio, “in particolare con i paesi del Mercosur in Sudamerica”. La linea di Berlino di un’intesa comunque decente perché in grado di evitare un’escalation viene accolta e ripetuta, con toni meno enfatici ma sostanzialmente simili, anche da Roma. Anche se tutto cambia e oscilla perché Merz in serata corregge il tiro e parla di “danni sostanziali” all’economia del suo paese.
E qui si nota la differenza di approccio con la Francia di Macron, critico sul punto di caduta della trattativa fin dalle prime ore di lunedì con parole definitive soprattutto nei confronti di von der Leyen. Questa è la reazione delle principali cancellerie europee ancora scosse come i cavalli del Palio di Siena dalle mosse Usa, poi adesso inizia il bello, si fa per dire.
Sull’areo che da Jimma l’ha riportata in patria, Meloni è riuscita finalmente a sentire von der Leyen. E’ stato il primo colloquio telefonico tra la premier e la presidente della Commissione dopo la stretta di mano di quest’ultima con il presidente americano Donald Trump.
La presidente del Consiglio dopo essersi fatta spiegare i dettagli di questo 15 per cento è tornata a chiedere che Bruxelles conceda aiuti europei alle imprese colpite dai dazi, senza però intaccare i fondi del Pnrr. Per arrivare a questo scenario però occorre che la Commissione riveda i meccanismi degli aiuti di stato: questa è la richiesta italiana. Sulla web tax, invece, la posizione di Meloni è netta: la leader di Fratelli d’Italia spinge affinché resti, ma vuole che sia la Commissione europea a dirlo. Il terreno è minato per la premier, chiaro. Basta leggere la batteria di dichiarazioni delle opposizioni che le rinfacciano di aver capitolato al cospetto dell’amico Donald. Addirittura, miracoli dei dazi, anche Giuseppe Conte e Matteo Renzi sono più che allineati. L’ex premier e leader di Italia viva dice che “il ponte di Meloni fra l’Europa e l’America è crollato” e che siamo davanti a “una resa incondizionata dell’Ue al sovranismo di Trump”. Ed ecco il capo del M5s che descrive la presidente del Consiglio come “portabandiera dell’America first” a scapito “del presente e del futuro degli italiani”. Stesso concetto ripetuto anche dalla leader del Pd Elly Schlein che sottolinea la resa dell’Italia e la sconfitta dei nazionalismi subalterni a Trump. La faccenda insomma riesce a cementare tutte le opposizioni, Avs, compresa senza i soliti distinguo. Il timore di un fronte compatto agita Via della Scrofa, sede di FdI, che non a caso sceglie di rispondere solo a Schlein con una ridda di dichiarazioni sull’ “incoerenza e la propaganda del Pd”. Sul fronte interno Meloni chiede agli alleati di dare almeno una parvenza di unità dopo la nota congiunta di domenica sera. L’operazione non è facile perché alla fine Matteo Salvini scantona difendendo il governo e attaccando Bruxelles e von der Leyen, chiedendole di azzerare il Green deal. Insofferenza anche dal Carroccio anche per l’attivismo di Tajani, veloce a convocare le imprese alla Farnesina per parlare di sostegni. “Il ministro dell’Economia non è lui”, dicono dalla Lega. Al momento viene esclusa una manovra correttiva, ma servono fondi per le aziende colpite dai dazi.