Foto Ansa

la partita per il colle

Il pettegolezzo dell'estate: Meloni al Quirinale dopo Mattarella

Claudio Cerasa

Nel 2029 il voto per il nuovo inquilino del Quirinale. La partita per la successione è già aperta. Fantapolitica, ma suffragata dalla voce di quattro ministri: la premier potrebbe giocarsi qualche carta per essere il primo capo dello stato donna, e di destra

Romanzo dell’estate o solo chiacchiericcio? Scenario impossibile o percorso da costruire? Pettegolezzo impossibile o sguardo curioso proiettato nel futuro? In casi come questi l’approccio del cronista non può che entrare in modalità Massimo Troisi: come no, “mo me lo segno”. Ma quando poi le suggestioni si accavallano, le notizie si moltiplicano, le conversazioni si susseguono, la logica dello scetticismo, rispetto al grande pettegolezzo dell’estate, non può non lasciare posto alla logica del taccuino. E sul taccuino del cronista diligente, anche se un po’ diffidente, oggi c’è una data e un nome. La data è quella del 2029, quando scadrà il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale. Il nome è quello di Giorgia Meloni, anno di nascita 1977. Ma per provare a capire cosa c’entrano questa data e questo nome lì, messi insieme in modo spericolato, vale la pena fare un passo indietro e arrivarci con calma. Cominciamo dal principio, da quello che non si vede e che a volte, in politica, è persino più importante di quello che si vede. Quello che si vede, oggi, a poco meno di due anni dalla fine della legislatura, è una lenta ricomposizione dei due fronti politici.

Obiettivo, neanche a dirlo, provare a vincere le prossime elezioni. Il centrosinistra si sta organizzando per strutturare un campo largo che pur apparendo oggi molto stretto qualche possibilità di non essere perdente ce l’ha (e le regionali dell’autunno potrebbero dare alla leadership del Pd una spinta in più per essere percepita come vincente, anche se tra la percezione e la realtà c’è un mare di nome Schlein). Il centrodestra, a sua volta, sta cercando strategie politiche per provare ad arrivare alla fine del prossimo anno con qualche cartuccia utile per disinnescare le armi del campo largo: nuova legge elettorale, senza collegi uninominali che potrebbero aiutare il centrosinistra a essere più competitivo, e un referendum costituzionale, alla fine del 2026, con cui provare a ricompattare prima delle elezioni l’elettorato del centrodestra, e togliere al centrosinistra la possibilità di essere percepito come vincente. La partita di medio termine più evidente, ovviamente, è questa, ed è la partita che si vede di fronte ai nostri occhi. Ma se si spazzola con un po’ di abilità la superficie della battaglia politica numero uno si capirà con estrema semplicità che nel mondo dei partiti vi è un’altra battaglia che ha una sua centralità, che inizia vorticosamente a trovare spazio nei chiacchiericci tra i leader, tra i ministri, tra i capigruppo dei partiti, e quella battaglia ci permette di tornare ai due mondi che abbiamo provato a unire all’inizio del nostro articolo: Quirinale, 2029, Giorgia Meloni, 1977.

Il pettegolezzo lo avrete intuito: per quanto possa essere appassionante la corsa alle prossime regionali (e lo è) e per quanto possa essere cruciale, “strateggica” direbbe la premier, la corsa verso le prossime politiche, la corsa che più appassiona, con molto anticipo sui tempi, la politica nell’estate del 2025 è quella che riguarda una gara che ha come obiettivo un traguardo lontano: quello del 2029. Parlare con quattro anni di anticipo di una corsa politica provando a fare persino dei nomi per quella partita può apparire un esercizio retorico più vicino alla fantapolitica che alla politica, e in parte ovviamente lo è. Ma la ragione per cui il pettegolezzo politico dell’estate è diventato un argomento politico concreto, e non solo un pettegolezzo, è legato al fatto che lo scenario attorno al quale stiamo girando si è trasformato in un tema di cui parlano non solo i retroscenisti: lo fanno anche i ministri. E dunque eccolo il tema: Giorgia Meloni sta davvero costruendo un percorso per essere nel 2029 la vera candidata del centrodestra al Quirinale? La partita è molto, molto, molto distante nel tempo, lo sappiamo, ma le partite quirinalizie hanno bisogno di tempo per essere costruite e qualcuno, in vista di quell’obiettivo, si sta già muovendo, come per esempio sta facendo da mesi Antonio Tajani, il cui obiettivo dichiarato è quello di essere, nel 2029, il candidato numero uno del centrodestra per il Quirinale. La Lega, quella di rito non vannacciano, ha un altro sogno, ha un sogno che si chiama Giancarlo Giorgetti, che qualche carta da giocare potrebbe anche averla. Ma il dato interessante che permette di ragionare attorno al pettegolezzo dell’estate è che a credere alla possibilità di vedere una Meloni muoversi per quell’obiettivo sono anche alcuni esponenti pesanti del governo. Il Foglio non può rivelare i nomi ma in almeno quattro occasioni negli ultimi due mesi è capitato a chi scrive di parlare con un ministro che ha confermato fuori dal taccuino lo scenario. Più o meno con queste parole: non c’è dubbio che, in caso di vittoria del centrodestra nel 2027, sarebbe la prima scelta per il Quirinale. Giorgia Meloni, che avrà nel gennaio 2027 l’età per essere quirinabile, non parla di questo tema neanche sotto tortura, naturalmente, e chiunque le ponga domande attorno a questo scenario viene respinto al mittente. Ma lo scenario, per quanto inafferrabile, è più che suggestivo: il capo del governo che a fine legislatura potrebbe avere raggiunto il record di durata di un esecutivo, che dopo essere stato il primo presidente del Consiglio donna, e di destra, potrebbe giocarsi qualche carta per essere il primo capo dello stato donna, e di destra, accelerando la competizione per il futuro del centrodestra, rendendo contendibile il ruolo dell’eventuale capo di governo. I tempi sono quelli che sono, e la data del 2029 ci fa ritornare subito alla modalità Troisi, “mo me lo segno”, e le variabili che si presentano da qui a quella data sono ovviamente infinite. Ma il pettegolezzo dell’estate è qualcosa di più di un pettegolezzo. E’ un’idea. Un’idea che corrisponde a una postura. Una postura che corrisponde a una strategia. Una strategia al centro della quale vi è un romanzo politico il cui finale per essere scritto deve cominciare a essere messo a fuoco già oggi. Romanzo dell’estate o solo chiacchiericcio? Scenario impossibile o percorso da costruire? Chiacchiera frivola o sguardo curioso proiettato nel futuro? La ragione direbbe solo pettegolezzo. Le parole dei ministri però indicano qualcosa di più. Pazza idea. O forse no? Buon pettegolezzo a tutti.

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.