(foto LaPresse)

nel campo largo

L'indagine su Ricci è un test sul garantismo del Pd e sulla submission al M5s

Nessun arricchimento personale, ma accuse su vantaggi politici nei confronti dell'ex sindaco di Pesaro. Il caso apre il dibattito tra i dem su garantismo e rapporto tra politica e giustizia: ora i Cinque stelle cavalcheranno anche questa inchiesta?

Il candidato del centrosinistra alla presidenza della Regione Marche, Matteo Ricci, ha annunciato ieri di aver ricevuto un avviso di garanzia nell’ambito di un’inchiesta sugli affidamenti del Comune di Pesaro durante il suo mandato da sindaco.  E’ stato lui stesso a comunicarlo in un video pubblicato sui social: “Sono sorpreso, amareggiato ma sereno. In quindici anni non mi sono mai occupato di affidamenti pubblici, mi sono sempre fidato dei miei dirigenti. Non ho ricevuto vantaggi patrimoniali, mi si contesta un'utilità in termini di consenso politico. Non conoscevo direttamente le associazioni coinvolte”. Il riferimento è all’inchiesta che riguarda circa 600 mila euro assegnati dal Comune di Pesaro a due associazioni culturali no profit, attraverso affidamenti diretti per le più disparate attività: dalla manutenzione degli impianti idraulici all’organizzazione di feste, fino alla realizzazione di un murales in onore di Liliana Segre e del casco gigante di Valentino Rossi. Associazioni, secondo l’accusa, prive di dipendenti, senza iscrizione Inps o Inail, né al registro del terzo settore, che ricevevano i fondi attraverso determine dirigenziali, alcune delle quali – secondo gli inquirenti – riportavano motivazioni non corrispondenti alle reali attività svolte. La procura contesta il possibile reato di corruzione, e ha disposto perquisizioni e sequestri informatici. Nessuna accusa diretta di arricchimento personale per Ricci, che ribadisce: “Se un collaboratore sbaglia, il sindaco è parte lesa perché viene tradita la fiducia”.

 

Ma il caso, ovviamente, è politicamente delicato: già dal giorno dopo la convocazione delle elezioni regionali, Fratelli d’Italia è partito all’attacco parlando di “responsabilità politiche ineludibili” e accusando Ricci di non potersi sottrarre a un giudizio sull’operato della sua giunta. Fin qui i fatti, asciutti e crudi. Ma il punto politico, ancora una volta, riguarda il  Pd  e il suo rapporto con la cultura del garantismo. Non è un caso che siano spesso i sindaci ed ex sindaci – da Sala a Gori, da Decaro a Nardella – a chiedere alla segretaria Schlein un posizionamento più netto su questo terreno. Perché i sindaci sanno. Sanno che l’amministrazione quotidiana impone margini di discrezionalità che la magistratura può facilmente reinterpretare. Sanno che l’uso creativo delle fattispecie penali può trasformare un atto legittimo in un sospetto. Sanno che il combinato disposto tra l’obbligatorietà dell’azione penale, la pressione mediatica e la tempistica delle indagini può spostare gli equilibri politici senza passare dalle urne. Lo sanno, e per questo insistono. Non per difendere l’impunità, ma per difendere la politica dalla sua sostituibilità tecnica. Perché nulla è più rischioso per una democrazia che lasciare ai magistrati il compito, anche involontario, di selezionare la classe dirigente. Lo sa anche Elly Schlein, che a Milano ha difeso, pur con imbarazzo, il sindaco Beppe Sala dall’offensiva giudiziaria legata al caso dell’architetto Boeri. In quel caso, la leader del Pd ha scelto di non farsi dettare la linea dal Movimento 5 Stelle, che aveva già pronta la forca mediatica. Riuscirà a fare altrettanto nelle Marche? Saprà sostenere Ricci, almeno finché non emergeranno fatti gravi e certi, o si lascerà travolgere dal riflesso condizionato dell’imbarazzo? La posta in gioco non è solo il destino di un candidato alle regionali. E’ la maturità di una classe politica che vuole tornare a contare, anche sapendo dire: aspettiamo, verifichiamo, valutiamo. Perché garantismo non vuol dire negare la legalità, ma affermare che la giustizia, prima di essere mediatica o simbolica, deve essere giusta (e vale anche per il centrodestra, i cui esponenti locali saranno tentati, in modo scellerato, di chiedere il passo indietro di Ricci). E se il Pd vuole tornare a essere un partito di governo, deve scegliere da che parte stare: con i giustizialisti a prescindere o con i sindaci che tengono in piedi la democrazia ogni giorno, nel bene e nel male.

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