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frizzante ambiguità

La Cola sgazata delle Coop e il boicotaggio di Israele. Ma per “solidarietà”

Maurizio Crippa

Alcuni supermercati tolgono dagli scaffali i prodotti israeliani per metterci una bibita “simbolo di resistenza”, ma prodotta in Polonia. Scelte simboliche, soft drink palestinesi e fantozziano rutto libero

“Non è un boicottaggio, ma una scelta simbolica”. E già qui la bibita gasata di Gaza potrebbe far scattare il fantozziano rutto libero. Il sistema delle Coop un tempo rosse, ora Legacoop, ha da molti anni, fortunatamente, separato i suoi destini da quelli del fu Pci oggi Pd. Ognuno per sé e Dio contro tutti, diceva il vecchio Herzog. Restano semmai alcune affinità elettive, come le somiglianze tra lontani parenti o i tratti del carattere: tipo l’ambiguità nell’uso delle parole, la cara antica lingua di legno. Così, se il Pd di Elly Schlein riesce a dirsi fedele alla Nato, ma poi partecipa al corteo contro il Rearm Europe; se nega recisamente (e fa molto bene) l’indulgenza verso Hamas ma poi sfila con i proPal, allo stesso modo i supermercati ex Coop – le Coop Alleanza 3.0, la parte più grande del sistema Coop nell’area adriatica e del nordest – possono benissimo boicottare i prodotti israeliani, toglierli dai suoi scaffali in ottemperanza alle campagne Bds epperò dire, con tranquillità, che “non è un boicottaggio, ma una scelta simbolica”. L’importante è credersi sinceri.

Ma se stiamo ai fatti, per i 350 punti vendita in otto regioni delle Coop di storica affinità elettiva con la sinistra filopalestinese si tratta di togliere dalla vendita alcuni marchi di arachidi e di salsa di semi di sesamo e soprattutto quelli dell’odiatissimo marchio SodaStream. In compenso, ecco magicamente apparire sugli stessi scaffali le lattine di “Gaza Cola”. E pazienza se il logo e il colore possono farvi pensare a una amerikanissima Coca-Cola taroccata. La presenza dei colori della bandiera palestinese vi riporterà subito dalle parti del ridicolo prete che ha detto messa indossando i paramenti a mo’ di bandiera di Gaza. La frizzante bevanda non è però nuova.

La “Gaza Cola”, che “offre ai consumatori un’alternativa ‘libera dall’apartheid’ rispetto ai marchi tradizionali” è stata creata nel 2023 da un attivista palestinese, Osama Qashoo, con l’intento, tra l’altro, di finanziare la ricostruzione dell’ospedale Al Karama a Gaza. La cosa buffa, perché boicottare la parte colonialista del mondo va bene, ma la globalizzazione è una brutta bestia, è che in verità “la cola alternativa che porta la guerra nei ristoranti di mezzo mondo”, come è riuscito a scrivere il Gambero rosso, questo prodotto che è “molto più di una semplice bibita: è un simbolo di resistenza, solidarietà e ricostruzione”, frutto di “ingredienti di provenienza palestinese” viene invece prodotto in Polonia. Da lì è importata nel Regno Unito e distribuita principalmente attraverso reti palestinesi. Buon per i suoi produttori e distributori – dove passano i soft drink non passano gli eserciti, direbbe quello – ma la scelta “fortemente simbolica” di Coop Alleanza 3.0 cozza in modo rumoroso con quanto aveva scritto al Foglio, esattamente un anno fa, il suo presidente Mario Cifiello, a proposito di un “appello promosso da alcuni soci del movimento cooperativo” che invocavano il boicottaggio: “Riteniamo legittime e rispettabili tutte le scelte di acquisto – o di ‘non acquisto’”, scriveva. “Non possiamo però imporre a tutti questa linea, nella convinzione che la libertà di agire secondo i propri personali convincimenti sia in assoluto il primo valore da tutelare”. Cola, simboli e rutto libero.
 

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"