(foto EPA)

nuova fase

Salvini l'escapista. Ora che Trump forse bombarda l'Iran lui non twitta più sul disarmo. Si occupa della D'Urso

Salvatore Merlo

Negli ultimi giorni il segretario della Lega e vicepremier della Lega non parla più di pace. E i parlamentari del Carroccio riferiscono di un imbarazzo cosmico: "Matteo è in crisi". Meglio occuparsi di palinsesti

Da qualche giorno Matteo Salvini si è fatto discreto. Molto discreto. Quasi mimetico. Twitta meno (evento raro, come la cometa di Halley), non rilascia interviste, non prende posizione. La parola “pace” è scomparsa con lui. E’ come se si fosse fatto piccolo piccolo, sperando che nessuno lo interroghi. Non su tutto, ma su una questione in particolare: Trump, l’Iran, le bombe. E le basi italiane. Perché quando il tuo riferimento mondiale pensa di bombardare Teheran, e magari chiede anche una mano logistica all’Italia, ecco, il problema si pone. Specialmente se hai passato gli ultimi tre anni a parlare di disarmo. Cosa fai? Applaudi? Ti dissoci? Cambi argomento? Probabilmente, come sta facendo lui, svanisci per un po’.

Le voci, quelle che circolano a Montecitorio, tra i parlamentari della Lega, riferiscono di un imbarazzo cosmico. “Matteo è in crisi”, dice un leghista di quelli importanti, di quelli che sembrano amici del segretario ma che in realtà ne mordono il nome non appena si spengono le telecamere. “Ha puntato tutto su Trump almeno quanto ha puntato tutto sul pacifismo, si è persino comprato una cravatta rossa lunga un metro e mezzo, e ora? Se Trump bombarda, come fa a spiegare che è per la pace?”. E allora, eccolo il grande escapismo salviniano. Sparire. Non twittare, non parlare, non farsi vedere, concedersi persino alle voci (assai fondate) che lo vogliono sponsor di Barbara D’Urso in Rai. Tutto, ma non Trump. Tutto, ma non la crisi mondiale. Tutto ma, non l’Iran.   Tutto, ma non il vertice Nato del 24 e 25 giugno. Come un Houdini della politica, Salvini si è dunque dileguato, per il momento. Lasciando solo un’eco di post passati, di interviste, di lanci d’agenzia pressoché quotidiani, assieme a qualche maglietta putiniana ormai sgualcita. Ma sparire, si sa, è un’arte difficile. Soprattutto quando il tuo elettorato ti cerca, i talk-show ti chiamano e i meme su X già proliferano come funghi dopo la prima pioggia ad agosto. “Salvini dove sei?”, “forse si è perso nella Trump Tower”. Già in difficoltà dopo il litigio fra Trump ed Elon Musk, il vicepremier leghista si trova schiacciato dalla rapidità imprevedibile degli eventi e dei modelli americani ai quali vorrebbe assomigliare. Sognava di portare Starlink in Italia, per  trumpizzare la Difesa. Ma se Trump e Musk litigano, a chi dai retta? Allora meglio occuparsi d’altro. Parlare di ponti, di strade, di alta velocità, persino della D’Urso. Tanta D’Urso. Roba solida, tangibile, che non sgancia bombe che poi ti ricadono sulla testa. Forse.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.