
il simpaticone
Al sindaco di Roma Gualtieri sono sfuggiti di mano i social
Sketch su Instagram, gag su TikTok e partecipazioni ai programmi con i comici. È nata una stella: da circa un anno il sindaco della Capitale sembra aver lanciato un’operazione simpatia che ha preso una direzione imprevista. E forse incontrollata. Non amministra, ma performa
Su TikTok c’è la pagina “i cantieri di Gualtieri”. Su Instagram invece c’è quella che si chiama “Gualtieri che indica cose”. Il titolo, già di per sé, dice tutto: una specie di archetipo del sindaco di Roma in posa, tra l’occasionale discarica abusiva e l’ordinaria buca riparata, sempre con l’indice dritto, plastico, risoluto, fotogenico. Ma negli ultimi tempi Roberto Gualtieri è andato oltre l’autopromozione. Ha travalicato il Rubicone dell’autocontrollo social. Che sia “posseduto” dal suo social media manager? E’ un’ipotesi che circola nei corridoi del Campidoglio, dove non tutti hanno apprezzato, per esempio, l’ultimo sketch con cointerprete l’attrice comica Michela Giraud nella parte di una turista americana che irrompe nell’ufficio del sindaco. Lui, Gualtieri, la vede e si mette le mani nei capelli. Si alza in piedi, recita stupore, si divincola, si lamenta (“solo a Roma accadono queste cose”) e la caccia via. Una performance. Un siparietto. Una clip. Il problema, dicono alcuni, non è l’ironia. È il metapersonaggio Gualtieri.
Il sindaco infatti da circa un anno sembra aver lanciato un’operazione simpatia che ha preso una direzione imprevista. E forse incontrollata. Si moltiplicano le apparizioni, le gag da palcoscenico, le partecipazioni ai programmi comici di Valerio Lundini, i cameo. Adesso ne ha fatto uno perfino in un film. Certo, lui non è Rutelli, il sindaco piacione con l’aplomb postmoderno e lo scooter nel cuore. Ma ha trovato un’altra cifra: quella del simpaticone. Ecco. Il punto è proprio questo. Rutelli era l’epifenomeno di Albertone, il grande Sordi. Gualtieri – e basta vederlo impacciato e fintamente esaltato sul carro del gay pride – rischia di diventare lo pseudo mascherone del… frescone. Eppure è un professore di storia. Un ex ministro dell’Economia. Un uomo che in passato aveva la postura di chi studia il patto di stabilità, non i reel di TikTok. Ma oggi eccolo lì. E’ il sindaco come potremmo trovarlo in una puntata di Boris, mentre spiega alla troupe dove mettere la macchina da presa.
Roma, intanto, resta Roma. Monumentale e immobile, spettacolare e indecisa. Le buche, il traffico, i cassonetti, gli autobus che saltano le fermate. Mentre nella narrazione social, la città è diventata il set di un racconto in cui il sindaco non denuncia, ma interpreta. Non amministra, ma performa. Una volta i social servivano a documentare le cose che non andavano, a creare pressione, a segnalare i disservizi. Oggi sembrano servire a coprire, con la comicità (attenzione: del sindaco!), proprio quei disservizi. Certo, l’accusa facile sarebbe quella di populismo. Ma in realtà siamo altrove. Siamo nel dominio del pop, senza ulismo. Solo che alla fine il rischio è che il sindaco simpaticone o frescone diventi una macchietta. Anzi un macchiettone. E sarebbe un peccato. Poi sì, Gualtieri che indica cose, che recita nei film e che fa le gag nei programmi comici della tv è divertente. Tuttavia qualcuno, mentre lui fa l’attore, dovrebbe fare il sindaco.