
Giorgetti rigorista
Saldo primario, riduzione del deficit, calo dello spread, sberle alla Lega spendacciona e messaggi all'Europa sulle spese per la difesa. Il ministro dell'Economia riporta il rigore a destra
Si fa quasi fatica a ricordare, o anche solo a immaginare, che fino a qualche anno fa proponeva l’uscita dell’Italia dall’euro, criticava l’austerity imposta dall’Europa che aveva impoverito gli italiani e sognava la rottura dei vincoli europei che impedivano alle imprese italiane di competere. Ora Giancarlo Giorgetti è il volto dell’austerità: non solo difende la sua politica fiscale prudente, ma ne fa vanto.
Intervenendo alla presentazione del Rapporto sulla politica di bilancio dell’Upb, il watchdog dei conti pubblici, il ministro dell’Economia rivendica i risultati della sua politica economica morigerata. “Il deficit del 2024, inferiore alle stime del Piano strutturale di bilancio nonostante il quadro macroeconomico indebolito e l’aumento della spesa per interessi, è stato estremamente favorevole – ha detto Giorgetti –. Il saldo primario migliorato rispetto al 2023 tornato per la prima volta in surplus dello 0,4 per cento del pil dallo scoppio della pandemia”.
È dai tempi di Tommaso Padoa-Schioppa che un ministro dell’Economia non celebra così orgogliosamente un incremento dell’avanzo primario, ma Giorgetti va oltre. “Vorrei anche sottolineare che la straordinaria riduzione del deficit registrata nel 2024, pari al 3,8 per cento del pil, rappresenta una sorta di massimo storico della finanza pubblica italiana, una riduzione superiore anche a quella registrata nel 1997, alla viglia dell’ingresso dell’Italia nella moneta unica”. Insomma, meglio – o comunque sulla scia – della politica di bilancio di un certo Carlo Azeglio Ciampi, all’epoca ministro del Tesoro del governo Prodi.
“È un risultato raggiunto grazie alle scelte coraggiose del governo, volte a porre fine a misure dispendiose e inefficaci”: il ministro non nomina la parola che gli causa “mal di pancia” ma è chiaro il riferimento al Superbonus. Insomma, Giorgetti non solo pratica il rigore, ma lo rivendica.
Il ministro ci tiene a ricordare che l’Italia è in Europa uno dei pochi paesi diligenti, che rispetta le regole e non vede l’ora di uscire dalla procedura per deficit eccessivo. “Come ci ha riconosciuto la Commissione europea, l’Italia ha pienamente rispettato l’impegno in termini di spesa netta” concordati con Bruxelles. Ed è esattamente a questa gestione prudente della finanza pubblica, ricorda Giorgetti, che “ha permesso di più che dimezzare lo spread rispetto al momento in cui il governo si è insediato”. Solo pochi anni fa, nel governo Conte I, i leghisti No euro facevano impennare lo spread solo aprendo la bocca, mentre ora un ministro dell’Economia della Lega lo ha fatto dimezzare.
Sebbene, come ha ricordato la presidente dell’Upb Lilia Cavallari, il pil nel 2024 è cresciuto dello 0,7 per cento, in linea con la performance dell’anno precedente, ma per la prima volta dopo la pandemia sotto la media dell’eurozona, c’è da considerare che nel frattempo c’è stato un importante aggiustamento fiscale che non ha depresso la crescita.
Inoltre, l’occupazione continua ad andare bene e, tutto sommato, il governo riscuote fiducia non solo sui mercati internazionali ma anche nei sondaggi elettorali. Il 2025 sarà un altro anno di crescita leggera (+0,6 per cento), anche se Giorgetti ha detto che dopo i dati del primo trimestre l’obiettivo è “pienamente realizzabile e auspicabilmente superabile”. Ma senza scostamenti dalla traiettoria di consolidamento dei conti che ha come obiettivo un deficit inferiore al 3 per cento nel 2026 (uscendo dalla procedura d’infrazione) e la riduzione del debito pubblico che ora aumenta per “gli effetti di cassa dei generosi incentivi concessi negli anni precedenti” (la leggi sempre Superbonus).
Giorgetti, da discepolo postumo di Schäuble, è talmente convinto del rigore fiscale che critica l’Europa che intende far deviare l’Italia dal percorso di rientro. Il tema è quello della difesa. Il ministro dell’Economia dice che l’Italia già rispetta il target del 2 per cento della Nato, ma che per gli eventuali aumenti di spesa l’Italia non intende e rinunciare all’equilibrio dei conti, compromettendo i risultati ottenuti finora. Da un lato il ministro rilancia la proposta italiana di una garanzia multi-tranche sul modello InvestEu per mobilitare i capitali privati, evitando di appesantire i bilanci pubblici. Dall’altro, ha ribadito che l’approccio alla questione della Commissione europea non deve essere “asimmetrico”: “Qualsiasi sia l’obiettivo che ci daremo, data la notevole entità degli investimenti da realizzare e la loro natura di bene pubblico, è auspicabile fare leve innanzitutto sul bilancio dell’Unione”.
Su questo il ministro dell’Economia non è solo. Pochi giorni fa, nelle sue Considerazioni finali, il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha criticato la proposta per la Difesa della Commissione Ue, basata su fondi nazionali e prestiti anziché risorse comuni, che “rischia di accrescere le disuguaglianze tra paesi e di ridurre l’efficacia della spesa (l’asimmetria di cui parla Giorgetti, ndr). Occorre invece – aveva detto Panetta – un programma unitario, sostenuto da debito europeo”. La linea dell’Italia sulla difesa europea, che è un bene comune, è quella degli Eurobond. Non piacerà ai paesi del Nord, ma è una proposta che Giorgetti può portare avanti in maniera credibile. Proprio perché fatta in nome del rigore.