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Dopo le amministrative

Arturo Parisi: "Uniti si vince. Ma per il campo largo il vero problema è Conte”

Ruggiero Montenegro

Schlein insiste sulla linea testardamente unitaria. "Direi meglio ‘testardamente assiemista’. Una condizione senza la quale non ci si può mettere neppure in cammino. Vincere però non vuol dire governare". Le ambizioni dell'ex premier? "Il nodo politico prioritario resta la ridefinizione del rapporto tra il M5S e il Pd". Colloquio con l'ex ministro e ideologo dell'Ulivo

Silvia Salis a Genova, Alessandro Barattoni a Ravenna. Il campo largo a trazione Pd, quando è davvero largo, vince.  “E la lezione è sempre la stessa, che si ripete  da più di trent’anni: solo assieme si vince, solo uniti si governa”. Ne è convinto Arturo Parisi. “Me lo faccia ripetere, a partire dalle uniche due occasioni a livello nazionale nelle quali, sotto il segno dell’Ulivo e con Prodi, il mio campo assieme vinse e poi diviso cadde”. Il professore ed ex ministro della Difesa, che  di quella coalizione vincente fu l’ideologo, parla al Foglio all’indomani delle amministrative.  Dopo i successi di lunedì, Elly Schlein (e non solo) ha mostrato un certo entusiasmo, intravedendo, forse, crepe nella maggioranza. “L’entusiasmo è certo troppo”, invita alla cautela Parisi. “Ma seppure Genova e Ravenna erano vittorie annunciate, in due città  di tradizione rossa, sia  per la misura netta del risultato totale e che per quello di partito, la soddisfazione ci sta. Come ho detto però, vincere non equivale a governare”. 

Parisi sottolinea quindi gli sforzi del Pd e un esito che,  anche  per le proporzioni, non era scontato:  “Si fa in fretta a dire: assieme. Ma poi mettere e tenere assieme un gruppo anche solo  per una fotografia  è lavoro e fatica. Lavoro e fatica giustamente premiata”. 

In attesa dei ballottaggi, il Pd è stato la  forza trainante, perno di  coalizioni larghe, da Conte a Renzi e Calenda. E’ uno schema  replicabile a livello nazionale? “Nel suo momento elettorale la politica è essenzialmente competizione. E come in ogni competizione prima del gioco stanno le regole. Comunali e regionali col loro impianto di tipo presidenziale sono guidate da regole profondamente diverse da quelle degli altri sistemi che coesistono e danno forma al nostro sistema politico: quello nazionale e quello europeo”. C’è insomma un tema di legge elettorale, che potrebbe cambiare lo scenario. Schlein in ogni caso tira dritto, “testardamente unitaria”, nella convinzione che sia questa l’unica strada per arrivare a Palazzo Chigi. “Direi meglio ‘testardamente assiemista’. Una condizione senza la quale non ci si può mettere neppure in cammino. Arrivare è tuttavia un’altra cosa. Reggere poi al governo ancor di più”.

Si vedrà, ma intanto  l’altra faccia delle recenti vittorie del centrosinistra è un M5s che continua a incidere poco sui territori. A Ravenna ha preso circa gli stessi voti di Avs, intorno al 4,4 per cento. A Genova invece Bonelli&Fratoianni (6,9) hanno superato Conte, fermo al 5,1 per cento. E anche dove ha corso in solitaria il M5s non ha ottenuto cifre entusiasmanti. “La divaricazione profonda tra il risultato locale e nazionale del M5S non è una novità, né le sue cause ignote. Ma nonostante l’assenza di radicamento rappresenti una minaccia per il futuro dello stesso Movimento, l'incomparabilità tra i numeri dei due partiti a livello locale spinge Conte ad accentuare e radicalizzare la competizione nazionale col Pd, in funzione dei sondaggi e in vista del voto politico”, spiega Parisi con un piccola annotazione: “Tuttavia se il Pd reagisse rivendicando il primato e su questa base la indiscutibilità della guida dell'alleanza, il rapporto tra i due partiti non potrebbe che peggiorare, mettendo a repentaglio tutto il campo”.

Così Conte  continua a smarcarsi, con l’obiettivo di tornare a fare il premier. Ambizione legittima, ma che può forse rappresentare un problema per il campo largo. “Un problema? Il problema!”, dice Parisi. “E’ l’ostacolo principale per chi immagina di poter trasferire a livello nazionale la vittoria della Salis di turno”. 

I riformisti hanno avuto un ruolo in queste amministrative, mentre ciclicamente cerca di organizzarsi anche il mondo cattolico. Per battere la destra è necessario anche l’apporto di queste due componenti? “Lasciamo da parte il contributo del ‘mondo cattolico’ che richiederebbe una analisi del tutto distinta”, si smarca Parisi.  Quanto ai riformisti invece, per capire meglio, bisognerà aspettare “almeno fino a quando conosceremo la nuova legge elettorale che Meloni sta cucinando. Fino a nuovo ordine – conclude il professore –  il problema politico prioritario, con conseguenze sistemiche sull’intero campo, resta quello della ridefinizione del rapporto tra il M5S e il Pd, che del Movimento fu all’origine il principale nemico e resta ancora il principale avversario”.
 

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