
L'intervista
Giachetti: "Il minuto di silenzio di Conte per Gaza? Una farsa. Ha fatto bene Meloni a rimanere seduta"
M5s, Pd e Avs in piedi per Gaza. I deputati di Italia Viva e Azione rifiutano l'invito di Conte e restano seduti. "Io non mi alzo perché me lo chiede Conte", dice l'onorevole Giachetti (Iv). Che poi aggiunge: "Voleva solo mettere in difficoltà la premier, che per prassi non può alzarsi in piedi"
Roma. Venticinque anni in Parlamento, membro del partito Radicale e, oggi, deputato di Italia viva. Cosa pensa l’onorevole Roberto Giachetti dell’ultimo premier time? E, soprattutto, perché il suo partito – ossia il partito di Renzi – come pure Azione di Carlo Calenda non hanno accolto l’invito di Giuseppe Conte, martedì, ad alzarsi in piedi per le vittime civili a Gaza? “Non mi alzo in piedi perché me lo dice Conte”, risponde secco Giachetti. Al quale facciamo notare, però, che l’immagine restituita è quella di un’opposizione balcanizzata. M5s, Pd e Avs da un lato, Iv e Azione dall’alto. “Certo. Ma è questione di metodo, innanzitutto. Mi spiego”. Prego. “Normalmente, quando si verificano azioni di questo tipo, e cioè commemorazioni e minuti di silenzio, è perché c’è un lavoro dietro. Normalmente, non sono gesti estemporanei o spontanei. Dimostrazioni che qualcuno s’inventa lì per lì e che gli altri seguono come pecore. Piuttosto, si tratta di azioni che si concordano con la presidenza della Camera, che preventivamente avvisa i deputati”. Conte non aveva avvisato? “Conte, all’improvviso, mentre parlava, ha esortato il governo ad alzarsi in piedi. E però io come altri, in quel momento, potevo essere in altre faccende affaccendato. Potevo non esserci, per mille motivi. Potevo non saperlo. Ed essere quindi ripreso da seduto. Perciò dico che non mi alzo perché lo decide Conte”.
Il suo è stato un coup de théâtre? “Più che un coup de théâtre, è stata una furbizia. Anche perché i question time…non vorrei dire che sono una farsa…ma sa…”. Cosa? “Spesso sono solo una presa per il culo”. Addirittura. “Sì. E il premier time ne è una quintessenza”. Nel senso che è tutto meticolosamente programmato? “Nel senso che non c’entrano niente con i question time anglosassoni, dove l’improvvisazione è la regola. Da noi sono palcoscenici televisivi. Le domande vengono depositate e spesso chi risponde ha già un testo scritto”. All’incirca come in un talk show. “A maggior ragione, tornando a Conte, invocare il momento di silenzio a sorpresa, e dunque eludere la prassi, è solo un modo per mettere in difficoltà la presidente del Consiglio. E’ scorretto. Tra l’altro il governo, salvo i rari casi di commemorazioni gestite dal presidente della Camera, non si alza mai in piedi. Da quei banchi, di regola, non si dovrebbe neanche mai applaudire. Insomma Conte voleva mettere in difficoltà Meloni, ma ha messo in difficoltà tutti”.
Al di là degli evidenti temi di metodo, ci sono questioni di merito per le quali dagli scranni di Italia viva non si è alzato nessuno mentre, Cinque stelle, Pd e Avs hanno accolto l’invito di Conte? “Io ho grande attenzione per quello che succede a Gaza, ma ripeto: non mi alzo per principio se me lo chiede Conte. Dopodiché ho anche rispetto per la politica internazionale di Meloni. E mi sembra che per la prima volta la premier abbia fatto un passo in più, criticando esplicitamente Netanyahu, esponendosi nei suoi rapporti diplomatici”. L’indignazione di Conte era perciò pretestuosa? “Era fuori contesto. Il suo era un gesto non programmato cui è seguita un’indignazione programmata. E fuori fuoco. Aggiungo poi che nessuno dei deputati intervenuti ha ricordato il 7 ottobre. E cioè l’origine del conflitto in corso”.
A proposito di colpi (e costumi) di scena, cosa pensa del “fantasma” Riccardo Magi? “Il gesto improvviso di Magi ha tutt’altra valenza. E’ stato un gesto di protesta, pannelliano. Contro il servizio pubblico che oscura, o trascura, il referendum imminente. Capisco che chi sia estraneo alla cultura radicale si indigni. Ma io l’ho apprezzato. Mi ha ricordato altre cose”. Altre cose e altri tempi? “Sì”.