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Editoriali
Lo spread di Salvini
Nel Conte I le sue uscite sull’euro agitavano i mercati, ora li fanno sbadigliare: la perfetta misura di quanto conti politicamente oggi il leader della Lega
Negli ultimi tre mesi, abbiamo visto quanto i mercati siano sensibili alle dichiarazioni dei politici: a ogni annuncio di Donald Trump sull’introduzione, sospensione, riduzione o esclusione di dazi, gli investitori hanno reagito in maniera immediata facendo affondare o impennare le quotazioni valore dei titoli azionari, i rendimenti delle obbligazioni del Tesoro o il valore del dollaro. L’Amministrazione Trump, è per noi italiani, una sorta di déjà vu su scala globale di ciò che è stato nel 2018-19 il governo Conte I. A ogni versione del “contratto di governo”, a ogni dichiarazione sulla volontà di infrangere le regole del Patto di stabilità o che evocavano l’uscita dall’euro da parte dei due vicepremier Di Maio e Salvini lo spread si impennava. A far ballare i titoli di stato erano anche le dichiarazioni degli uomini fidati di Matteo Salvini, sostenitori della linea no euro, come Claudio Borghi e Alberto Bagnai (paragonabili adesso agli ultrà trumpiani dei dazi Howard Lutnick e Peter Navarro), mentre il ministro Giovanni Tria cercava di dispensare buonsenso (un po’ come fa il segretario al Tesoro Scott Bessent). L’aspetto nuovo, almeno l’Italia, è che qualcosa è cambiato.
Nei giorni scorsi, dopo che l’Europa ha chiesto all’Italia di ratificare la riforma del Mes, Salvini e i suoi scudieri Borghi&Bagnai hanno pronunciato dichiarazioni incendiarie, chiedendo l’uscita dell’Italia dal Mes: una decisione che – per la funzione cha ha il Mes nell’architettura dell’Eurozona – sarebbe il preludio all’uscita dall’euro. Stavolta però lo spread non si è impennato, anzi è sceso a 100 punti. Eppure Salvini è vicepremier del governo Meloni e leader della Lega, esattamente come all’epoca del governo Conte. Come mai non c’è stato alcun effetto sullo spread? Gli investitori erano forse distratti dai dazi di Trump o dall’elezione di Leone XIV? La realtà, più banale, è che l’indifferenza dei mercati è la perfetta misura di quanto conti politicamente oggi Salvini: nemmeno un punto di spread.