Il caso

La lunga marcia di Arianna Meloni verso la candidatura in Parlamento

Simone Canettieri

Le mosse della sorella della premier, ormai dirigente apicale di Fratelli d'Italia e sempre più esposta. Dicono dal partito: "Si sta allenando per l'ultimo salto"

Nessuno nel partito può dirle di no e lei, da politica navigata,  si schermisce e forse schernisce gli altri: “Faccio quello che mi dice il partito”. Tuttavia, seppur con passo da  maratona, l’idea che Arianna Meloni si candidi alle prossime politiche è data, da chi le sta vicino, come “più che possibile”. D’altronde la sorella maggiore della premier ed ex compagna del ministro Francesco Lollobrigida dopo una ventennale gavetta  dietro le quinte, negli ultimi due anni ha fatto un notevole salto  nel cerchio di fuoco. La svolta nell’agosto 2023: quando, come rivelò il Foglio, diventò responsabile della segreteria politica e del tesseramento. Da quel momento, sconfiggendo la proverbiale timidezza, Ary è uscita allo scoperto. Nell’aprile dello scorso anno, a Viterbo, il debutto in un comizio per le europee e poi via a tutto gas: tour elettorali, panel ad Atreju, convegni, fino alle uscite di sabato a Firenze per parlare di cultura e destra e lunedì a Verona.  
Quando Arianna si muove fa titolo. Quando non c’è Giorgia, ma c’è lei i militanti – che la conoscono – la prendono bene: “Andate avanti e salutatecela tanto!”. Come chi? Lei. Nel mercato elettorale la sua figurina vale un Urso e trequarti, tre Malan, tre sottosegretari messi insieme, cinque viceministri. Per un  direttore, un suo virgolettato è un’apertura di pagina e un’intervista, poi, finisce dritta dritta in prima. Dunque nel nuovo Parlamento che eleggerà il futuro capo dello stato ci saranno due Meloni al prezzo di una? In Via della Scrofa – dietro la promessa dell’anonimato per non finire in una risaia nelle Filippine – annuiscono: regolare, bambolo, ma io non ti ho detto nulla. E fanno ragionamenti di questo tipo: l’attivismo pubblico di Arianna porterà a questo scenario, e non c’è  niente di strano vista la selezione degli altri partiti, ormai è uno sbocco naturale. Magari con una legge elettorale con le preferenze sarebbe ancora meglio: un’ulteriore legittimazione contro le accuse di familismo.
La sorella d’Italia, si sa, è discreta  quanto influente nelle logiche interne di FdI e nelle relazioni esterne (per pranzi di emergenza c’è sempre un tavolo riservato in una saletta in fondo al ristorante Laganà in via dell’Orso o alla Campana del deputato Paolo Trancassini). 
Sulla carta Arianna Meloni non amerebbe la ribalta, ma si sta allenando per questa. E soprattutto, secondo una vulgata nota dentro FdI, ricopre un ruolo dirigenziale fondamentale e non sostituibile, poco compatibile con altri impegni. Dal suo ufficio, che fu quello di Giorgio Almirante, rappresenta come, nel romanzo di Gogol’, il naso di Giorgia. Ma anche le orecchie e soprattutto gli occhi, anche davanti all’intraprendenza di dirigenti storici della generazione Atreju.
Si parla di Arianna Meloni perché nel partito si parla già, nei capannelli, delle prossime candidature, nonostante manchi un’èra geologica alla fine della legislatura: due anni, appunto. L’ipotesi voto anticipato resta una chiacchiera da Transatlantico senza appigli nella realtà. Di sicuro però Meloni, Giorgia, sa che il prossimo giro sarà fondamentale perché dalle urne uscirà la maggioranza che potrà dare le carte per eleggere il nuovo capo dello stato (il cui secondo mandato termina nel 2028). Non è mistero che la premier ambisca a un nome che spunti del suo humus politico. Il toto-Quirinale può sembrare impertinente e prematuro, tuttavia è già iniziato tra Roma e Bruxelles. 
In questo caos calmo ecco la lunga marcia di Arianna che potrebbe risolversi in un vertice a tre. In una chat, questa sì interessante e fatale, che si chiama “Io, mammete e tu”. Giorgia, Arianna e la mamma Anna.
Simone Canettieri

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.