Il ritratto

Bel Ami in via XX Settembre: l'irresistibile ascesa di Francesco Soro ai vertici del ministero dell'Economia

Simone Canettieri

Da Rutelli a Malagò (con violenta rottura) fino alle braccia di Giorgetti: il trionfo del generone romano pronto a sedere sulla poltrona che fu, per metà, anche di Draghi

Tana. Nemmeno il tempo di scaricare la batteria del cellulare a forza di telefonate e messaggi che subito veniamo scoperti. Giovedì: al calar della sera, con Papa Leone XIV già eletto, siamo arrivati ​​da un'altra fumata bianca. E' quella del comignolo di Francesco Soro. E' pieno di amici trasversali, accidenti. Ovunque: politici, giornalisti, nei ministeri, nelle casematte del potere. E poi Rai, enti, cda. Una fonte amica ci avvisa: “Occhio, sa che state lavorando su di lui”. Pizzicati col sorcio in bocca. Ci sta. Roma d'altronde è anche, e soprattutto, questo: un pissi pissi che rimbalza dal giornalismo alla politica, passando per i mejo circoli in riva al Tevere (e non solo) e ritorna nella città montecitoriale dei ristoranti fino a piombare, la domenica, nella tribuna Monte Mario (o Tevere in questo caso) dell'Olimpico: daje, mi rimedi un biglietto per il match? Superiore.


Vaste program: raccontare l'ascesa pazzesca di questo aitante e capace figlio di Roma Nord ai vertici di via XX Settembre, dove si trovano i cordoni della borsa, dove prima c'erano ritualità accademiche di grandi professori, con corti e discepoli, destinate a una rassicurante autoconservazione per la gente comune. Questa nomina fa discutere: forse rompe equilibri, così come è stato per quella di Daria Perrotta, prima donna a capo della Ragioneria dello stato. Ma anche di più. Voci dalla tecnostruttura di via XX Settembre con la calcolatrice fra i denti: “Non gli faremo toccare una palla, lo aspettiamo”. Nei Palazzi che contano non si parla d'altro. C'è un pezzo di deep state e manager della finanza e dell'economia un po' perplesso: "Soro? Certo che lo conosco, chi non lo conosce? Vedremo, ho preso tanti aperitivi con lui in questi anni, questo sì, affabile, ma…". C'è anche un pezzo di politica, perfino ex ministri dell'Economia, che ci confessa: "Piano con le critiche preventive, ormai l'andazzo è questo. Il problema semmai è la scomparsa della programmazione economica finita a Palazzo Chigi, dunque la concezione propria del ministero, a servizio della politica e non più regolata da un contrappeso tecnico".


Filo conduttore e titolo proposto: un generone al Mef. Le fenomenologia di una razza padrona e rampante all’ombra del Cupolone che scala qualsiasi posizione con il sorriso, con il modo di fare. Tartina e leggina, relazioni e bacioni, con una rubrica telefonica da far invidia alla Batteria del Viminale ma anche a Lucio Presta. Bel Ami? Forse sì, ma chi non lo è? Questo è il filo da tessere con tre periodi storici da tenere a mente per mettere a fuoco uno dei più importanti dirigenti italiani nell’anno del Signore 2025: la fase margheritina rutelliana, poi quella epica malagoniana al Coni e infine, dopo una rottura clamorosa degna del finale di Succesion con il numero uno dello sport italiano, il passaggio sotto l’ala protettiva di Giancarlo Giorgetti, il leghista più romanizzato di tutti. Il quale, con un colpo notevole, lo ha proposto il 30 aprile in Cdm a capo del dipartimento economia del ministero che guida: si occuperà di partecipate. Di Tim, di Mps, di Poste, per dire. Seggiola al primo piano con vista su via Pastrengo, nel quadrilatero dell’economia italiana, da far tremare le ginocchia a chi ci si mette seduto sopra. 
Seggiola che fu per metà – poi spiegheremo perché per metà – di gente come Mario Draghi, Alessandro Rivera, Vittorio Grilli, Domenico Siniscalco, senza arrivare per forza al primo: l’avvocato Teodoro De Rossi (1853-1859). Insomma: auguri. 


Soro prende il posto di Marcello Sala dimissionario per andare a ricoprire la carica di presidente di Nexi, società leader nel mercato italiano dei pagamenti digitali e partecipata da Cassa depositi e prestiti, senza più certi noiosi tetti pubblici allo stipendio. Un uomo di banche e di finanza, grande curriculum nel privato made in Monza, sarà dunque sostituito da questo avvocato di 55 anni, laureato con lode alla Sapienza con tesi sul diritto bancario: “Partecipazione al capitale della banca: fratellanza siamese banca-industria”. 

Spregiudicato e stakanovista, piacione ed empatico (in romanesco: paraculo), biondissimo in gioventù e tuttora con capello tirabaci, camicia sbottonata dopo le otto di sera, due cuoricini tatuati sul polso in memoria di un’amica persa troppo presto, una discreta quantità di foto su Dagospia che ne certifica la rilevanza nell’Urbe che piace alla gente che piace nei posti giusti. “E’ un amico”. E’ stato anche lo storico ex fidanzato per sei anni di Ilaria D’Amico (ora signora Buffon) ma da oltre dieci anni è sposato con Lucia Segni (figlia di Mariotto e nipote di Antonio, ex capo dello stato). Soro viene da una famiglia di ambasciatori (il nonno, Diego Soro, diplomatico in Messico, Thailandia, Kuwait; il prozio, Vincenzo, dirigente della Farnesina e a Varsavia ai tempi dei rastrellamenti del ghetto con tanti ebrei salvati nel curriculum: Soro’s List).  Ha due figli: Santiago e Diego. Ponte Milvio come modo di essere, facile trovarlo al bar Jarro. Instagram senza foto, seguito anche dai capi della tifoseria biancoceleste. Alto e basso, Roma santa e dannata, personaggio umile ma molto, molto audace. Per bene. Il pensoso Giorgetti lo ha nel cuore.


Eccolo: in giro con un vecchio scooter Honda SH, stile Corso Trieste-Parioli film di Vanzina ma anche super Rutelli sindaco di Roma, con cui scorrazzare nel potere dei sampietrini, cin cin nei salotti tipo quello di Myrta Merlino, tanto sport. Brindisi, strette di mano, ti serve una mano? Intraprendente senza porsi mai limiti di capacità, una cara persona, dicono tutti di lui. Svelto, capace, sorridente. Un bravo ragazzo (a Roma si è ragazzi fino ai settant’anni d’età). Eccetto per una persona: Giovanni Malagò, il padre che si sente tradito, che non lo perdona, che lo ha cresciuto, tra Palazzo H, la villa a Sabaudia e giri in barca, grandi serate, è stato il suo testimone di nozze. I due non si parlano più. Gli ha fatto conoscere Ilaria D’Amico, ha benedetto le nozze con Lucia Segni, “gemella siamese” di Clementina Montezemolo. Insomma: clan Malagò purissimo, clan Megalò (citazione di Susanna Agnelli). 


Soro è lazialissimo. Sfegatato, con foto iconica incorniciata di Giorgione Chinaglia con l’indice all’insù che si porta sempre dietro in tutte le stanze che guida. Diventerà uno dei due direttori generali dell’Economia (viene dall’Istituto poligrafico e zecca dello stato, su input di Giorgetti, dove i numeri e i bilanci gli danno ragione: pare abbia rivitalizzato e portato nella modernità un cimitero degli elefanti famoso ai più perché batteva moneta). 
Al Mef, si diceva, i direttori generali sono due da quando lo scorso anno il governo Meloni ha deciso di sdoppiare i dipartimenti: al Tesoro c’è Riccardo Barbieri Hermitte, all’Economia andrà lui, Fra’, l’amico del manager figlioNicola Maccanico, ma anche di Federico Palmaroli, per tutti lo scanzonato Osho, il Vauro futurista di Fratelli d’Italia. Ma anche Raffaele Avanzini, amministratore delegato di Newton Compton Editori, e Roberto Rao. Chi conosce Soro dice che non abbia grande orecchio per la musica – anche se si è inventato alla Zecca le monete delle canzoni italiane, tipo quella “Albachiara” di Vasco o “Il cielo” di Renato Zero – al contrario ha naso per il potere: sa dove stare e quando farsi trovare pronto. Liceo scientifico Azzarita ai Parioli, sport e amici al circolo degli Esteri, per evidenti questioni di famiglia, sostituito poi dall’Aniene.


Si avvicina giovanissimo al mondo di Rutelli che a Roma è una fucina di talenti e relazioni. Dopo la laurea, esperienza al ministero con Linda Lanzillotta nell’ufficio legislativo, poi al Corecom, comitato regionale per le comunicazioni del Lazio. Rutelli, Lusetti, Losacco, il giovane Luciano Nobili, il cattolico Franceschini (Soro invece ha preso la comunione da grande, a 50 anni, a Medjugorje). Il prossimo super dirigente di via XX Settembre non seguirà Rutelli nell’esperienza dell’Api e si fermerà al coordinamento della lista civica della seconda campagna elettorale per il Campidoglio, vinta però da Gianni Alemanno. Anche perché ha uno zio a capo dello studio legale D’Elia. E’ così che conosce Malagò. Anche tramite Rutelli e il mondo dello zio legato allo spettacolo: inizia a frequentare Ilaria D’Amico e Monica Bellucci, grande amica del presidente del Coni. Il quale, oggi, si rifiuta di parlare dell’ex pupillo. “No comment”. Non c’è niente da fare. Dal Coni del Giovannino ferito dicono con cattiveria cinica romana: faceva l’avvocato degli incidenti stradali, è diventato consulente per Coni servizi, capo di gabinetto del Coni e assunto in Coni servizi ai massimi dello stipendio, commissario del tiro a segno, coordinatore giustizia sportiva, presidente della televisione tennis. I due hanno composto una coppia inseparabile: li dividono undici anni di età, la fede calcistica – Malagò è romanista fradicio – e la gestione del ciuffo magico: uno ha la riga in mezzo, l’altro di lato. Soro è l’unico che riesce anche a far ragionare Virginia Raggi sulle Olimpiadi negate a Roma, ci prova, si avvicina, ma alla fine niente. Altri Giochi, ori, feste, calcio, tennis: Sabaudia, famiglie che si incrociano e si allargano in mare aperto. Stesso look, modo di fare simile, che ipnotizza. La rottura avviene quando il governo gialloverde, idea di Giorgetti, decide di aggredire il Coni di Malagò e crea Sport e Salute, spostando mezzo miliardo di euro, cioè la cassa dello sport italiano. Soro lavora alla legge che di fatto depotenzia il suo ex mentore. Che non la prende benissimo, diciamo. Sarà questo il motivo della lite? Chi lo sa. La rottura fa parlare circoli e salotti. Ci sono versioni contrastanti, ovvio. Il risultato non cambia, però. Dopo Sport e Salute – da cui è in aspettativa – Soro segue Giorgetti al ministero dello Sviluppo economico, si occupa di telecomunicazioni. Quindi anche di Rai: rapporti su rapporti, la capitale mormora, l’avvocato di Roma Nord ha fatto una scelta. Con il governo Meloni eccolo allo Zecca dello stato dove chiude bilanci con utili e operazioni importanti. Riesce a far compiere a questo mammozzone un salto nella modernità e nel digitale, chiama a curargli la comunicazione una firma della vecchia Repubblica come Marco Mensurati. Non è un leghista, anche se conosce Matteo Salvini. E non è certo di Fratelli d’Italia, anche se si saluta con affetto allo stadio con Francesco Lollobrigida.

E' un'emanazione di Giorgetti che nel silenzio laborioso, stile Opus dei, è riuscito a scardinare meccanismi consolidati in via XX Settembre. Se ne va il direttore generale Rivera, si creano due direzioni generali. In una ci va Sala, che poi lascia, ed ecco che arriva Soro. La nomina diventerà operativa per i primi di giugno, pare. Il nuovo capo del dipartimento Economia non parla, anche se ci ha fatto tana. Gli scettici lo descrivono come l'allenatore del torneo di calciotto “Pezzana”, sfida fondamentale per gli amanti del pallone a Roma Nord, sui campi vicini a Tor di Quinto. Chi gli vuole bene parla di uno che ha come motto: gli amici e l'umiltà ti preservano dalle sirene del potere. Entrambe le voci vanno prese con le bacchette del sushi. Di Malagò Soro non parliamo, figuriamoci. Nei circoli dice che non ha niente contro il presidente del Coni, che si è sempre limitato a consigliare, anche quando sbagliava. Acqua passata, come quella del Tevere e dell'Aniene. La proroga di Malagò è impossibile, l'ascesa di Soro è nei fatti. Giorgetti ride e se la gode: meglio di un gol al novantesimo del suo Southampton. Anche dalle parti di Meloni sono contenti per l'eterogenesi dei fini: se certe partite al Mef dovessero arenarsi, tutto ricadrà su Palazzo Chigi, sempre più centrale. Saluti da via XX Settembre, nuova breccia di Porta Pia. Ma al contrario: al posto dei piemontesi, ecco i romani.    

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.