convergenze parallele
La mezza pax romana Salvini-Calenda. Ma scintille su Trump
Ieri alla presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa i leader di Azione e della Lega hanno mostrato di andare d'accordo su alcuni temi, come sul nucleare o sulla strategia per far fronte alla crisi idrica in Sicilia
“Salvini dice solo cazzate”. “Calenda è un ominicchio”. ” Salvini è un buffone”. “Calenda? Un ricco e viziato signore”, si sono detti l’un l’altro i due per anni. “Approfondisco volentieri la proposta di Carlo”. “Sono d’accordo con Matteo sul nucleare”, è quanto si sono confessati in pubblico ieri sera presentando il nuovo libro di Bruno Vespa al Tempio di Adriano, a Roma. Anche se i battibecchi, in realtà, non sono mancati. Ad esempio sulla squadra di Trump. Che Salvini ha detto di apprezzare. “Ti posso chiedere qual è la nomina che ti piace di più? Ti piace quella che ha ucciso il cane e quello con la croce tatuata?”, gli ha chiesto provocatoriamente Calenda. Al che il leghista: “Conosco quello alla sburocratizzazione, gli altri avrò il piacere di conoscerli”. “Ma come, erano su tutti i giornali!”. “Se devo giudicare l’Italia o il mondo in base a quello che scrivono Repubblica o il Corriere, allora cambio mestiere”. Così come maretta c’è stata sui prossimi dazi americani, che secondo Salvini non faranno danno all’economia italiana perché noi “puntiamo sulla qualità, non sulla quantità”. Parole che hanno fatto scaldare il leader di Azione, perché “il modello di Salvini è un modello in cui tutti i paesi mettono i dazi. In contrasto col fatto che siamo un paese esportatore”.
Solo che il vicepremier s’era presentato qui, al centro di Roma, appuntandosi sul bavero della giacca il successo per il pronunciamento del Tar, che ha rigettato il ricorso dei sindacati sulla precettazione in vista dello sciopero generale di oggi. “Niente e nessuno può farmi arrabbiare”, tanto meno le tensioni con Tajani e Forza Italia. “Ho esercito i miei diritti e doveri da ministro. Sono orgoglioso di aver garantito una giornata serena a milioni di italiani”. Su questo Calenda la pensa più o meno allo stesso modo: “Questo sciopero mi sembra come le occupazioni nei licei romani. Si occupa senza sapere perché si occupa. La deriva di Landini è puro populismo sindacale e politico. Non sarò in piazza perché questo populismo rende il sindacato più debole”. Si sono stretti la mano, si sono rivolti la parola. Ma la mente è andata indietro a quando si minacciavano querele. A quando Calenda usò Salvini come strumento di contro campagna elettorale alle europee. “Vedi Matteo, ti faccio vedere come si usa il tappo della bottiglia” diceva il leader di Azione, irridendo il leghista che se la prendeva con le bottigliette di plastica col tappo attaccato imposte dall’Europa sporca brutta e cattiva. Uno degli ultimi incontri a favore di telecamere tra i due era stato durante la campagna elettorale per le amministrative a Roma, quando anche Giorgetti confessò una qualche preferenza per l’azionista. I due si incrociarono al mercato di Porta Portese, Calenda andò a salutare Salvini con un cinque. “Il ragazzetto faceva lo spiritoso e stamattina siamo stati a trovarlo. Dal vivo tiene le penne basse”, disse. Al che il leghista rispose con la sua versione dei fatti: “Oggi al mercato di Porta Portese non se lo filava nessuno e per esistere ha dovuto attraversare trafelato la strada, passando pure col rosso, per provare ad attaccare briga”.
E insomma al tavolo con Bruno Vespa, con incursioni tra il pubblico del direttore degli Approfondimenti Rai Paolo Corsini, di Gigi Marzullo, del sottosegretario Claudio Durigon, certosino nell’incartamento della propria copia di “Hitler e Mussolini”, una vera pace non è stata. Ma certo a qualcuno avrà fatto un qualche effetto sentire Salvini - che Calenda voleva querelare per le dichiarazioni attendiste dopo la morte di Navalny – dire, a proposito delle soluzioni per risolvere la crisi idrica in Sicilia: “Io lo ringrazio, perché al di là dell’ideologia ha scelto una strategia comune”. Mentre pure sul nucleare il vicepremier ha dovuto riconoscere al senatore centrista che “sposo la sua idea che si debba partire con le tecnologie che ci sono”. Di Renzi non hanno parlato, ma anche su quello avrebbero trovato un comune accordo.