
(foto Ansa)
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Genocidio e boicottaggi. Così la lista dei Giovani dem ha vinto alla Sapienza
Cambiare Rotta non ce l'ha fatta a entrare nelle istituzioni dell'ateneo romano. Ma per i pro Pal poco male: a perorare la causa del boicottaggio verso Israele ci pensa la lista legata ai Giovani democratici, eletti sia al Senato accademico che in Cda
Parlano apertamente di genocidio attuato dal governo d’Israele ai danni della popolazione palestinese verso cui noi saremmo “complici”. Per questo arrivano a chiedere l’interruzione immediata di tutti gli accordi universitari che “impattano sull’occupazione dei territori palestinesi, sul sistema di apartheid e sul genocidio nei confronti del popolo palestinese”. Ma anche “l’accesso agli atti di tutte le collaborazioni con Israele e le sue università: vogliamo comprendere quanto il nostro ateneo sia coinvolto con le pratiche di genocidio in corso”. Non stiamo citando parti del programma elettorale del collettivo rosso Cambiare Rotta, che anche alle ultime elezioni alla Sapienza ha fatto flop e, a fronte del tanto rumore che ha prodotto negli atenei, non è riuscita ad eleggere suoi rappresentanti nel Senato accademico o nel Consiglio d’amministrazione. Bensì stralci del programma elettorale con cui si è presentata agli studenti l’associazione “Liberiamo Sapienza”. Una specie di cartello che raggruppava al suo interno anche “Sinistra universitaria” e “Unione degli universitari”, ovvero la sigla che storicamente è sempre stata più vicina al Partito democratico. Ancor di più adesso, con il nuovo corso impresso dal febbraio del 2023 al partito da Elly Schlein.
Nel caso delle elezioni alla Sapienza, l’ingresso di Pietro Zanaga nel Consiglio di amministrazione, di Daniela Palamides nel Senato accademico e di Tommaso Montanaro al Comitato per lo sport sono state rivendicate proprio dai Giovani democratici Roma. I quali rendono ancor più manifesto il rapporto diretto che c’è tra la lista e l’organizzazione giovanile del Pd. Collegamento e vicinanza che erano già state messe in luce dalla partecipazione di esponenti dell’Udu a conferenze e dibattiti organizzati dalla Schlein, com’era capitato a giugno, quando una diretta sul canale Instagram della segretaria s’era trasformata in un’apologia della lotta alle università che continuano ad avere accordi con Israele e con l’industria bellica. Lo sdoganamento di termini come “il genocidio” e il “boicottaggio”, peraltro, colpisce anche perché l’altra lista che ha fatto il piano alle elezioni alla Sapienza, ovvero “Sapienza Futura”, vicina alla rettrice Antonella Polimeni, sulle questioni di politica estera sorvola completamente. Preferendo concentrarsi su questioni molto più pratiche che vanno dalla garanzia del diritto allo studio alla logistica della didattica nelle diverse sedi dell’ateneo romano. Piuttosto male sono andate anche le sigle della destra come “Azione Universitaria” che nei giorni delle elezioni avevano denunciato intimidazioni e violenze da parte dei collettivi.
Se insomma, quindi, da una parte le istanze più fieramente pro Pal non sono entrate nel Senato accademico dell’università, con gli esponenti di Cambiare Rotta che continuano a fare delle battaglie radicali evidentemente poco rappresentative del sentiment studentesco (nel programma elettorale si definiva Israele “stato coloniale” da abbattere al pari delle “politiche neoliberiste”), dall’altra l’organizzazione riconducibile al Partito democratico quelle parole d’ordine le ha sdoganate persino nel proprio documento elettorale. E’ abbastanza scontato, quindi, che ora con le richieste di boicottaggio si vorrà passare dalle parole ai fatti.


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