Milano-Palermo

L'àncora di salvataggio di Santanchè? Il processo a Salvini

Gianluca De Rosa

La ministra, tra i primi a solidarizzare con il vicepremier che non l'ha mai difesa, teme il rinvio a giudizio sulle inchieste Visibilia. Le udienze a ottobre, quando anche il segretario leghista torna in tribunale. Gli equilibri di governo passano anche dalle aule giudiziarie

“Chiedere sei anni per Salvini perché ha difeso i confini accade solo perché è un leader di destra”. Lo scorso 24 settembre Daniela Santanchè è stata la più zelante esponente del governo a manifestare solidarietà al vicepremier leghista. La procura di Palermo aveva appena chiesto per lui la condanna per omissione d’atti d’ufficio e sequestro di persona sulla vicenda Open Arms, ed  ecco subito via X  puntualissime le dichiarazioni indignate della ministra del Turismo. Sincero sdegno? Infatuazione politica improvvisa per Salvini? Tutt’altro. La ministra del Turismo ha capito che il processo al segretario leghista che non voleva salvare i migranti può invece diventare per lei un’ottima àncora di salvataggio per restare al governo. Il destino dell’imprenditrice e potente ministra di FdI è infatti da mesi in bilico. Tra maggio e luglio la procura di Milano ha chiesto per lei due rinvii a giudizio. Se i magistrati accoglieranno queste richieste Santanchè dovrà affrontare due processi molto delicati. Entrambe le inchieste riguardano il gruppo Visibilia che edita e raccoglie la pubblicità per testate come Novella 2000, Visto, Ciak di cui fino alla fine del 2021 la ministra era amministratrice.

 

Il 3 maggio la procura di Milano ha chiesto per Santanchè il rinvio a giudizio per truffa aggravata ai danni dell’Inps: l’accusa è che Visibilia concessionaria, una delle società del gruppo, avrebbe chiesto la cassa integrazione Covid per 13 persone che invece continuavano a lavorare  per l’azienda. Una circostanza della quale, secondo le accuse della procura, Santanchè in quanto amministratrice non poteva non essere a conoscenza. Due mesi più tardi, il 4 luglio, è arrivata una seconda richiesta di rinvio a giudizio, questa volta per falso in bilancio: secondo la procura Santanchè, insieme ad altri 16 indagati, avrebbe occultato dai bilanci le perdite in realtà realizzate  tra il 2016 e il 2022. Per adesso né la premier Giorgia Meloni, né gli alleati hanno chiesto alla ministra un passo indietro. Si attende la decisione dei giudici. Ma, vista la delicatezza delle azioni contestate,  anche solo un rinvio a giudizio potrebbe bastare per chiedere alla ministra una riflessione. Anche perché da alcune settimane si è rotto il tabù. Le dimissioni di Gennaro Sangiuliano hanno creato un pericoloso precedente: dal governo si può anche uscire.

 

Sulle vicende Santanchè la Lega di Salvini è sempre stata molto attenta e poco propensa a difendere la ministra. “Aspettiamo di sentirla in aula”, dissero in coro a giugno i capigruppo Massimiliano Romeo e Riccardo Molinari. Una linea intransigente da mostrare anche in futuro, almeno questa era l’idea fino a poco tempo fa in casa Lega. Adesso però con Salvini a rischio condanna  tutto si fa più complicato. Incrociando le agende tribunalesche sulla rotta Milano-Palermo, ci si rende subito conto del perché. Santanchè tornerà in tribunale a Milano giovedì 3 ottobre per il filone sul falso in bilancio e il mercoledì successivo, il 9 ottobre, per quel che riguarda la truffa. Non è detto che le sentenze arrivino subito. Ma intanto, poco dopo, a Palermo il 18 ottobre ci sarà l’arringa della difesa del processo Open Arms. Entro fine mese potrebbe arrivare la sentenza. Insomma, vicepremier e ministra potrebbero subire lui una condanna e lei un rinvio a giudizio quasi in contemporanea. A quel punto però per la Lega chiedere rigore diventerebbe davvero complicato. Anche se in FdI sono convinti: “In quel caso Daniela  lascerebbe comunque”.

Di più su questi argomenti: