Il racconto

Santanchè in aula per la sfiducia, la Lega aspetta i pm e prepara il "Salvini-day"

Simone Canettieri

Mercoledì la mozione M5s: il centrodestra è compatto, il Terzo polo no. Ma il Carroccio attende gli sviluppi delle indagini e punta sull'evento per raccontare i successi ottenuti dal titolare delle Infrastrutture

Al ristorante del Senato scendono i nostri eroi dopo la conferenza dei capigruppo. La notizia, e dunque la bistecca, è questa: mercoledì alle 10 si voterà, per appello nominale, la mozione di sfiducia del M5s a Daniela Santanchè, ministra del Turismo. La riunione è stata presieduta da Ignazio La Russa, a digiuno di dichiarazioni. Ma rigoroso nel calendarizzare la richiesta grillina, senza rimandarla a settembre (le Camere dovrebbero lavorare fino al  10 agosto). Scende Luca Ciriani, ministro per i rapporti con il Parlamento. Non c’è alcun contorno a questa notizia, fa capire. “Rientra fra i diritti dell’opposizione”. Soddisfatto il capogruppo M5s Stefano Patuanelli – insalata per lui – ha bruciato sul tempo gli alleati del Pd (Dario Franceschini sta mangiando la lasagna) ed è convinto che   mercoledì, passata la festa della destra per la mozione respinta, sarà gabbata “la Santa”. Pensiero che pervade anche la Lega.  

 
Il capogruppo Massimiliano Romeo, da solo, ha davanti un piattone di riso in bianco. Intanto Matteo Salvini, lontano da qui, studia un fine mese di scorpacciate. Sulla Santanchè i grillini la pensano come i leghisti, seppur da sponde diverse: la mozione non passerà, certo, ma poi inizierà un secondo tempo tutto da giocare. I gialloverdi sono convinti che tra fine agosto e i primi di settembre entrerà in azione la procura di Milano con la richiesta di rinvio a giudizio nei confronti della ministra, per la presunta gestione allegra delle sue società. A quel punto – spiegano da Via Bellerio – la premier sarà sola a difenderla e si assumerà la responsabilità politica di rimuoverla o di confermarla. Aprendo così un caso, ma anche un precedente inedito.

  

Comunque la mozione sarà stata già dimenticata, dicono i leghisti più vicini a Salvini. “Capitan distinguo”, lo chiamano così dentro Fratelli d’Italia, ha in mente un altro finale del mese. Molto istituzional-scoppiettante. Che tuttavia non passerà dallo scontato risultato del Senato – a proposito di contorno: Carlo Calenda dovrebbe votare la sfiducia, mentre Matteo Renzi no – ma da un’attività di autopromozione mirata. Per la settimana prossima il vicepremier sta organizzando un’iniziativa “sull’Italia del sì”, cioè quella del suo dicastero. Una giornata per fare il punto su caselli, grandi opere (il ponte sullo Stretto), autostrade, tangenziali, vertenze dei taxi, treni per Pompei non più mensili ma settimanali grazie a lui, dighe erette, aeroporti al bacio e codici stradali modificati. Sarà la sua breccia di Porta Pia, visto dove si trova il ministero delle Infrastrutture. L’elogio del Salvini “del fare”, dei tagli di nastro che vincono sulle beghe interne. Un super ministro pronto a suonare non più ai citofoni, ma sui tasti del pragmatismo: calce, altro che mojito. E sarà dunque il suo tripudio, ma anche quello della Lega di governo dritta sulle decisioni come un fuso. Almeno sulle infrastrutture, nonostante sull’economia ci siano “poche svolte percepite dall’opinione pubblica”. Ecco perché l’incidente frontale sui condoni avuto con il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, lo ha lasciato perplesso.

   

Il vicepremier dice di aver solo parlato del quarto punto del programma elettorale del centrodestra. Alla voce “pace fiscale”, ma anche “saldo e stralcio”. Solo che la risposta dritta di Ruffini lo ha mandato su tutte le furie. E’ stato un modo per segnare la distanza ancora una volta con Meloni: “Ruffini lo ha confermato lei, Giorgia, nonostante il suo curriculum legatissimo al centrosinistra”. E mentre mister Entrate diventava subito il possibile e nuovo papa straniero del centrosinistra – se Elly Schlein non dovesse farcela – Salvini per tutta la giornata di ieri faceva scuotere la testa ai fedelissimi e nel frattempo si convinceva dei propri sospetti, ingrossando i malumori destinati a precipitare nella strategia di fine luglio. Sicché mercoledì Santanchè si salverà. Ma magari quel giorno Salvini non sarà nemmeno in Aula per impegni istituzionali, tanto i numeri non saranno un problema. In mezzo ci sarà l’iniziativa “sull’Italia del sì” e domenica 30, quando Meloni sarà appena tornata dalla Casa bianca, il vicepremier si butterà a Cervia. Il giorno prima avrà la festa di compleanno della fidanzata Francesca Verdini a Forte dei Marmi (ma niente Twiga) e poi in serata salirà sul palco della festa della Lega per fermarsi almeno fino a lunedì. E’ un appuntamento abbastanza storico per il leader perché a due chilometri da lì c’è Milano Marittima, con il fatal Papeete. L’anno scorso parlò alla festa – intervistato da Gennaro Sangiuliano, allora direttore del Tg2 che concordava con lui le domande al telefono prima che arrivasse – per poi andarsene senza passare dallo stabilimento dall’harakiri. E questa volta?

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.