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L'editoriale del direttore

Il cortocircuito fatale della cultura woke schierata contro Israele

Claudio Cerasa

Tutto ciò che difende, dai diritti all’ambiente, è ben rappresentato dal  paese che ha deciso di osteggiare. Ma in realtà, più che avere a cuore la libertà, il wokismo usa la difesa di alcune libertà per attaccare l’occidente e farne il colpevole di tutti i mali

Svegliarsi, sì, ma in che senso? E’ successo all’improvviso, per ragioni inconfessabili, e il fenomeno è lì di fronte a noi, anche se in pochi lo vogliono riconoscere. E’ successo all’improvviso, ma il fatto, ormai, è difficilmente negabile: il wokismo, inaspettatamente, ha trovato di fronte a sé uno specchio spietato, culturalmente letale, e tutto a un tratto, osservando il proprio riflesso, ha compreso che nella propria storia c’è qualcosa che non torna. E’ successo tutto all’improvviso, ma è successo, sta succedendo, continuerà a succedere, e la questione in fondo è estremamente semplice e drammatica. Potremmo sintetizzarla così: molti di coloro che negli ultimi anni hanno tentato anche genuinamente di trasformare il wokismo in un movimento culturale finalizzato a combattere alcune ingiustizie nel mondo, come il razzismo, la diseguaglianza economica, la discriminazione verso i meno protetti, hanno dovuto rimettere in discussione parte delle proprie priorità nel momento stesso in cui si sono ritrovati a ragionare sulla guerra a distanza tra Israele e Iran.

 

Svegliarsi, sì, ma in che senso? Il wokismo, lo sappiamo, ha creato un mondo all’interno del quale alcuni diritti vengono prima di ogni altra cosa. La lotta contro il patriarcato, la lotta contro l’omofobia, la lotta contro il razzismo, la lotta contro il colonialismo, la lotta contro le ingiustizie sociali, la lotta contro gli inquinatori del pianeta. Il wokismo, in alcuni casi, ha trasformato in nemici del popolo, da bannare dal consesso pubblico, tutti coloro che hanno osato criticare alcuni assiomi di questa corrente culturale, se così si può definire, e i teorici del pensiero wokista hanno sempre difeso le proprie idee da quelle altrui considerandosi come i veri grandi difensori di un nuovo famigerato pensiero liberale. Tutto liscio, o quasi, tranne qualche danno collaterale, qualche non allineato trasformato dal nuovo mainstream perbenista in un nemico del popolo. Tutto liscio fino a quando, si diceva, non ci si è trovati di fronte allo scontro tra l’Iran e Israele. E la ragione è semplice da capire. I sostenitori del wokismo, istintivamente, si sono schierati in massa contro Israele, mostrando in ogni occasione possibile la propria vicinanza alla causa palestinese, ma nel farlo hanno dovuto affrontare, in modo più o meno diretto, un cortocircuito insieme drammatico ed eccezionale: tutto quello che hanno sempre difeso, tutto quello in cui hanno sempre creduto, veniva rappresentato dal paese che avevano deciso di osteggiare, con la benedizione anche dei mullah iraniani, e tutto ciò che avevano sempre osteggiato veniva rappresentato da coloro che più degli altri sostenevano e sostengono la guerra contro Israele.

 

Il wokismo difende la democrazia, e lo stesso fa Israele. Il wokismo difende i diritti degli omosessuali, e lo stesso fa Israele. Il wokismo difende i meno protetti dagli assalti dei fanatici, e lo stesso fa Israele. Il wokismo difende i diritti delle donne, e lo stesso fa Israele. Il wokismo chiede più diritti per gli stranieri, compresi gli arabi, e lo stesso fa Israele, che è l’unico paese del medio oriente a far votare liberamente i cittadini arabi. Il wokismo chiede più attenzione alla difesa delle libertà sessuali, gender compreso, e lo stesso fa Israele, che in medio oriente è l’unico paese che consente libertà sessuali ai propri cittadini. Il wokismo combatte ogni genere di molestia nei confronti delle donne, per fortuna, salvo poi dimenticare chi è in medio oriente che limita le libertà delle donne, chi è che le umilia e chi è che giustifica violenze sessuali simili a quelle del 7 ottobre. Il wokismo, infine, chiede più attenzione ai temi ambientali, e lo stesso fa Israele, che è l’unico paese del medio oriente ad avere a cuore la transizione energetica, a non avere gli idrocarburi come principale elemento della propria dieta energetica (se il movimento a difesa dell’ambiente, guidato da Greta Thunberg, fosse davvero un genuino movimento a difesa dell’ambiente, prima di schierarsi senza se e senza ma contro Israele avrebbe forse dovuto ricordare che sul tema della difesa dell’ambiente Israele è un modello da seguire non da combattere: Israele ha ridotto le sue emissioni di carbonio pro capite del 40 per cento tra il 2012 e il 2021, i suoi impianti di desalinizzazione sono tra i più efficienti al mondo, è il maggiore utilizzatore di acque reflue riciclate per l’agricoltura tra i paesi membri dell’Ocse e ha obiettivi ambiziosi di riduzione dei gas serra).

 

Ci si potrà chiedere a questo punto del ragionamento come possa nascere questo cortocircuito, quale siano le origini, le radici, e la risposta a questo quesito è purtroppo drammatica: il wokismo, nella sua essenza, non è un movimento a difesa della libertà, ma è un movimento che usa la difesa di alcune libertà per attaccare l’occidente, per alimentare il suo senso di colpa e per dimostrare che tutti i mali che colpiscono il mondo sono causati da noi stessi, da noi criminali colonialisti, da noi osceni amici del capitalismo. Nascono così i “Queers for Palestine”. Nascono così gli omosessuali per gli ayatollah. Nascono così i difensori delle società aperte che vanno a braccetto con i pasdaran. Nascono così gli antirazzisti alleati con Erdogan. Nascono così, caso tra i più incredibili, i così detti anticolonialisti che in medio oriente chiedono dei presunti danni generati dal colonialismo solo all’occidente e non per chi ha governato il medio oriente per secoli come per esempio la Turchia. E nascono così alleanze incredibili, ma naturali, tra gli occidentali che rimproverano all’occidente tutti i mali del mondo e tra i fiancheggiatori degli islamisti che surfano sull’anti occidentalismo per portare avanti l’idea che i musulmani del medio oriente siano sotto assedio non dell’ideologia integralista e islamista che soffoca la libertà ma della comunità occidentale – e per portare avanti questa tesi, fateci caso, i colpevolizzatori dell’occidente non di rado usano l’islamofobia come un’etichetta per macchiare chiunque si permetta di criticare l’estremismo islamista. Per il wokismo, lo scontro tra Iran e Israele è dunque un problema insormontabile, perché guardare con onestà quello scontro dimostra quello che nessun wokista può ammettere con serenità: che essere dalla parte dell’occidente, e dunque di Israele, significa semplicemente essere dalla parte della libertà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.