L'intervista

Abodi: "Sì ai russi alle Olimpiadi purché non siano compromessi con Putin"

Simone Canettieri

"Sono favorevole alla partecipazione degli atleti di Mosca e di quelli bielorussi, ma a patti chiari. I Giochi di Parigi non devono servire alla propaganda del Cremlino". Parla il ministro dello sport

Andrea Abodi trattiene il fiato per qualche secondo: “E’ una domanda complicata che implica una risposta ben argomentata: devo tener conto anche della linea del governo di cui faccio parte, ma da ministro dello Sport sono favorevole alla presenza di atleti russi e bielorussi alle prossime Olimpiadi di Parigi, purché, e questo lo voglio dire in premessa, con regole chiare e inappellabili. Come accaduto per i Mondiali di scherma che si sono celebrati in Italia. Credo, e non è retorica, nella diplomazia dello sport”.

Ministro Abodi, la sindaca di Parigi Anne Hidalgo ha detto che gli atleti russi e bielorussi non saranno benvenuti alle Olimpiadi 2024 perché dice di sostenere gli atleti e il popolo ucraino. Inoltre, il presidente francese Emmanuel Macron ha lanciato l’allarme di possibili attacchi informatici di Mosca quando ci saranno i Giochi. I venti di guerra non sembrano risparmiare le Olimpiadi. Lei come si schiera?

“Per quanto riguarda gli atleti russi e bielorussi sono a favore della loro partecipazione a patto che non si celebri il loro inno, non ci siano bandiere, non provengano dai corpi militari, non facciano parte di famiglie compromesse con la guerra. Anzi, vanno verificati anche i comportamenti degli atleti in merito all’invasione dell’Ucraina. Non sarebbe tollerabile ascoltare, attraverso i Giochi, la propaganda del Cremlino. Tipo qualcuno che dicesse ‘viva Putin’ sfruttando questa vetrina globale. Sarebbe un errore imperdonabile e insopportabile”.

Sembra un’impresa complicata, lei sta facendo più che altro l’identikit di atleti dissidenti: forse è troppo fiducioso? “So benissimo che la Russia non è una democrazia liberale e anche come è trattato chi si oppone. In tutti i campi: dalla cultura allo sport. Tuttavia ci sono atleti non compromessi. A loro lo sport deve guardare per costruire un ponte di pace. Ho ben presente però il rovescio della medaglia”.

La delegazione ucraina, le vittime della famigerata “operazione speciale” del 24 febbraio 2022.

“Esatto: ci sono campioni e tecnici che hanno perso la vita nel conflitto per difendere la loro nazione o sono caduti sotto gli attacchi dei russi. Oppure hanno perso amici, mogli, mariti o parenti. A loro, prima di qualsiasi cosa, va il mio pensiero. Immagino che ci siano ferite che non si possano rimarginare così facilmente. I non compromessi, però, non sono pochi: ecco perché va utilizzato il modello Mondiali di scherma a Milano”.

Per la prima volta Abodi – grazie all’intervista del Foglio – esplicita la posizione del governo italiano su Parigi 2024. 

Abodi – scelto personalmente da Giorgia Meloni per occuparsi del variegato mondo sportivo – coglie l’occasione per ampliare gli orizzonti. Tutto si tiene, tutto è complicato e pieno di sfumature. Anche nel suo campo, per quanto sia ampio e sfaccettato.

Dice il ministro: “Pensiamo ai paesi come Brasile, Russia, India e Cina: la loro unione nasce come un accordo commerciale, ma forse ora, visti anche i conflitti che scuotono il mondo, il loro rapporto è diventato una cosa diversa”.

Appunto. Come fa lo sport, al di là della retorica e delle buone intenzioni, a non tenere conto di scenari così strategici che mutano? Bisogna far finta di nulla o tenere i radar ben accesi?

“Lo sport è una tribuna dal forte impatto comunicativo, ma in questo momento non bisogna strappare, ma ricucire. Ecco perché le condizioni da porre agli atleti russi e bielorussi sono doverose per evitare una rottura totale. Ci vuole equilibrio e ragionevolezza, senza calpestare principi supremi, senza dimenticarci, a proposito del conflitto, che è così vicino all’Europa, chi è l’aggressore e chi è l’aggredito”. 


Abodi è un ministro atipico. In questo anno e mezzo non si è certo contraddistinto per la verve comunicativa, e forse è un bene visti gli altri colleghi ben più ciarlieri.

“Preferisco restare in silenzio, prendere critiche, talvolta ingiuste, rimanendoci male, ma senza reagire”. Tuttavia mentre si accomiata da questa intervista sembra abbia un sussulto. Sembra brandire la torcia olimpica. “Non voglio sembrare ingenuo né un sognatore, ma nella storia dello sport e soprattutto in quella dei Giochi, antichi e moderni, la ricerca della pace ha sempre unito i popoli, eccetto dolorose eccezioni. Insomma, la diplomazia dello sport può giocare un ruolo nello scacchiere geopolitico, in un mondo scosso da tantissimi conflitti, e non penso solo a quello in Ucraina, per mandare messaggi globali”.
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.