L'intervista

Papà Salis: "Meloni non mi risponde. Schlein ha gestito male la candidatura di Ilaria"

Simone Canettieri

Parla al Foglio il padre dell'italiana detenuta a Budapest: "Il silenzio di Palazzo Chigi è surreale, spero che la premier tratti in segreto. Finora non mi ha mai ricevuto. Il Pd? Non si getta il nome di mia figlia in pasto alle correnti se non c'è un'intesa da parte di tutti"

“La premier non ha mai risposto alle mie lettere via Pec. E il Pd ha gestito male la questione della candidatura di mia figlia”.

E’ severo con Giorgia Meloni, ma anche molto rigido con Elly Schlein. Roberto Salis, padre di Ilaria, si affaccia al quarto piano del Senato. E’ appena uscito da un incontro con Giuseppe De Cristofaro, senatore di Sinistra italiana, tra i primi a muoversi lo scorso gennaio per sollevare il caso della maestra detenuta, e mostrata in catene, a Budapest dal febbraio 2023 con l’accusa di aver aggredito due militanti di estrema destra.        
Roberto Salis si sfoga con il Foglio.

Ingegnere, qual è lo stato dell’arte  della sua battaglia per riportare in Italia sua figlia? Il portavoce del governo ungherese non sembra darle speranze.

“Stiamo portando avanti la nostra battaglia, io continuo nella campagna mediatica”.

Ma come si spiega il silenzio di Giorgia Meloni?   Crede che sia una scelta diplomatica, quella della premier?

“Spero vivamente che stia trattando in silenzio, me lo auguro con tutte le mie forze. Finora però questo silenzio non ha portato miglioramenti, anzi”.

Perché: cosa vuole dire?

“Quello che è abbastanza allucinante è che uno degli obiettivi raggiunti dall’interessamento di Meloni è stato fare aggiungere un’udienza per accelerare il processo. Quella di fine marzo non era prevista, ce n’era solo una a maggio. Nell’udienza che alla fine si è celebrata la scorsa settimana gli interrogatori ai due testimoni e quelli alla vittima non sono stati fatti perché c’era un problema tecnico per il collegamento di un’imputata in Germania. Di fatto l’accelerazione del processo per ottenere i domiciliari, che si potevano chiedere anche in un altro modo, non c’è stata”.

Si è sentito con Meloni?

“No. Mai”.

Nemmeno per messaggio? Se mentisse sarebbe comprensibile.

“No, mai avuto rapporti con Palazzo Chigi. Io ho parlato con i ministri Tajani e Nordio e con il presidente del Senato La Russa. Ho mandato due email con tanto di Pec a Meloni e non ho mai ricevuto risposte. E’ incredibile”.

Come se lo spiega?

“Credo che la premier è naturale che possa avere delle cose più importanti da fare, ma che non abbia nel suo staff una persona per incontrarmi lo trovo surreale”.

Meloni tace  in attesa delle europee?

“Può darsi. Ci sono tante cose che devono succedere: Orbán deve trovare una casa in Europa, poi ci sono le elezioni, appunto. E comunque una serie di situazioni in Ungheria  da considerare: se Orbán dovesse cedere verrebbe attaccato dall’estrema destra. Che non è come Forza Nuova, ma ha il sei per cento di consensi”.

Lei sembra molto realista.

Io credo che il primo ministro ungherese debba continuare a mantenere questo pugno di ferro fino alle elezioni e poi spero che lo allenti”.

Grazie a un intervento politico di Meloni?

“Me lo auguro: la premier, che è leader dei Conservatori, potrebbe dirgli: ti faccio entrare nella nostra famiglia, ma adesso fai tu una cosa per noi”.  

La possibile candidatura di sua figlia con il Pd è stato un pasticcio.

“La candidatura di Ilaria bisognava gestirla meglio, senza dubbio. Prima di fare uscire un’informazione così serviva che tutti fossero allineati”.

Tutti chi, scusi?

“Tutte le persone coinvolte nel Pd in questa scelta, come si fa nelle aziende. Invece così si è innescato un dibattito interno fra le correnti sulla pelle di Ilaria”.

Ma sua figlia sarebbe disponibile: cosa ne pensa?

“Fintanto non c’è qualcosa sul tavolo di serio non ha senso parlare con lei. Non voglio andare a turbare una persona già scossa. Ma queste cose non si costruiscono così”.

Ha mai parlato con Elly Schlein?

“Sì, una volta mi ha chiamato per sapere di mia figlia”.

In quell’occasione le ha accennato della volontà di candidarla?

“No”.

L’ha più risentita?

“No”.

La politicizzazione, da destra e da sinistra, di questo caso non rischia di essere un boomerang?

“Solo l’Ungheria sta politicizzando questo caso”.

Il presidente Mattarella l’ha rincuorata?

“E’ stato reattivo. Si tratta di far rispettare i diritti di una cittadina italiana in Europa”.

 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.