Il caso

Meloni: "Ok l'Abruzzo, ma non culliamoci sugli allori". E dice no a Salvini sulla commissione dossieraggio

Simone Canettieri

La premier vede a pranzo Tajani, Salvini e Lupi per il punto politico dopo il successo di Marsilio: "Restiamo uniti". Il leader del Carroccio non accetta lo stop alla bicamerale sullo spionaggio e discute con Fitto in Cdm sulle infrastrutture

Li invita a pranzo e offre ai commensali portate a base di “piedi per terra”, innaffiate da calici di “non riposiamo sugli allori”.  Il lunedì di Giorgia Meloni, dopo la vittoria de Il lungo Marco Marsilio, ha due facce. Da una parte, quella pubblica da dare in pasto ai social, quasi maramaldeggia quando commenta il successo delle regionali (“non importa quanto sia largo il campo, ma quanto sia coeso”). Dall’altra la premier in privato dice agli alleati di pensare alle prossime sfide, a partire dalla Basilicata, pronta a diventare, inseguendo il grottesco, l’ennesimo termometro del paese. All’ora di pranzo, nel suo appartamento di Palazzo Chigi, Meloni è a tavola con Antonio Tajani (gongolante per l’exploit), Matteo Salvini (dimesso per via del raffreddore, e non solo) e Maurizio Lupi (con in tasca un 2,68 per cento). Con pudore e con la massima cortesia per gli ospiti, la premier ha evitato di fare complimenti pubblici a Tajani. 

 

Cortesie per l’ospite, l’altro, Salvini che ha retto in Abruzzo, certo, altrimenti in caso di collasso sarebbero stati guai per tutto il cucuzzaro. E però non è passato inosservato il risultato di Forza Italia che lo ha quasi doppiato. Per la seconda volta dopo la Sardegna. Una variante che può complicare il cammino della maggioranza. Hai voglia nei comizi a rispettare l’ordine dei risultati elettorali delle politiche quando si chiamano i leader sul palco. Un trend sta cambiando, lo sanno nella Lega come in Forza Italia. E lo sa appunto Giorgia Meloni se pensa alla Basilicata, ma anche e soprattutto alle europee. Non a caso se in lista ci sarà lei, ci sarà anche Tajani. Ma Salvini no, in nessun caso, non correrà. La preoccupazione del capo della Lega per il sud si è palesata ancora una volta quando durante la riunione ha chiesto fondi per il Ponte sullo stretto, benzina per fare la campagna elettorale in Calabria e Sicilia, dove il progetto nazionale della Lega potrebbe riservare ennesimi e amari verdetti definitivi (il Consiglio dei ministri assisterà anche all’ennesima “confronto franco” fra Salvini e il ministro Raffaele Fitto).

 

Il pranzo è servito anche a mettere in piedi una strategia comune sul caso dossieraggio. L’idea di una commissione bicamerale – proposta dal Guardasigilli Carlo Nordio con la sponda del ministro della Difesa Guido Crosetto – non vedrà la luce. Una questione di tempi tecnici: servirebbero almeno sei mesi. Una questione tecnica: rischierebbe di sovrapporsi alle indagini della Procura di Perugia. E, infine, anche una questione politica: potrebbe sovrapporsi al lavoro dell’Antimafia presieduta da Chiara Colosimo, terza sorella d’Italia di stanza a Palazzo San Macuto. Sullo sfondo, come ha spiegato Meloni ai commensali, c’è anche l’intenzione di non aprire un altro fronte con la magistratura. In poche parole al momento del caffè, dopo un pranzo di coalizione all’insegna del restiamo uniti e vogliamoci bene, Salvini ha ricevuto il benservito sulla richiesta di una commissione che tanto ha agitato in questi giorni, cercando di cavalcarla. Ma Meloni, novella scrivana di Bartleby, gli ha detto “preferirei di no”. Che poi appena finito il pranzo e terminato il Consiglio dei ministri Salvini abbia iniziato a gran voce a richiedere sui canali social della Lega l’istituzione di questo organismo, nonostante il secco ‘no’ ricevuto, rientra nel fisiologico gioco salviniano dei distinguo esasperati.  

Meloni di sicuro esce dalla sfida abruzzese rinvigorita, consapevole di dettare i tempi della sua candidatura alle europee alla sua coalizione, ma anche all’opposizione visto che l’annuncio della leader di Fratelli d’Italia provocherà la reazione  simile nel campo opposto  spingendo a fare altrettanto a Elly Schlein. Anche il faccia a faccia con la segretaria del Pd è destinato a tirare per le lunghe, visto che i rispettivi staff starebbero cercando di trovare un modo per bypassare la par condicio elettorale e arrivare al confronto a ridosso delle urne. Magari anche a maggio o comunque a fine aprile. La capa del governo continua a cullare il sogno del 30 per cento e il risultato di Marsilio (tra la lista del presidente e voto di Fratelli d’Italia) la rincuora. Deve però uscire dal Palazzo per cercare di caricarsi elettoralmente: così oggi sarà a Trento e domani a Firenze per firmare il patto con le regioni sui fondi di coesione.

 

Per il resto Meloni pensa a una campagna elettorale molto tematica che tocchi tutti i settori produttivi: per il prossimo mese balla un grande evento con il mondo della moda, ovviamente a Milano (magari a ridosso del Salone del mobile). In tutto questo   c’è il piccolo inciampo del congresso di Roma di FdI, il giardino di casa Meloni, che si celebrerà il 23 e il 24 marzo.   A sbarrare la strada del candidato unitario c’è Fabio Rampelli, corso a L’Aquila per celebrare il fratello Marsilio, unico esponente di FdI a rilasciare interviste ai giornali la notte di domenica, nonostante il ‘no’ imposto da Giovanni Donzelli. “In Abruzzo ha vinto anche Colle Oppio”, ha detto il vicepresidente della Camera al Messaggero. E al congresso della federazione romana chi vincerà?
 

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.