Nicolas Schmit con Elly Schlein e Olaf Scholz - foto Ansa

Dopo l'evento

Al congresso del Pse a Roma nessuno ha mai detto "mai con Meloni"

Pietro Guastamacchia

I socialisti rimangono ambigui sull'alleanza con la presidente del Consiglio. Il candidato Nicolas Schmit, interrogato su un possibile sodalizio, ha seccamente risposto: "Con Id ed Ecr no", aggirando il nome della premier

Bruxelles. Il congresso del Pse a Roma apre la campagna dei socialisti europei al grido di “mai con le destre” ma la frase “mai con Meloni” questo week end non l’ha detta nessuno. Durante tutto il fine settimana congressuale del Pse infatti attorno al tema Giorgia Meloni ci hanno girato tutti. Sono state diverse le formule usate dai leader socialisti per rimarcare la loro contrarietà all’inclusione delle destre nella prossima coalizione europea, ma tutte sempre con un certo grado di ambiguità sul caso italiano.

 

 

Lo spitzenkandidat del Pse Nicolas Schmit, che sabato ha avuto il merito di esportare al grande pubblico un detto lussemburghese che sembra scritto su misura per lui, “fiero come un biscotto”, nel suo discorso dopo la nomina ha chiuso in maniera decisa la porta a ogni possibilità di alleanza con Id ed Ecr, quindi tecnicamente con i gruppi europei di Lega e Fratelli d’Italia. Tuttavia interrogato la mattina sul terrazzo del Nazareno, alla domanda se vedesse possibile un’alleanza con Meloni ha seccamente risposto due volte: “Con Id ed Ecr no”, aggirando il nome di Meloni.
 

Certo gli attacchi alla premier italiana non sono mancati. “Il suo governo di destra si oppone al salario minimo e a garantire condizioni di vita più dignitose”, ha attaccato Schmit dal palco guadagnandosi la standing ovation del pubblico e chissà forse anche di qualche esponente del Movimento 5 stelle. Schmit ha poi incalzato Meloni citando pure il presidente Mattarella sui fatti di Pisa: “I manganelli con i ragazzi sono un fallimento”, ha ricordato il lussemburghese che però non ha sbarrato definitivamente la strada a una coalizione con la premier italiana.
 

Ha fatto di meglio il segretario del Pse Stefan Löfven che nel suo discorso di apertura ha ribadito che “normalizzare l’estrema destra significa mettere in pericolo tutto quello che abbiamo costruito insieme, non collaboreremo mai con Ecr e Id”, per poi entrare ancora più nello specifico: “Mai con Afd, PiS, Vox e Le Pen”. Manca qualcuno? Sì: Fratelli d’Italia.
 

Paradossalmente ci gira intorno anche Elly Schlein. “Davvero volete aprire le porte a Ecr rinnegando i vostri valori? – chiede la segretaria Pd al Ppe  – “Meloni e Salvini hanno portato in Italia gli amici di Putin, gli estremisti e i nazionalisti, questi sono i loro alleati”. Un attacco netto, che alcuni hanno preso come un implicito “o me o lei”, che però in chiaro dal palco della nuvola di Fuksas non si è mai sentito.
Dal congresso del Pse Giorgia Meloni ne esce dunque con la consapevolezza di sedere comodamente a cavallo della linea rossa socialista. Se nei discorsi pubblici infatti i leader tendono a girarci attorno, nei corridoi del congresso la strana alleanza sembra ormai scritta. “Meloni mi sa che ce la troviamo in maggioranza e ce lo dobbiamo far andare bene”, spiega un’eurodeputata italiana, che sottolinea: “D’altronde mica possiamo essere noi a tenere fuori l’Italia dalla Commissione”. Per un eurodeputato tedesco prossimo alla guida della sua delegazione, “è un questione di pragmatismo istituzionale: non si può lasciare Roma fuori dai giochi”.
 

La palla dunque va alla premier che dovrà decidere come procedere. Se dovesse traghettare FdI fuori da Ecr e verso un voto di sostegno a von der Leyen, allargando così l’attuale campo della coalizione Ursula, rischia di perdersi per strada l’ultradestra polacca e spagnola, nonché l’amico Orban. Un’ipotesi che vedrebbe Meloni sempre più vicina ai popolari di Weber ed è forse questa la speranza  dei socialisti che hanno capito che l’arrivo di Meloni in coalizione è inevitabile, ma tutto sommato politicamente superabile se si dovesse presentare come una sorta di appendice al Ppe. Le cose potrebbero complicarsi però se i numeri elettorali dovessero dare alla premier italiana e a tutta Ecr ancora più capacità negoziale dando così ai conservatori la forza di mettere mano al programma della prossima Commissione. Ma al netto dei risultati, l’ingresso di Giorgia Meloni in maggioranza a Bruxelles sembra essere già scritto e slogan a parte i socialisti l’hanno anche già mezzo digerito.

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