Il caso

Il fratello del Cav.: "Un altro Berlusconi in politica? Sarà il futuro a dirlo". Scene dal congresso di Forza Italia

Simone Canettieri

Il neo segretario Tajani lancia l'Opa sulla Lega di Salvini: "E' difficile giocare senza più Maradona in squadra ma ce la faremo". Pressing su Letizia Moratti per candidarla alle Europee

Si commuove. Si alza in piedi per godersi l’applauso della sala. E’ il cognome per il tutto: Berlusconi. Paolo. Poi quando Antonio Tajani termina una relazione lunghissima degna di Fidel Castro, densa e appassionata con tanto di lacrime, il fratello del Cav. taglia la corda. Prima fa un giro delle poltroncine super vip. Baci e abbracci da Scajola a Mulè, passando per tutti i ministri, sottosegretari e governatori. Al secondo scalino una ragazza, che avrebbe messo in soggezione Cleopatra, gli stringe la mano. La coppia guadagna l’uscita dalla sala del Palazzo dei congressi. Ma prima, eccolo. Domanda secca: vedremo un altro Berlusconi in politica? “Questo solo il futuro potrà dirlo”. E il fatto che non sia un no, riapre la suggestione della saga alla Succession. “Per me era un dovere partecipare a questo congresso: era la creatura di Silvio”. Poi il fratello minore del premier (74 anni)  scambia uno sguardo d’intesa con questa Venere e fila via in auto. Dentro continua il congresso di Forza Italia.  


Vista da qui Forza Italia sembra un calabrone: per la scienza della politica – dopo la scomparsa del suo re – non potrebbe volare, ma non lo sa e lo fa. Ed ecco quindi il partito azzurro, seppur un bel po’ incanutito, in corsa per le europee con la pazza idea di sorpassare la Lega. Maurizio Testa, responsabile enti locali a Bergamo: “Se in Lombardia siamo un punto sotto al Carroccio e loro al sud sono scomparsi fatevi due conti. Salvini è messo male”. Di sicuro non è molto amato e i rapporti sono quelli che sono. Lo dimostra la rappresentante che ha mandato: la deputata Simonetta Matone. Stop.

Né un ministro, nemmeno un capogruppo. Al contrario per Fratelli d’Italia c’è il presidente del Senato Ignazio La Russa e poi diversi parlamentari che pesano. Giorgia Meloni manda un videomessaggio: “Tajani ha saputo raccogliere l’eredità di Berlusconi”. Qui nel palazzo razionalista dei congressi è tutto un mausoleo del Cav. A Onna con il fazzoletto dei partigiani al Collo, a “Porta a Porta” la firma con il contratto con gli italiani, a Milano. Non c’è però un clima nostalgia. Anche se per il momento Berlusconi si candiderà alle europee, nel senso che il suo nome comparirà nel simbolo, mentre Tajani ancora non si sa. Ma se Giorgia Meloni lo farà lui non si sottrarrà. Così come, e questa è una notizia nuova, prende piede anche la corsa di Letizia Moratti che potrebbe giocare un brutto scherzo al Terzo polo che la scelse alle ultime regionali proprio contro il centrodestra. Donna Letizia ci sta davvero pensando, dopo il primo no iniziale. 


La sala dei mille delegati è blindata – servirà armarsi di bandiera tricolore per andare a curiosare – la stampa è riverita con caffettini e acqua. Giovani azzurri che Berlusconi, forse non l’hanno mai votato per motivi anagrafici, entrano ed escono con i vessilli da distribuire in platea quando Tajani, il segretario che oggi sarà eletto per acclamazione, farà il suo lungo discorso. Per fare capire il clima non proprio conciliante nei confronti della Lega basta leggere questo passaggio di Manfred Weber, capogruppo del Ppe (oggi toccherà a Roberta Metsola), ospite dell’evento. “Vogliamo davvero distruggere tutto? Come vuole fare l’Afd?”, cioè la famiglia politica di Salvini a Strasburgo. E ancora, e qui invece ce l’ha con il nuovo acquisto di Meloni: “Vogliamo davvero cambiare di nuovo i confini come sognava Zemmour per il quale il Nord Italia doveva essere francese? O vogliamo lasciare l’Europa nelle mani della Le Pen?”. Manda un messaggio video anche Ursula von der Leyen, segnale di attenzione interessato per la presidente che sogna il bis.  Per la famiglia Berlusconi – “che ci aiuta e ci sostiene”, come dice Tajani – c’è solo Paolo. Ma non i figli del Cav. Così come manca all’appello anche l’inconsolabile Marta Fascina. Quando uno dei futuri vicesegretari Stefano Benigni chiama l’applauso per Marta nessuno o quasi se lo fila in sala. Oggi sarà comunque anche il giorno dei vice Tajani: Roberto Occhiuto, Alberto Cirio, Debora Bergamini e Benigni. Ciascuno rappresenta piccole quote interne e fazioni in lotta fra loro da diversi mesi. Dovrebbero essere letti anche loro per alzata di mano, ma Occhiuto chiede il voto dei delegati per contarsi. Oggi si capirà.


La vicaria, o meglio la vice anziana, sarà Bergamini (in quota famiglia). “Se ho sbagliato con qualcuno di voi vi chiedo scusa, ma l’ho fatto per il bene del partito”, dirà Tajani guardando alla sua sinistra, dove tra gli altri siedono, fianco a fianco, Licia Ronzulli e Giorgio Mulè. Suggestioni. Ma il protagonista rimane il neo segretario, l’eterna spalla diventato leader. “Non è facile parlare: ti senti un po’ come un giocatore della squadra di Maradona che deve giocare la finale di Champions e però Maradona non c’è più”. Non si sa se il ministro degli Esteri e vicepremier si senta più Giordano o Careca (componevano con Diego la MaGiCa dello scudetto del Napoli), ma è sicuro che che ci sia uno spazio politico fra Elly Schlein e Meloni. Vuole essere la calamita di quella terra di mezzo che fa gola ai nemici giurati Matteo Renzi e Carlo Calenda, entrambi sulla stessa palla elettorale.

Tajani dice che questa è la sua famiglia, e si commuove. Cita diverse volte Berlusconi e si commuovono tutti. Ma soprattutto Paolo, seduto accanto al governatore siciliano Renato Schifani. C’è aria di colpaccio da parte del calabrone: la mosca (Salvini) ronza nervosa, senza una apparente direzione, intorno a Meloni e al centrodestra. Intanto Paolo Berlusconi se n’è andato. Voce fuori campo di un fotografo: “Ma come si chiama la nuova fiamma del fratello del Cav.? Che grande”.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.