Una seduta del Parlamento italiano (Ansa)

Ddl Calderoli

Autonomia differenziata e Lep: cambiare tutto per non cambiare niente 

Massimo Bordignon Leonzio Rizzo Gilberto Turati

Un'analisi tecnica per comprendere gli aspetti finanziari della legge del governo. che dopo l'approvazione del Senato attende il via libera della Camera

Il disegno di legge sull’attuazione dell’autonomia differenziata ex art. 116 della Costituzione, modificato in sede referente dalla  Commissione permanente Affari costituzionali,  è stato ormai approvato al Senato e attende l’approvazione definitiva della Camera. Se ne sta parlando molto dal punto di vista politico, poco dal punto di vista tecnico. Eppure sono rilevanti le questioni riguardanti le modalità e il livello del finanziamento dei Livelli essenziali delle prestazioni (Lep) previsti dalla Costituzione, come emergono dalla versione modificata dal Senato dell’originario ddl Calderoli.


Per quanto riguarda le modalità di finanziamento dei Lep, una prima modifica risolve i problemi di finanziamento della spesa effettiva che avrebbe generato un sistema di compartecipazioni fisse ai tributi erariali, ovvero quote di tributi statali (come Irpef e Iva) da destinare alle regioni. Un sistema di compartecipazioni fisse avrebbe potuto lasciare infatti alcune regioni con risorse in eccesso rispetto ai servizi da erogare e altre con risorse mancanti, in base alla dinamica relativa delle entrate e della spesa. Una Commissione paritetica procederà “annualmente alla ricognizione dell’allineamento tra i fabbisogni di spesa già definiti e l’andamento del gettito dei tributi compartecipati”. Nel caso servisse si adotteranno “le necessarie variazioni delle aliquote di compartecipazione definite… garantendo comunque l’equilibrio di bilancio e nei limiti delle risorse disponibili”. 


Si prevede di fatto un aggiornamento annuale delle compartecipazioni attribuite alle regioni in modo da garantire un trasferimento di risorse che soddisfi i fabbisogni di spesa individuati da indicatori che si rifanno ai Lep. Si tratta dello stesso schema che viene adottato per il finanziamento della sanità, con la determinazione annuale della compartecipazione all’Iva a chiusura delle esigenze di finanziamento del Fabbisogno sanitario, solo in minima parte finanziato dai tributi regionali. Nel caso della devoluzione prevista dalla legge in fase di approvazione non si contempla tuttavia l’utilizzo di alcun tributo regionale. In questo schema c’è poco spazio per l’autonomia “finanziaria” regionale. Lo stato determina la somma totale da distribuire e sempre lo stato ci mette i soldi con una quota di un tributo erariale (compartecipazione). Tale somma viene poi distribuita secondo criteri legati ai Lep, anch’essi definiti dallo stato, per di più, come vedremo in seguito, con forti limiti alla loro definizione legati alla spesa del passato. Tutto ciò esclude qualsiasi tipo di secessione.


Dal punto di vista finanziario, è importante notare che, trattandosi di autonomia “differenziata”, solo alcune regioni potrebbero chiedere maggiore autonomia su alcune funzioni di spesa. L’articolo 9 al terzo comma garantisce l’invarianza finanziaria per le regioni che non partecipano ad alcuna intesa. Ma resta difficile capire come questo si possa conciliare con una distribuzione di risorse per le regioni che aderiscono alle intese in base ai Lep, nel caso in cui queste si discostino dalla spesa storica, se nel frattempo si intendono anche mantenere le risorse complessive dedicate alle funzioni devolute invariate rispetto alla situazione precedente alla devoluzione. La soluzione potrebbe essere quella di aumentare le risorse dedicate al finanziamento dei Lep, ma questa potrebbe scontrarsi con la necessità di mantenere gli equilibri di bilancio.


Anche se si trovassero le risorse, il  terzo comma del nuovo articolo 9 sarebbe comunque molto chiaro nello stabilire che “le intese, in ogni caso, non possono pregiudicare l’entità e la proporzionalità delle risorse da destinare a ciascuna delle altre regioni, anche in relazione a eventuali maggiori risorse destinate all’attuazione dei Lep”. Quindi l’aumento delle risorse da destinare al soddisfacimento dei Lep per le funzioni devolute deve essere accompagnato da un aumento delle risorse anche per le regioni che non hanno chiesto l’autonomia. Inoltre, l’aumento di risorse complessivo deve essere ripartito in base alle proporzioni in essere prima della devoluzione. Tutto ciò implica accettare che le proporzioni in cui veniva prima ripartita la spesa erano quelle corrette. Quindi o la spesa era già distribuita in modo tale da soddisfare i Lep, oppure si rinuncia di fatto ai Lep per garantire la spesa storica. In entrambi i casi il provvedimento legislativo è irrilevante dal punto vista finanziario. Chissà cosa succederà quando lo scopriranno gli elettori della Lega, ai quali la riforma è stata presentata come l’inizio di una nuova era di autonomia finanziaria delle regioni del nord.