La sinistra riparta dalla Scala (antifascista)
Il Pd dorme sull’economia, sull’Europa, sull’Ucraina e pure sul medioriente. Ma sull’antifascismo del 1922 è preparatissimo
Poiché evidentemente non hanno un’idea chiara sulla giustizia, sull’economia, sull’Europa, sull’Ucraina e nemmeno sul medioriente, poiché insomma Giuseppe Conte gli ha scippato il salario minimo, gli extraprofitti e pure il pacifismo, è comprensibile che appena possono i dirigenti del Pd si mettano a pattinare con un sospiro di sollievo sull’olio del fascismo e dell’antifascismo. Ci vanno col pilota automatico, come si suol dire, quasi col sospiro di sollievo gratificante di non dover pensare nulla. Questo, bisogna ammetterlo, gli riesce bene. Lo faremmo pure noi, in effetti, se avessimo come segretaria Elly Schlein. D’altra parte ella, cioè Elly, non è mica il mercato generale delle idee. Anzi, il suo segreto è proprio questo: manda avanti il suo podere senza chiedere sovvenzioni al consorzio agrario della fantasia.
Sicché ieri ella, cioè Elly, anzi essi, i dirigenti del Pd, hanno inserito il pilota automatico quando un tizio che era seduto nel loggione del teatro alla Scala ha urlato: “Viva l’Italia antifascista” per contestare Ignazio La Russa, seguito dai non sveglissimi funzionari della Digos che gli hanno chiesto i documenti. E, improvvisamente, una faccenda di zero importanza come questa viene trasfigurata nel caso del giorno, del mese, forse dell’anno perché risveglia Elly, cioè essi, i parlamentari del Pd, dal loro stato di torpore e di coma: “Identificateci tutti”.
Rianima (in senso medico) pure l’account ufficiale del partito: richieste di chiarimenti, dichiarazioni di scandalo, manifestazioni di solidarietà, e i ripetitivi e monotoni commenti di Repubblica. Una parola su tre da ieri è fascismo, fascista, antifascismo, antifascista. Noi stessi abbiamo una figlia di sette anni che ieri mattina si è messa a picchiare la sua bambola e le diceva: fascista, fascista cattiva. Lo fa anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, quello del balletto tra palco e platea. Ma non ha sette anni.
Il Tg3 del pomeriggio ieri sembrava letto da ex confinati o da ex condannati del tribunale speciale di mussoliniana memoria. Sono andati pure a intervistare a casa il signore (simpatico: ama la lirica e i cavalli) che ha gridato “viva l’Italia antifascista”. Lo gridiamo pure noi. Tra l’altro, come ha detto Fiorello riconducendo ogni cosa alla sua giusta e farsesca dimensione, “pare stiano indagando perché alla Scala si è sentito anche un altro urlo fortissimo: ‘Viva il Ponte sullo Stretto!’. Però nessuno ha ancora capito chi fosse”. Ecco.
Ma torniamo al cuore della faccenda: la sinistra riparta dalla Scala antifascista! Abbiamo trovato il federatore: è il signore dell’urlo. Un insieme di cose già sentite, già lette, già viste, un intreccio di repertorio che non è moda vintage ma revival, una parola imparentata con dissotterramenti, tombe, zombi e fantasmi. Roba da toccare ferro. La verità è che questi del Pd sul fascismo del 1922 stanno sulla garitta, si svegliano, mentre su tutto il resto, diciamo tutto ciò che concerne all’incirca la politica del ventunesimo secolo, ecco tutto questo non li raggiunge. Sembrano ignari come l’Ulisse di Pascoli: “Ma non già l’udiva / tuffato il cuore d’Odisseo nel sonno”.
Mercoledì pomeriggio, per dire, alla Camera, la sinistra avrebbe potuto battere la maggioranza che era ridotta nei numeri dalle assenze sul salario minimo. Ma i deputati dell’opposizione, dopo aver tirato fuori dei cartelli, non erano in Aula al momento del voto. Dormivano? A saperlo, sarebbe bastato che qualcuno si fosse messo a urlare “viva l’Italia antifascista”. Almeno avrebbero fatto dei tweet.
Antifascismo per definizione