Il caso

Crosetto in ritirata: respinto dall'Antimafia, telefona a Santalucia e Nordio lo sconfessa

Simone Canettieri

La commissione non lo sentirà, dubbi anche del Copasir. Il ministro parlerà del complotto delle toghe in Aula durante il question time

E’ partita l’operazione soufflé: il governo intende sgonfiare il caso Crosetto. Il j’accuse del ministro della Difesa contro le toghe dopo tre giorni di tensione, registra le prime frenate. O meglio: ci sono segnali distensivi. Visto che il cofondatore di Fratelli d’Italia da New York ha sentito al telefono il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, dopo le ultime polemiche abbastanza feroci. Un modo, quello di Crosetto, di cercare di abbassare i toni. I due si sono ripromessi di incontrarsi di persona nei prossimi giorni. Prima però c’è il Parlamento. Ieri non troppo a sorpresa la commissione Antimafia  ha deciso di non audire il titolare della Difesa. Questione di competenze, è stata la versione ufficiale della presidente Chiara Colosimo. Ma non solo.  

Così si è evitato anche un antipatico precedente. Da domani chiunque, dietro il vincolo della segretezza, sarebbe potuto andare a riferire alla commissione. “E’ utile che possa farlo nelle sedi parlamentari più idonee”, ha scritto l’ufficio di presidenza dell’Antimafia. Rimane dunque il Copasir. Ma anche i membri del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica sono perplessi. “E’ una questione di perimetro: ci occupiamo di servizi segreti”, spiegano, brutalizzando il concetto, i componenti dell’organismo. “Al momento non è previsto”. E così in questo pellegrinaggio o gioco dell’oca si finisce in Aula. Il sei dicembre è in programma un question time per Crosetto. E a seguire un’informativa urgente sempre del ministro sul contingente italiano in Libano. Oggi in conferenza dei capigruppo l’opposizione potrebbe chiedere di cambiare argomento all’informativa, ma servirebbe il via libera della maggioranza: è complicato. Molto più semplice che durante il question time Pd, M5s e Sinistra italiana chiedano conto al ministro delle sue affermazioni. Vista da fuori insomma sembra che la faccenda si avviluppi su se stessa. La linea di Meloni è chiara: troncare e sopire. Evitare di accendere uno scontro in questo momento, con accuse preventive. L’argomento è tabù. Lo si è visto anche ieri in Senato durante la presentazione del libro di Vittorio Amato e Giovanni Lamberti (“Una battuta, presidente”, edizioni Marlin) ricco di aneddoti sul berlusconismo. Quale migliore occasione per rinfocolare, nel nome del Cav., le polemiche contro la magistratura politicizzata? Invece niente, nonostante il parterre du roi: il presidente del Senato Ignazio La Russa e la ministra Daniela Santanchè. Entrambi, toccati a vario titolo da due inchieste giudiziarie, hanno tirato dritto davanti alle domande dei cronisti. “Ho già parlato abbastanza durante la presentazione del libro”, ha detto La Russa sgusciando via. “Non ho nulla da dire”, ha aggiunto la “Santa”. Operazione soufflé, insomma. Visto che il ministro della Giustizia Carlo Nordio dopo 72 ore di silenzio, e una conferenza stampa fatta saltare su provvedimenti che lo riguardavano, ha battuto un colpo. Da una parte ha usato parole distensive nei confronti delle toghe, dall’altra non ha sconfessato pienamente il collega di governo, anche se ha ridimensionato, e parecchio, il caso. “Non temo un attacco della magistratura e non lo teme neanche Crosetto. Credo che il ministro della Difesa abbia interpretato quello che è un sentimento abbastanza diffuso, che si è creato in questi decenni ed è stato acuito dallo scandalo Palamara”, è stata la linea del Guardasigilli intervistato da Bruno Vespa. Si torna così al protagonista di questa vicenda che nel giorno tre della polemica sembra abbastanza isolato. Intercettato dai giornalisti a New York ha detto: “Avendo parlato io di riunioni pubbliche fatte da associazioni mi pare che ci sia poco da denunciare. In una risposta incidentale in un articolo su tutto un altro tema ho soltanto detto una cosa che mi aveva colpito, se vogliono che la riferisca in Parlamento la riferisco volentieri”. Questa la premessa e poi la chiusura, che suona come un auspicio difficile da realizzarsi “Siccome però – ha aggiunto Crosetto – non sono il ministro della Giustizia, per rispetto istituzionale preferisco farlo in alcune commissioni tipo la commissione antimafia o il Copasir, decidano loro quale ritengono migliore”. E’ molto probabile come detto che invece parlerà in chiaro in Aula, a Montecitorio, rispondendo alle domande delle opposizioni. Si spiega così quella che appare come una ritirata o di sicuro una frenata di Crosetto, forse su input proprio di Giorgia Meloni, per niente intenzionata a finire in mezzo a questo tritacarne. “Ci siamo sentiti oggi col ministro, ha avuto la cortesia di chiamarmi. E’ fuori Italia e quando ritornerà probabilmente ci incontreremo. Abbiamo parlato poco perché è all’estero”, ha detto ieri sera in tv Santalucia, sottolineando fra le righe l’importanza di aver ricevuto la chiamata e di non averla fatta.  

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.