Le riforme

Doppio turno: Iv lo chiede, al Pd non dispiace. La legge dei sindaci per salvare il premierato

Gianluca De Rosa

L'iter della riforma partirà dal Senato. Per essere della partita i renziani chiedono modifiche sul limite dei mandati del premier e legge elettorale. Con il ballottaggio la maggioranza può spingere anche le altre opposizioni a sedersi al tavolo

“Il centrodestra non dia per scontato il nostro sostegno alla riforma, dice Raffaella Paita senatrice d’Italia viva. La discussione del disegno di legge costituzionale che introdurrebbe il premierato, l’elezione diretta del presidente del Consiglio, per volere del governo, comincerà il suo iter proprio dalla commissione Affari costituzionali di palazzo Madama.  Per adesso i renziani sono gli unici aperti a un dialogo con la maggioranza. “Siamo dell’idea – dice Paita – che le regole vadano scritte insieme. Non faremo l’errore che Meloni fece con la riforma Renzi e che oggi Pd, M5s e Azione ripetono: l’errore di dire di no a prescindere”.

Questo non significa però che Iv sarà a tutti i costi accanto alla maggioranza nel percorso parlamentare verso l’approvazione della riforma. “Il nostro sostegno – argomenta la senatrice  – sarà subordinato a una serie di correttivi al pasticciato testo del governo sul solco del nostro progetto di legge per il sindaco d’Italia”. Insomma, anche l’appoggio di Renzi e compagni non è affatto ovvio. Spiega Paita: “Ci sono diverse cose che vanno riviste: è necessario inserire un limite massimo di mandati per il premier, serve affrontare il nodo del bicameralismo paritario e, soprattutto, introdurre per l’elezione del premier e del parlamento un secondo turno: il ballottaggio per far scegliere ai cittadini il vincitore, come accade oggi nei comuni”.


Quest’ultimo punto sembra essere quello davvero dirimente. L’attuale testo della riforma prevede all’articolo 3 un premio di maggioranza del 55 per cento per la coalizione vincente. Un premio che viene assegnato a prescindere dalla percentuale di voti raccolti. Due sentenze della Corte costituzionale hanno sancito l’illegittimità di un tale premio, totalmente slegato da una soglia percentuale di voti raggiunti: la prima, del 2014, ha bocciato l’assegnazione prevista dalle legge elettorale di allora, il Porcellum,  del 55 per cento dei seggi alla coalizione più votata. Mentre in una sentenza del 2017 la Consulta ha ritenuto congrua la previsione del 40 per cento dei consensi prevista dall’Italicum per ottenere il premio di maggioranza.

“Anche questo – dice Paita – è un buon motivo per guardare all’unico sistema istituzionale che funziona in Italia, quello del sindaco”. Il ballottaggio è l’arma con la quale la maggioranza può convincere non solo Iv, ma anche il resto delle opposizioni di essere disposta sul serio a una discussione di merito. L’introduzione del ballottaggio d’altronde non dispiace neanche al Pd. Dice il costituzionalista dem Stefano Ceccanti: “E’ l’unico sistema che sarebbe coerente con la riforma varata dal governo. D’altronde – spiega – i rilievi della Corte in caso di elezione diretta del premier (il cui nome sarà indicato sulla scheda accanto alla coalizione che lo sostiene ndr) induce a pensare che questo quorum debba essere superiore al 40 per cento ritenuto idoneo per il premio senza indicazione o elezione del premier, almeno al 50, questo porta quasi fisiologicamente all’introduzione di un doppio turno”. Anche questo correttivo comunque non convincererebbe Schlein e gli altri dem, contrari all’elezione diretta, a votare la riforma.  I parlamentari  del Pd potrebbero limitarsi ad approvare i correttivi, bocciando però il testo finale.

 

Sarebbe dunque molto importante per la maggioranza il sostegno di Iv. Non permetterebbe ovviamente al centrodestra di raggiungere la maggioranza dei due terzi e, dunque, di evitare di sottoporre la riforma a ballottaggio. Non sarebbe però per questo insignificante: mostrerebbe il tentativo dell’esecutivo di scrivere la riforma anche con le opposizioni, almeno con quelle disponibili a farlo e renderebbe più complicato il lavoro delle opposizioni, oggi facilitato da una riforma piuttosto pasticciata.


Una modifica del genere può comunque apparire complicata. Il ballottaggio è visto dal centrodestra come il fumo negli occhi perché, soprattutto nelle ultimi anni, in molti casi, le tornate amministrative nelle città più grandi, che prevedono il ballottaggio, hanno visto l’attuale compagine di governo sconfitta al secondo turno se non dai partiti, dalla coalizione di fatto degli elettori di Pd, Terzo polo e M5s. Molto spesso un’alleanza fatale. Insomma, al ballottaggio troppo spesso il centrodestra è andato incontro alla sconfitta. E se questo effetto si verificasse anche alle elezioni politiche? A maggior ragione però, andando almeno in apparenza contro i propri interessi, la maggioranza mostrerebbe di fare sul serio.