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assenze da premierato

Il ministro Casellati alle prese con la riforma che non ha scritto. Arriva in ritardo e accascia tutti

Salvatore Merlo

La "scomparsa" della ministra per le riforme istituzionali nel corso della conferenza stampa di presentazione della riforma costituzionale tra la spilla col ramarro e il cellulare sotto il banco

Anche in Consiglio dei ministri quando Maria Elisabetta Alberti Casellati scompare, succede immancabilmente che nessuno se ne accorge. Così pure ieri, a Palazzo Chigi, nel corso della conferenza stampa nella quale il governo presentava la riforma costituzionale, insomma nel giorno di gloria (in teoria) della Casellati, ecco che la cosa si è ripetuta: malgrado il ministro “delle riforme” non ci fosse, la conferenza stampa “sulle riforme” è iniziata lo stesso. Sicché passano diversi minuti, Giorgia Meloni sta parlando, e finalmente eccola. Ecco Maria Elisabetta Alberti Casellati! Blusa verde  a ramage assortiti, tipo tappezzeria di divano con rametti e fogliame.  Il ministro, con quella blusa e  con tutti quei nomi, avrebbe certamente diritto ad almeno tre sedie. Ma purtroppo a destra di Salvini ce n’è soltanto una. E Casellati, che è modesta, si accontenta. Benché in realtà la raggiunga a fatica, quella sedia, considerato il peso della spillona d’oro da circa un quintale a forma di ramarro e ulteriormente gravata (nel peso) da due giganteschi smeraldi e topazi che, ben panciuti, sembrano dei jumbo jet da trasvolata oceanica. Ma di Bulgari.

Dopo mezz’ora, dopo che hanno parlato Salvini e Tajani, Meloni si gira verso destra e dice: “La parola al ministro Casellati”. La quale però, da circa mezz’ora, assorta, teneva il cellulare sotto il banco mandando probabilmente Whatsapp a raffica come quando alla Camera, un anno fa,  strappava di mano le schede per l’elezione del presidente della Repubblica a Roberto Fico, e intanto con la mano sinistra compulsava il cellulare per sapere dal suo portavoce (poi cacciato come i precedenti sette malcapitati portavoce): “A quanto stiamo? Quanti voti ho preso”.

Sicché oggi come allora Casellati viene colta di sorpresa. “La parola al ministro Casellati”. Sussulto. Tocca a me? Il ministro afferra i fogli che le sono stati preparati dagli uffici, e comincia a leggere. Casellati legge. E legge. E legge. E poi legge. Passano i minuti. Lei legge. I cronisti sbadigliano. E lei legge. Salvini guarda in aria come cercasse una zanzara. Tajani controlla se ha la scarpa slacciata. Meloni getta un’occhiata discreta al suo orologio da polso. Mantovano si aggiusta la cravatta. Tutto un linguaggio dei corpi, dei segni, degli occhi. Ma il ministro Casellati, detta Betty, non se ne accorge: lei legge. Legge per dieci minuti scarsi, ma sembrano dieci ore. Ogni tanto solleva la testa, guarda la presidente del Consiglio, si aggiusta il ciuffo e... riprende a leggere. D’altra parte la riforma non l’ha scritta lei. Anzi, pare che quando gliela abbiano data si sia messa a brontolare: “Questa riforma è incomprensibile”. Dicono tuttavia che a quel punto un collaboratore assai preparato  le abbia fatto notare che teneva il foglio alla rovescia. Al che lei, dopo averlo disposto per il verso giusto, siccome è una persona onesta, ha detto lealmente: “Adesso va un po’ meglio”. E infatti, in conferenza stampa, si capisce che la riforma ora le piace. “Basta con i governi tecnici”, dice. Poi alza lo sguardo verso Meloni, come per chiederle: dico bene, no? “Preserviamo le prerogative del presidente della Repubblica”, aggiunge. E di nuovo alza lo sguardo verso Meloni: giusto, no? Appena termina la lettura dei fogli Casellati si ferma, con un po’ d’incertezza, e subito la parola passa al sottosegretario Leo. Sospiri di sollievo. I giornalisti cominciano a fare le domande. Ce n’è per  tutti, tranne che per Casellati. Sicché dopo circa un’ora, Meloni, nel giorno della presentazione della riforma, si ricorda che in effetti lì c’è anche un “ministro delle riforme”. E dunque, mossa forse da umana compassione, la premier dice: “Adesso risponde Casellati”. Ma siccome ella, cioè Casellati, stava di nuovo guardando il cellulare sotto il banco, quando si accorge di avere la parola e prende il microfono ecco che il suo telefonino comincia a dare delle interferenze tali che quasi coprono la sua voce. Ma lei, indomita, afferra il microfono come Orlando il suo corno a Roncisvalle, e proclama: “Sto lavorando per mettere a terra anche la riforma elettorale”. La spillona a forma di ramarro, intanto, per il peso eccessivo, le si è piegata tra il fogliame della blusa. Un  ramarro d’oro svenuto. Ed è forse l’unica cosa che in effetti Casellati ha messo  a terra.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.