Manovra

La bozzofila di Meloni. Il cortocircuito sui pignoramenti è da cena dei cretini

Carmelo Caruso

Il governo Meloni smentisce Meloni. La vera storia della misura sui pignoramenti (già approvato nella delega fiscale). La fronda contro il Mef: "Dacce i sordi"

E’ da manuale, il manuale del cretino: smentire una notizia che si dice “non esiste”,  trasformarla in vera, dichiarare di aver bloccato una misura (ma se non esiste?) e aggiungere pure: era una bozza falsa! La verità sui pignoramenti veloci, la norma che  Meloni avrebbe “stoppato”  in manovra, è banale e tragica. Racconta di un governo che non ricorda neppure cosa vota e di una premier che per paura di essere superata da Salvini (“per me la manovra è chiusa”) e Tajani (“la manovra è aperta”) va nel panico. La misura che velocizza i pignoramenti  è  un principio giuridico della delega fiscale del viceministro di FdI, Leo. Il principio non significa “pignoriamo con un clic”, ma grazie alla “manovra” comunicativa di Chigi diventa per tutti una “retromarcia”.

 

E’ giovedì sera quando il governo, sull’onda delle proteste di Forza Italia e Lega, decide di intervenire. Lo fa prima con spifferi,  “Meloni blocca la norma pignoramenti”, titoloni suggeriti, “Meloni, pignoramenti, non se ne parla”. Successivamente si passa alla nota riservata ai giornalisti. Sia chiaro, nessuno ce l’ha con i bravissimi colleghi dell’ufficio stampa di governo, ma con il metodo “bozzofila”. La nota recita: “La notizia secondo la quale in legge di bilancio sarebbe presente una misura che consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di accedere ai conti correnti  è totalmente priva di fondamento”. Che sia possibile accedere è vero (lo hanno votato) pignorare con un clic è un’altra cosa. A Chigi, il sottosegretario Fazzolari, che dirige la comunicazione strategica, decide che il governo deve fare qualcosa. In gergo si dice “dobbiamo uscire”. FdI riempie i social: “Bloccata la norma sui pignoramenti”. Nessun cervello  si preoccupa di capire quale sia  la norma, se sia presente o meno, se esiste  ambiguità nel testo. L’attività di queste ore è telefonare al Mef e dire: “Ce servono sordi. Ministro, dacce e sordi”.

 

Dato che l’opposizione non è capace di pizzicare il governo, l’opposizione se la fa il governo in casa: Lega contro Forza Italia e FdI contro Lega. E’ quanto continua ad accadere mentre si scrive. Salvini dichiara che “la manovra è chiusa”, mentre  Tajani ripete che è “ aperta”. Ed è chiaro. Il fedele Tajani, Trudi Tajani, al momento non ha ottenuto quanto chiedeva sulla cedolare secca. Resta al 26 per cento. In mezzo rimane  il solito Giancarlo Giorgetti che come ha disegnato Makkox, sul Foglio, ha chiuso la porta del suo ufficio. Dicono che abbia lasciato Roma  e non si esclude che a dicembre vada a fare il Natale in Scozia da privato cittadino.

 

Ma torniamo al  pignoramento. Bisogna risalire ad agosto. Meloni dice “stoppato” e non sa neppure che Meloni ha stoppato Meloni. Il principio giuridico “l’informatizzazione delle procedure” è contenuto nella delega fiscale approvata per ben tre volte da Camera e Senato.  L’articolo è il numero 18, paragrafo 3, dove si parla di “razionalizzazione, informatizzazione e la semplificazione delle procedure di pignoramento”. Ripetiamo: si parla di un principio, non c’è l’automatismo che autorizza a pignorare, ma il governo, grazie all’informatizzazione, può sapere se sul conto corrente ci sia disponibilità economica. La parola magica è “informatizzazione”. Il deputato Luigi Marattin, il ministro ombra dell’Economia  per conto di Italia Viva (Antonio Misiani lo è per conto del Pd) ha provato pure a spiegarlo. In Aula, sempre questa estate,  si rivolge alla destra e dice: “Sapete cosa avete votato?”.  Fa il suo mestiere. Li mette di fronte alle loro contraddizioni di destra, allo slogan “non mettiamo le mani nelle tasche” etc, etc… Nella prima versione la parola è “automazione”. La maggioranza dopo le parole di Marattin cambia la parola con “informatizzazione”. Pensano che il problema sia di sinonimi e contrari. La delega fiscale passa.

 

Delle due l’una: o erano d’accordo o non sanno cosa votavano. Si propende per la seconda. Dopo il cortocircuito il viceministro Leo  si è dovuto mettere sui ceci e rilasciare interviste per garantire che la norma “non c’è”, “ve lo assicuro”. I giornalisti, che fanno i giornalisti, gli chiedevano: “E le pensioni?” e Leo: “Ah, ma quello dovete chiederlo a Giorgetti”. Nessuno rispondeva alla domanda: ma il governo Meloni è a favore o no del pignoramento veloce? Vuole recuperare il denaro di chi non ha pagato? Dice Marattin: “La domanda è: vogliamo avere una riscossione che funzioni?  In questo paese tutti sanno cosa bisogna fare ma nessuno sa come essere rieletto”. La domanda finale è questa: un’agenzia di rating che deve valutare l’Italia e che legge le cronache italiane, e di “Meloni che stoppa Meloni”, come dovrebbe classificarci: tripla B  o cretini AAA?

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio