Giancarlo Giorgetti (Ansa)

segnali di fumo

Così Giorgetti ha trasformato la Nadef nel “caro diario” delle frustrazioni di governo

Claudio Cerasa

Elogi alla Fornero, applausi alla Bce e poi al Pnrr. Tra le righe del documento finanziario, il ministro dell'Economia ha nascosto una serie di meravigliosi e criptici sfoghi. Piccoli atti di realismo e resistenza, che contraddicono la retorica dell'esecutivo e della maggioranza
 

A volte verrebbe voglia di abbracciarlo Giancarlo Giorgetti. E’ lì, ogni giorno, che si sbraccia, che si preoccupa e che si fa in quattro per cercare di spiegare ai suoi, e in particolare al Suo, che bisogna essere prudenti, che i mercati bisogna ascoltarli, che gli investitori non vanno sfidati, che il debito va monitorato, che l’Europa non va schiaffeggiata e che le casse dello stato non vanno stressate. E’ lì che si sbraccia, che si preoccupa, che si agita, che alza le spalle quando non può fare nulla. Ed è lì da mesi, quando può, a inviare segnali di fumo, ai suoi amici, ai suoi avversari, ai suoi alleati.

L’ultimo segnale, l’ultimo messaggio in bottiglia, è quello che il ministro Giorgetti, eroicamente, ha infilato tra le righe della Nota di aggiornamento al Def. E’ un messaggio in bottiglia che arriva dopo quello inviato già a metà agosto, quando Giorgetti scelse di non presentarsi alla conferenza stampa successiva al Cdm in cui Meloni approvò la contestata legge contro gli extraprofitti delle banche. E’ un messaggio che arriva dopo quello già inviato a giugno, quando il Mef inviò alla Camera un parere sugli effetti finanziari legati all’entrata in vigore del Fondo salva stati (Mes) certificando che, rispetto alla possibile entrata in vigore dell’odiato Fondo salva stati, “non si rinvengono nell’Accordo modifiche tali da far presumere un peggioramento del rischio”.

Sono piccoli sbuffi, piccoli segnali, piccoli atti di resistenza, piccoli atti di realismo, che si aggiungono a una serie di meravigliosi e criptici sfoghi contenuti nella Nadef. Nadef che il ministro Giorgetti ha trasformato in un romantico libro “Cuore”. Non ti preoccupare, noi facciamo tanta cagnara sull’evasione fiscale, lo so, abbiamo tentato di ridurre l’uso del Pos, abbiamo strizzato qualche volta l’occhio agli evasori con la pace fiscale, abbiamo evocato ogni tanto il condono, abbiamo demonizzato l’Agenzia delle entrate, ma quello che conta, caro diario, cara Nadef, è ciò che facciamo davvero: nei fatti. Quello che conta, dunque, è che abbiamo scelto di non apportare alcuna discontinuità con il passato, abbiamo persino riconfermato il direttore dell’Agenzia delle entrate che hanno scelto in passato i nostri avversari e abbiamo persino ampliato l’uso del Pos anche alle tabaccherie. E quello che conta, per noi, caro diario, cara Nadef, è far sì che la nostra riforma fiscale abbia “fra gli obiettivi un più efficace contrasto all’evasione ed elusione fiscale”, perché non abbiamo alcuna intenzione di interrompere un percorso virtuoso iniziato quando un governo precedente, quello Renzi, nel 2014 scelse di introdurre la fatturazione elettronica, dando un contributo notevole a portare l’evasione fiscale dai 109 miliardi del 2014 agli 86,9 miliardi del 2020, come abbiamo scritto nella Nadef, caro diario, e per questo promettiamo che faremo di tutto per “contrastare più efficacemente l’evasione e l’elusione fiscale mediante il rafforzamento dell’utilizzo delle diverse banche dati a disposizione”.

 

Inoltre, mio caro, carissimo diario, voglio dirti, a bassa a voce, ma tu so che puoi capirmi, che gran parte delle nostre idee sulle pensioni, comprese quelle del mio Capitano, sono frutto di idee sballate, per così dire. E così, ti dico, caro diario, cara Nadef, che oggi, in confidenza, purtroppo, “la previsione della spesa pensionistica sconta gli effetti delle misure contenute negli interventi di riforma adottati nel corso degli ultimi decenni”.


Dal 2019 al 2022, caro diario, “il rapporto tra spesa pensionistica e pil aumenta, prima repentinamente, raggiungendo un picco pari al 16,9 per cento nel 2020, e poi si riduce nei due anni seguenti”. E se mi chiedi chi c’era nel 2019 al governo la risposta purtroppo la sai: c’eravamo noi, con il M5s, e con la nostra stramaledetta Quota 100. Te lo dico senza girarci intorno, caro diario, cara Nadef: “La spesa in rapporto al pil (…) è condizionata anche dall’applicazione delle misure in ambito previdenziale contenute nel decreto legge n. 4/2019 (tra cui Quota 100), le quali, favorendo il pensionamento anticipato, determinano per gli anni 2019-2021 un sostanziale incremento del numero di pensioni in rapporto al numero di occupati”. E se proprio devo essere sincero, cara Nadef, l’Italia, sulle pensioni, ha conosciuto un modello virtuoso anche “con la legge n. 214/2011 che, elevando i requisiti di accesso per il pensionamento di vecchiaia e anticipato ha migliorato in modo significativo la sostenibilità del sistema pensionistico nel medio-lungo periodo, garantendo una maggiore equità tra le generazioni”.

E se mi chiedi, cara Nadef, caro diario, se quella legge è la stessa che noi combattiamo da anni, la legge Fornero, sotto voce, ma solo a te, dico di sì, brava, è proprio quella, ma non dirlo a Matteo. Volevo anche dirti, poi, cara Nadef, che, nonostante quello che abbiamo raccontato in campagna elettorale, gli ultimi due anni non sono andati affatto male, dal punto di vista economico. “Le stime più recenti di Banca d’Italia e Istat danno luogo a una riduzione del rapporto debito/pil degli ultimi due anni”. E c’è una serie di dati che “certificano l’eccezionale riduzione del rapporto nei due anni successivi al 2020, l’anno del picco al 154,9 per cento per via della pandemia, pari a oltre 13 punti percentuali”. So poi, cara Nadef, che qualche politico oggi racconterà, e ci racconterà, che le difficoltà economiche che abbiamo sono legate all’azione della Bce, che secondo qualcuno con i suoi tassi troppo alti renderebbe la vita impossibile a paesi come l’Italia.

Ma voglio dirti una cosa, caro diario, cara Nadef. Voglio dirti, con chiarezza, che “il calo dei prezzi dell’energia e la postura restrittiva della politica monetaria sembrano favorire la convergenza dell’inflazione verso i valori giudicati congrui con la stabilità dei prezzi”, al punto che la Banca centrale europea prevede che nel 2025 il tasso di inflazione scenderà “a un livello grosso modo in linea con l’obiettivo del 2 per cento”. Dunque, se mi chiedi se la Bce stia agendo bene la mia risposta è: sì, perbacco! La seconda cosa che vorrei dirti, in tutta confidenza, cara Nadef, è che nonostante qualcuno nel governo consideri il Pnrr un peso, una dura imposizione dell’Europa, un’inaccettabile eredità del passato, la verità è che noi, o quanto meno io, sappiamo che “la piena attuazione delle riforme del Pnrr, unita all’ulteriore aggiustamento fiscale, migliora il quadro macroeconomico, comportando un calo del rapporto debito/pil”. E non pensare che non veda che ci sono problemi, problemi che dipendono da noi, non pensare che io, cara Nadef, non veda che vi è una “tendenza al rialzo dello spread che ha portato il rendimento del Btp decennale a superare il 4,5 per cento, rispetto a una media d’anno del 4,2 per cento”, negli stessi giorni in cui “i valori per il Bund sono rispettivamente il 2,7 e il 2,4 per cento”.

Non pensare che io non lo sappia tutto questo. So bene che le cose vanno così così. E lo so a tal punto che arrivo a sovrastimare l’impatto che avrà il Pnrr sul nostro pil, promettendoti che il nostro lavoro, la nostra azione, farà viaggiare l’economia a un livello più alto rispetto a quanto oggi dicano l’Ocse, il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea, che un po’ da gufi stimano la nostra crescita nel 2024 allo 0,8 per cento, e so bene che potremmo arrivare a una cifra che vedo solo io, lo so, ma che vedo come possibile: +1,2 per cento, perbacco! Sono ottimista, lo so, so anche che la riduzione del debito non è quella che ti aspettavi, è solo di un decimale, ma sappi che io farò di tutto per evitare che i miei amici al governo facciano stupidaggini. Potrei fare di più, lo so, potrei sbattere i pugni sul tavolo, potrei essere più creativo, potrei essere più coraggioso, potrei minacciare le dimissioni, ma intanto accontentati di questo: non concentrarti troppo sulle parole dei miei amici, concentrati sui fatti, sulle parole e sul mio whatever it takes nascosto lì tra i miei segnali di fumo. Santa Europa, aiutami tu!
 

Di più su questi argomenti:
  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.