surrealismo alimentare

L'hamburger? Può essere solo di carne. La Lega vuole cambiare nome a quelli vegetali

Carmelo Caruso

Con un emendamento al decreto sui cibi sintetici, approvato in Senato, il partito di Salvini punta a proibire "l'utilizzo della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”, rischiando così di stroncare catene produttive e posti di lavoro

Una volta rinominavano le strade, adesso pure gli hamburger. C’è un emendamento, a un disegno di legge di governo, che fa davvero ridere i polli perché, a detta di chi lo ha pensato, la Lega, sarebbe a protezione dei polli, della carne-carne minacciata nientemeno che dall’hamburger vegetale. Il decreto è il ddl sui cibi sintetici. L’emendamento che sta sollevando un settore, un pezzo di economia, tra l’altro in crescita, è il numero tre e si prefigge di eliminare un modo di dire, di pensare, di acquistare. In tutti i banconi, da almeno trent’anni, ci sono prodotti vegetali comunemente chiamati hamburger vegetali. Sono pericolosi esseri che secondo questo nuovo dettato devono essere ridenominati. Via, mai più chiamarli così. E’ un divieto, vero e proprio, il bavaglio lessicale, come recita l’emendamento: “Divieto di utilizzo della denominazione di carne per prodotti trasformati contenenti proteine vegetali”.

Il ddl, insieme a questa pecetta che smacchia, è stato approvato al Senato e trasmesso alla Camera dove inizierà l’iter nelle Commissioni. Lo ha pensato la Lega e porta la firma del vicepresidente del Senato, già ex ministro dell’Agricoltura, Gianmarco Centinaio, insieme alla firma di altri parlamentari del Carroccio. Non è la prima volta. È una battaglia cara anche a FdI che ne aveva già fatto un disegno di legge simile. I prodotti di carne e pesce vegetale sono consumati da oltre venti milioni di italiani. Il ddl, come detto, si occupa di cibo sintetico tanto che le aziende di prodotti vegetali si chiedono: ma noi, che c’entriamo con il cibo sintetico? I prodotti vegetali sono vegetali e prodotti con materie prime vegetali. Chi sceglie questi prodotti lo fa per ragione di salute, chi per questioni etiche. Si sarà pur liberi, ancora, di mangiare come si vuole?

La destra si difende dicendo lo facciamo “a tutela del consumatore che può essere traviato”. E’ l’idea che l’italiano debba essere preso per mano in salumeria, o al banco frigo, come se fosse un scolaro con l’abbecedario, uno che deve imparare a masticare. Chi opera in questo settore porta numeri inequivocabili. Il 79,3 per cento dei consumatori legge le etichette attentamente, otto su nove le reputa esplicite e chiare, “veritiere non fuorvianti”. In Francia, perché alla fine si copia pure, i partiti di destra ci avevano già provato, ma la norma è stata impugnata dal Consiglio di stato. Il buffo è che si mette il divieto ma non si capisce come si debbano chiamare, cosa usare al posto di hamburger vegetale? Un disco vegetale, un bottone vegetale?

C’è solo il divieto che ammazzerebbe catene produttive, imprese, posti di lavoro, ma non c’è neppure il tentativo, e quello sarebbe stato geniale, di trovare un nome alternativo. Grazie alla maggioranza di governo nasce dunque una nuova corrente artistica. E’ il surrealismo alimentare. Sull’etichetta si può mettere: “Riempire a piacere” o fare ricorso al classico Magritte, ma con il grembiule da cucina: “Questo non è un hamburger”.

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  • Carmelo Caruso, giornalista a Palermo, Milano, Roma. Ha iniziato a La Repubblica. Oggi lavora al Foglio