Il caso

Bce, Gentiloni, opposizioni: le urla di Meloni aprono la campagna elettorale

Simone Canettieri

Show della premier durante le comunicazioni alle Camera in vista del Consiglio europeo: "Non sarò mai paludata". E Tajani le viene dietro

Di prima mattina c’è una Meloni 1, vecchia maniera.  Punge la Bce (“ne difendo l’indipendenza, ma la politica può esprimere valutazioni”). Ritorna sul poco amato Mes (“discuterne ora non è nell’interesse italiano”). I decibel a Montecitorio si alzano. E la premier, al di là del completo turchino, sembra tutt’altro che una fata. Urla, si accalora. La curva di Fratelli d’Italia – con l’innesto dei cugini di Forza Italia – si alza in piedi. Si spella le mani. Una, due, tre volte. Il meglio di sé Meloni lo offre nelle repliche alle opposizioni. Li mette tutti in riga. Citandoli per nome: collega Provenzano, onorevole Boldrini (“Non accetto lezioni sulle autocrazie da chi andava a braccetto con la Cuba comunista e con tutte le altre dittature di oggi”), e lei collega Fratoianni. Chiudete gli occhi, è iniziata la campagna elettorale per le Europee.  

 

Meloni è sempre lei. La stessa che da sola faceva opposizione al governo Draghi. Si agita quando la criticano, si tocca la testa, gesticola, ride, stringe mani, scrive i famosi appunti, verga biglietti (uno sarà indirizzato a Mario Monti). Solo che adesso sta di qua. Al centro dei banchi del governo fra Antonio Tajani e Raffaele Fitto. Matteo Salvini di mattina alla Camera non si fa vedere. Elly Schlein – scientifica – è a Bruxelles. Non c’è nemmeno Daniela Santanchè, che spunterà nel pomeriggio in Senato. E’ il giorno delle comunicazioni alle Camere in vista del Consiglio europeo di domani e dopodomani a Bruxelles. Di fatto è l’unica occasione, o quasi, per vedere Meloni alle prese con un dibattito. La leader di Fratelli d’Italia è dritta come una spada: sull’Europa, sulla guerra in Ucraina. Cita una trasmissione in cui “De Rita filosofo di riferimento del M5s”, anche se poi si corregge perché si tratta di Domenico De Masi, ha detto che è meglio vivere sotto una dittatura piuttosto che morire. “Le persone devono vivere libere, altrimenti i sacrifici di Borsellino, Falcone sarebbero stati inutili: si fa strage delle loro scelte”. L’Aula diventa un   Maracanã. C’è uno iato evidente fra Meloni che sta qui e quella che oggi si presenterà a Bruxelles per cercare di portare a casa un buon accordo sui migranti (tutto gira sulla difesa dei confini esterni della Ue) e che inizierà la sua due giorni con un pranzo con gli altri leader e Jens Stoltenberg, segretario generale della Nato. 

 

Qui alla Camera è l’ora del falco, del facciamoci sentire, richiamo del corno. Tajani in mezzo al Transatlantico dice che “più pieghi la testa con le istituzioni europee, più te la schiacciano” e che “la Bce se ne frega dei cittadini”. Clima frizzante. Suona il gong. Meloni e i ministri vanno al Quirinale per il consueto pranzo con il capo dello stato Sergio Mattarella che accompagna la vigilia dei vertici brussellesi. In Senato, vuoi per il clima più raccolto o per gli effetti prandiali del Quirinale, Meloni non si esibisce in un bis da comizio elettorale. E però con colpi millimetrici infilza  Paolo Gentiloni sul Pnrr: “Mi fa specie   che   il commissario, che immagino quel piano lo avesse letto prima,  oggi dica che bisogna correre e fare di più. Ma, insomma, se si fosse vigilato in passato forse si farebbe più velocemente”. Stoccata che fa il paio a quella che per molti è indirizzata a Mario Draghi, sul Pnrr scritto male, il giorno dopo la nomina di Francesco Figliuolo alla ricostruzione e di Fabio Panetta a Bankitalia. 
Evidentemente qualcuno le ha fatto notare che insomma forse ha alzato un po’ i toni. Ed ecco Meloni acqua e sapone: “Qualcuno si diceva scioccato in Aula perché mi vedeva appassionata nella replica. Non mi vedrete mai paludata come magari vi aspettereste. Credo che dovrò preoccuparmi di più quando non riuscirò a mettere la stessa passione in quello che faccio”.
Intanto in Senato si è affacciato Matteo Salvini immerso nei dossier, e soprattutto Daniela Santanchè (che fa cenno al ministro Luca Ciriani di alzarsi dalla prima fila per farla mettere a sedere). La ministra continua a essere nel mirino, nella Lega sono convinti che alla fine la faranno dimettere. E in serata scoppia un caso: il governo dà parere favorevole a un ordine del giorno del Pd al decreto Lavoro che impegna l’esecutivo “a sanzionare gli operatori che avessero usufruito in maniera fraudolenta” della Cassa integrazione Covid. Tra le quali viene esplicitamente citata “Visibilia Editore” della Santanchè. Per il Pd è un atto di sfiducia. Per la ministra un atto dovuto. Fonti di governo le confermano la fiducia. La faccenda continua. Meloni oggi cambia aria per due giorni.
Simone Canettieri

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.