Foto LaPresse

garantisti un tubo, cara Meloni

I veri nemici del garantismo modello Nordio si trovano nella maggioranza

Claudio Cerasa

Il garantismo mostrato sulla riforma della giustizia è ampiamente compensato in negativo dal populismo penale messo in campo ogni giorno dal centrodestra nella sua attività di governo. Dieci casi di scuola, dieci storie

Garantisti un tubo, cara Meloni. Le buone intenzioni mostrate dal ministro Carlo Nordio sulla riforma della giustizia mostrano un volto importante ma anche sorprendente della maggioranza di governo. Un volto nuovo, se si vuole, che si trova in aperta e felice contraddizione con un pezzo di storia recente della destra populista, che dopo aver animato per molto tempo la politica del cappio ha scelto di dedicare maggiore attenzione alle politiche garantiste. Lo si può dire senza imbarazzo: una destra che sceglie di sostenere la linea Nordio, una linea attenta alle garanzie di un indagato, una linea attenta alla separazione tra i poteri dello stato, una linea finalizzata a restringere il perimetro del processo mediatico, una linea che tende a non rassegnarsi all’idea che l’Italia debba essere una Repubblica fondata sullo strapotere delle procure, è una destra che ha fatto senz’altro un passo in avanti verso una stagione di maggiore attenzione al garantismo. Ma se si sceglie di allargare con onestà l’inquadratura sull’azione dell’esecutivo si noterà senza difficoltà che il mito del centrodestra garantista si dissolve come neve al sole di fronte alla quotidianità dell’azione di governo. E se si ha la pazienza di mettere insieme alcuni puntini non si farà fatica a riconoscere che il garantismo mostrato dal governo sul pacchetto Nordio è ampiamente compensato in negativo dal populismo penale messo in campo ogni giorno dal centrodestra nella sua attività di governo. L’ossessione repressiva della maggioranza di centrodestra è stata inquadrata ironicamente dal nostro giornale all’interno della categoria “Giorgia vieta cose”. Ma accanto all’inevitabile ironia sulla premier che si è specializzata nel vietare tutto quello che può – a volte arrivando a vietare cose che sono già vietate, tanto per poter dire di averle vietate ancora di più, come per esempio la carne sintetica, che a prescindere dalle leggi del governo sarà vietata fino a che non verrà autorizzata dall’Europa, come accaduto d’altronde per la farina d’insetti – la convinzione che il diritto penale sia lo strumento principe per porre un freno a ogni forma di ingiustizia sta diventando un tratto ricorrente, cupo e pericoloso, che merita di essere evidenziato e denunciato con forza.

Un piccolo ripasso può essere utile.

Primo caso: la legge contro i rave party, con le pene più severe previste per i rave illegali.

Secondo caso: il decreto “Cutro”, con le pene più severe previste per i reati connessi all’immigrazione clandestina.

Terzo caso: la norma sulla violenza agli operatori medici, con pene più severe previste per chi minaccia o compie atti di violenza ai danni del personale sanitario.

Quarto caso: il ddl sulla violenza di genere, con nuove pene introdotte e nuovi reati creati.

Quinto caso: la legge sulla violenza ai danni del personale scolastico, con le pene che anche qui aumentano.

Sesto caso: il ddl che introduce il reato di omicidio nautico, equiparato all’omicidio stradale, con una legge che prevede pene e aggravanti per chi provoca lesioni gravi o morte di persone al timone di un’imbarcazione.

Settimo caso: l’introduzione del reato universale di gestazione per altri, con relative nuove pene e nuove sanzioni per i trasgressori.

Ottavo caso: il disegno di legge sull’occupazione abusiva di immobili, che introduce nuove pene in un ambito già ampiamente normato.

Nono caso: la proposta di legge per portare a cinque anni di carcere chi esalta condotte illegali sul web, norma dedicata agli youtuber e agli influencer dopo il caso dell’incidente di Casal Palocco.

Potremmo aggiungere a questi casi (i primi otto sono approvati o in corso di approvazione, l’ultimo è stato solo proposto) anche altre idee suggerite in questi mesi da alcuni esponenti della maggioranza di governo: dal carcere per le borseggiatrici rom alle sanzioni penali per chi vandalizza i beni culturali. E potremmo anche aggiungere le numerose sanzioni che dovevano essere introdotte ieri dal governo sul pacchetto relativo alla sicurezza stradale, con relativo inasprimento delle pene per chi causa incidenti e morti in auto da "ubriaco" o "sotto effetto di stupefacenti" (approvazione rinviata al prossimo cdm).

L’elenco è lungo ma il tema è evidente. E l’abuso di populismo penale ha una doppia funzione. Da un lato permettere di alzare cortine fumogene in grado di nascondere le svolte mainstream portate avanti su molti fronti da parte del governo. Dall’altro permette di instaurare con gli avversari una dialettica di questo tipo: se sei contro le sanzioni che vogliamo introdurre significa che sei indifferente rispetto al tipo di reato che vogliamo punire di più. E se ti schieri a favore delle garanzie, dunque, non sei un garantista, ma sei un amico di tutti coloro che noi vogliamo punire.

“Chi usa di frequente frasi come ‘dobbiamo aumentare le pene’ fa squillare nei propri interlocutori alcuni campanelli d’allarme molto preoccupanti. Perché chiedere più pene significa rinunciare ad applicare le sanzioni che già ci sono oggi. E chi tende a intercettare una domanda di sicurezza degli elettori giocando con il rialzo delle pene alla fine non fa altro che ingrassare un populismo che in pochi mi sembra vogliono combattere davvero: quello penale”.

Le parole che avete appena letto tra virgolette sono del ministro Nordio. Sono datate settembre 2022. E sono parole che ci dicono qualcosa di interessante. Il garantismo di chi protegge le garanzie solo quando queste sono compatibili con l’umore dell’opinione pubblica tende a essere un garantismo che rischia di trasformarsi più in una piccola farsa che in un serio progetto politico. Nordio è un garantista con i fiocchi, la destra che lo sostiene purtroppo no. E per questo, a proposito di campanelli d’allarme preoccupanti, i più grandi nemici della riforma portata avanti da Nordio forse più che all’interno dell’opposizione vanno cercati all’interno di una maggioranza che il tribunale del popolo piuttosto che combatterlo sceglie quotidianamente di alimentarlo. Garantisti un tubo, cara Meloni.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.